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Il caso

I passi falsi e le tappe mancate del governo georgiano a Bruxelles

Pietro Guastamacchia

Garibashvili in visita in Belgio (ma non dalla von der Leyen) insiste per ottenere lo status di candidato, pur privilegiando il dialogo con Mosca. Ma con l'ambizione ancor maggiore di puntare all'ingresso nella Nato: "Noi stiamo con l'occidente"

Da leader filorusso che reprimeva le proteste europeiste ai complimenti di Stoltenberg e Charles Michel nel giro di pochi mesi, con il suo viaggio di oggi in Belgio il premier georgiano Irakli Garibashvili ha messo in cassaforte il sostegno di Bruxelles o, perlomeno, del lato di Bruxelles che più piace a Tbilisi: il club delle nazioni del Consiglio Ue e l’Alleanza atlantica. 

 

Nella sua visita di oggi infatti Garibashvili ha snobbato un passaggio in Commissione Ue, a casa di Ursula von der Leyen, e si è ben guardato dal farsi ricevere al Parlamento europeo, autore di una serie di risoluzioni di condanna sull’operato dell’attuale governo e sui contatti con Mosca dell’oligarca Bidzina Ivanishvili, grande sponsor del partito di governo, Sogno georgiano. Fonti interne all’Eurocamera confermano al Foglio infatti che da Tbilisi non sia arrivata neanche una chiamata anticipatoria.

 

Durante il punto stampa con il segretario generale della Nato, Garibashvili è stato chiaro, “la nostra aspirazione euroatlantica è la nostra aspirazione principale”, ha ribadito il premier rispondendo al segretario generale che non aveva mancato una sottile critica all’operato del suo gabinetto rallegrandosi per il ritiro “delle leggi sulle Ong, che erano incompatibili con i valori democratici”. Ma davanti alle critiche Garibashvili si è appeso alla bandiera della Nato con la stessa forza con cui quella donna, immortalata dalle telecamere di mezzo mondo, brandiva la bandiera europea mettendo il suo gabinetto sull’orlo di una crisi internazionale: “La Georgia ha una storia di partecipazione convinta alle missioni Nato, dall’Afghanistan all’Iraq”, “noi stiamo con l’occidente”,  ha concluso guardando a muso duro chi in sala osasse mettere in dubbio le sue parole. 

 

La strategia georgiana però è un po’ polacca e un po’ ungherese: da un lato come Varsavia prova a scambiare sostegno convinto allo sforzo euroatlantico con mano libera sulle questioni interne e sul tema dello stato di diritto, dall’altra si lascia margini di dialogo con Mosca per proteggere i propri interessi nazionali. Come schierarsi con i ‘cattivi ragazzi’ dell’Ue possa aiutare Tbilisi nella sua prospettiva d’ingresso però è un mistero tattico a cui probabilmente neanche Garibashvili sa dare una spiegazione.

 

Quel che è certo però è che a Tbilisi brucia ancora la ferita della mancata concessione dello status di paese candidato, concesso invece a Moldavia e Ucraina. E’ infatti all’uscita dell’incontro con il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, che Garibashvili insiste: “La Georgia si sta impegnando a finalizzare le 12 raccomandazioni richieste da Bruxelles e quest’anno merita lo status di paese candidato” e in conferenza stampa ribadisce il concetto “abbiamo già raggiunto diversi risultati, esenzione ai visti, rapporti commerciale e lavoriamo alacremente all’implementazione dei 12 punti, meritiamo questo status”. 

 

Ma la pratica in Consiglio non viaggia ad alta velocità, fonti vicine al dossier infatti spiegano che la revisione dei 12 obiettivi programmata per metà maggio dovrebbe dare un parere positivo ma non risolutorio e per la concessione dello status se ne riparlerà nei primi mesi del 2024. Fatto sta che sia in Georgia sia in Unione europea chi vuole vedere il governo di Garibashvili finire gambe all’aria fa pressione su Bruxelles affinché ritardi la concessione di questo status, concessione che invece permetterebbe all’attuale partito in carica di dimostrare di aver vinto in braccio di ferro con Bruxelles. In attesa però che la pratica Ue si sblocchi Garibashvili riorienta la rotta del suo governo sulla partnership Nato, obiettivo più complesso ma in fin dei conti il più ambito.