“Libé des écrivains” 

Putin sta allargando “il rigetto” dell'occidente, ci dice Da Empoli: guardate Lula

Paola Peduzzi

Le “porte d’accesso” al nuovo mondo: il paradosso "supremo" che Putin "perda la guerra militarmente e la vinca politicamente", dice al Foglio il direttore di “Libé des écrivains”, l'ultimo appuntamento annuale del quotidiano francese  Libération

Milano. Per il suo  appuntamento annuale con gli scrittori, il quotidiano francese Libération ha scelto la direzione di Giuliano da Empoli, premiato dall’Académie française  per il suo acclamato romanzo russo, “Le mage du Kremlin”, edito in Francia da Gallimard e in Italia da Mondadori. La prima parte di “Libé des écrivains”, il numero speciale pubblicato ieri, diretto da Da Empoli e costruito attorno alle idee di molti  scrittori , è dedicato alla guerra in Ucraina, alla nuova geografia in costruzione dopo l’invasione russa, alla necessità di non voltare lo sguardo altrove. “Di fronte a questa attualità tanto tragica – dice Da Empoli al Foglio – la letteratura, il romanzo, possono offrire nuove porte d’ingresso per comprendere quel che a tratti ci sembra inspiegabile”. E’ un approccio “complementare, il romanzo non si sostituisce né ai giornalisti né agli esperti”, dice Da Empoli, “ma è necessario, perché siamo di fronte a una serie di paradossi incredibili”. 

 

L’editoriale di Da Empoli nel “suo” numero di Libération è proprio titolato sul paradosso “frappant”, sorprendente, eclatante, potremmo anche dire: spaventoso. “Ci aspettavamo che Vladimir Putin potesse vincere militarmente in Ucraina, ma che il suo regime apertamente genocidiario fosse perdente, isolato, non più ammissibile – dice Da Empoli – Invece sta accadendo il contrario. La forza militare dell’Ucraina ha messo sotto pressione da almeno un anno l’esercito russo, ma il progetto internazionale di trasformare Putin in un paria mondiale non ha avuto l’effetto che ci aspettavamo”. Questo è il paradosso “supremo”: che Putin “perda la guerra militarmente e la vinca politicamente”. A sostegno di questa sua analisi, Da Empoli porta un esempio recentissimo: il presidente brasiliano Lula. “Se il simbolo del progressismo globale che guida un paese che, con tutti i suoi limiti, possiamo però tranquillamente definire democratico, si prepara ad andare ad abbracciare Putin a Mosca, cioè ad abbracciare un leader che la giustizia internazionale dell’Aia accusa di essere un criminale di guerra, vuol dire che quello che io chiamo ‘paradosso’ è ben più concreto di quanto sembri”. Non c’è bisogno di mettersi a discutere della Cina e delle possibilità di contenerla o addomesticarla, possiamo stare ben più vicini al nostro orizzonte liberale. Se a Pechino Lula dice che sono gli americani a volere la guerra e se negli stessi giorni il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, va in Brasile a fare affari e a conquistare legittimità, “vuol dire che la categoria stessa con cui il presidente americano Joe Biden ha inquadrato il conflitto in corso, cioè democrazie contro autoritarismi, non regge più. Il Brasile è una democrazia che sceglie di sposare la causa antioccidentale”. Il “rigetto” della politica e dell’alleanza proposta dall’America e dall’Europa, “che pure aveva avuto fino a ora una presa molto forte, è sempre più potente e diffuso”.

 

Da Empoli cita proprio il mandato d’arresto del Tribunale internazionale  come esempio di questo rigetto: “Una parte crescente del mondo, come dimostra il Brasile, non considera legittimo il fatto che  questo tribunale a trazione occidentale determini il bene e il male. Questa parte di mondo sa benissimo che Putin sta commettendo crimini di guerra, ma non tollera lezioni morali dall’occidente”. Da Empoli procede oltre il paradosso supremo e arriva dritto al concetto di apocalisse, invero calzante se si pensa all’effetto spaventoso di un mondo antioccidentale che si rafforza mentre commette un genocidio, ma offre una via di pensiero, che è anche il senso di questo numero di “Libé des écrivains”: trovare nuove porte d’accesso. “Ernesto de Martino, antropologo italiano oggi quasi dimenticato, diceva che l’apocalisse non è la fine del mondo, ma la fine della nostra capacità di interpretare” questo mondo. Per ritrovare l’orientamento, è necessario trovare nuove categorie, e ogni porta è utile, la letteratura a volte ancora di più.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi