Espansionismo autocratico
Russia e Cina incentivano i golpisti in Africa e in America latina mettendoci i soldi
In Sudan è in corso l’ennesimo tentativo di golpe che sta avvenendo con l’aiuto di Putin: nel frattempo, Lavrov ha iniziato lunedì un lungo tour che dal Brasile lo porterà in Venezuela, Cuba e Nicaragua. Dove la repressione e le crisi economiche si rincorrono
È un principio di guerra civile particolarmente sanguinoso quello che è iniziato a Karthoum sabato, con già almeno 185 morti e 1800 feriti in un regolamento di conti tra le Forze armate e la milizia Rapid Support Force (RsÈ). È invece un tranquillo viaggio diplomatico di tipo tradizionale quello che il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha iniziato lunedì in Brasile per poi andare in Venezuela, Cuba e Nicaragua. Eppure, c’è un preciso legame. In Sudan è in corso l’ennesimo di una serie di golpe e tentati golpe che stanno avvenendo con l’aiuto della Russia. In America latina, dopo il passaggio in un paese democratico ma con un presidente che sta prendendo una china inquietante, il ministro russo passa per tre regimi in cui crisi economica e spirale repressiva si rincorrono. L’America latina è considerata il cortile di casa degli Stati Uniti; l’Africa occidentale lo era della Francia, anche se in Sudan ci stiamo già spostando oltre; ma comunque in entrambi casi staremmo più o meno di fronte all’omologo di quell’allargarsi della Nato in Europa orientale che è stato descritto come “bussare alle porte della Russia”, anche se ci sono differenze. Primo, perché non è che la Nato in questo momento sta spianando il Brasile o l’Africa. Secondo, perché in Europa orientale l’aiuto della Nato è stato invocato per allargare e difendere spazi di democrazia, mentre in Africa e America latina l’aiuto della Russia e anche della Cina è invocato da chi la democrazia cerca di demolirla.
In Sudan, infatti, lo scontro interrompe un processo di transizione verso un governo civile che avrebbe previsto l’assorbimento nell’esercito regolare dell’Rsf: creata a partire dai janjaweed, i “diavoli a cavallo” che il regime islamista di Omar al Bashir utilizzò per domare la rivolta del Darfur con metodi genocidiari. Nel 2019 fu anche lanciata contro i dimostranti per la democrazia, massacrandone oltre un centinaio. Ma è stata anche utilizzata in Libia al fianco di Haftar e nello Yemen, e soprattutto si è messo a estrarre oro assieme alla Wagner, in miniere dove si sventola la bandiera sovietica. La Cnn ha documentato almeno 16 voli per portare questo oro a Mosca che per la Banca centrale russa è stato essenziale per reggere un minimo alle sanzioni. Ospite della Wagner, il capo dell’Rsf Mohamed Hamdan Dagalo “Hemedti” fu invitato a Mosca proprio il giorno prima dell’attacco all’Ucraina. “Il mondo intero deve riconoscere che la Russia ha il diritto di difendere la sua gente”, disse. Ma “Ciad, Guinea, Mali e Burkina Faso: i golpisti dominano gli orologi” aveva titolato giusto una settimana fa il Monde, spiegando: “Sono finiti i tempi in cui la Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale (Ecowas) imponeva al Mali un embargo economico e finanziario di sei mesi – da gennaio a luglio 2022 – per costringere la giunta a rivedere la data di scadenza da cinque a due anni”. Adesso invece le giunte militari al potere in questi paesi posticipano le transizioni proprio perché le appoggiano la Russia, la Cina e la Wagner.
Quanto alle tappe latinoamericane del viaggio di Lavrov: in Venezuela l’ong Provea ha appena denunciato che nell’ultimo decennio 9.465 persone sono state assassinate dalla polizia e dai militari del regime e ci sono state 40.351 violazioni del diritto all’integrità personale, inclusi maltrattamenti e torture. Il Nicaragua ha appena vietato le processioni per la settimana santa. Cuba ha un record sia di blackout, sia di emigranti sia di detenuti politici. Il Brasile, appunto, è ancora democratico. Ma Lula, dopo gli equilibrismi che lo hanno portato a ospitare navi iraniane dopo il viaggio del cancelliere tedesco, Olaf Scholz, a Brasilia e dello stesso Lula a Washington, adesso appare sempre più schierato, al punto che il dipartimento di Stato lo accusa di “ripetere la propaganda di Russia e Cina”. In particolare, quando a Pechino ha detto che sono gli Stati Uniti che dovrebbero fermare la guerra. Ma adesso dopo l’incontro con Lula lo stesso Lavrov ha ripetuto che “Brasile e Russia condividono la stessa visione”. Dopo la nomina di Dilma Rousseff a direttore della Banca dei Brics e l’adesione all’idea di fare gli scambi con la Cina in yuan e reais e non più in dollari, è evidente l’intenzione di Lula di puntare sull’idea di asse alternativo anti americano e anti dollaro agitata da Putin e Xi. Però sono stati proprio alcuni analisti della Banca centrale russa a riconoscere che l’abbandono di dollaro ed euro è irrealistico. E c’è pure un programma del governo Lula per la lotta alle fake news che qualcuno paventa come possibile inizio di una involuzione autoritaria.