negli stati uniti

Joe Biden si ricandida: un annuncio inevitabile

Marco Bardazzi

La "non sconfitta" nel voto per il rinnovo del Congresso ha portato il presidente degli Stati Uniti a riproporsi per il bis. Il grande interrogativo che ora riempirà il dibattito politico negli Stati Uniti è se questa scelta possa essere anche imbattibile. Tutti i motivi che spiegano perché è inattaccabile anche nel proprio partito

L’annuncio è arrivato oggi, ma la scelta era già fatta almeno dal 9 novembre scorso. Quel giorno, all’indomani delle elezioni americane di midterm, la candidatura di Joe Biden a un secondo mandato presidenziale è diventata inevitabile e inattaccabile. Il grande interrogativo che ora riempirà il dibattito politico negli Stati Uniti fino al 5 novembre 2024, giorno delle elezioni per la Casa Bianca, è capire se si tratta anche di una scelta imbattibile. Inevitabile, inattaccabile, imbattibile: sono le parole chiave per decifrare la ri-discesa in campo di Biden, annunciata nello stesso giorno in cui, quattro anni fa, fece partire la campagna contro la minaccia di un altro mandato di Donald Trump.

 

Il bis è diventato inevitabile nel momento in cui il presidente ha incassato una “non sconfitta” nel voto per il rinnovo del Congresso, che in realtà è stata una vittoria. L’onda rossa con cui i repubblicani sembravano destinati a prendere il controllo di Camera e Senato non si è manifestata e il voto è apparso soprattutto come una sconfitta di Trump. Politicamente, l’Amministrazione Biden ne è uscita rafforzata, nonostante i sondaggi sul gradimento del presidente continuino a essere miseri: il più recente, di NBCNews, dice che il 70 per cento degli americani (e il 51 per cento dei democratici) non vorrebbero un secondo mandato. Numeri pesanti, ma che non spostano di un millimetro l’inevitabilità della candidatura.

 

Le ragioni sono molteplici. La prima è di carattere storico. Da George Washington a oggi ci sono stati 45 presidenti degli Stati Uniti e di questi solo cinque hanno deliberatamente deciso di non correre per un secondo mandato. In quattro casi si trattava di promesse che avevano fatto già al momento di essere eletti. Il quinto caso è quello più recente e drammatico: la scelta di Lyndon B. Johnson di non ricandidarsi nel 1968 perché distrutto dalla disfatta in Vietnam. Il punto è: nessun presidente ritiene di aver esaurito il lavoro in quattro anni e ognuno tiene enormemente al proprio posto nella storia. Un mandato significa presidenza dimezzata. Una sconfitta. Ma dopo le midterm, la candidatura di Biden è apparsa inevitabile anche perché non c’è nessuno nel Partito democratico che appaia come alternativa credibile. Nessuno che possa garantire di poter reggere l’urto di Trump, né tantomeno sconfiggerlo due volte (2020 e 2022) come ha già dimostrato di saper fare Biden. Inoltre, gradimento nei sondaggi a parte, Biden sta governando bene.

 

Da quando è presidente sono stati creati 11 milioni di posti di lavoro, la disoccupazione è ai minimi da 50 anni e gli indicatori economici sono in gran parte positivi nonostante la sfida dell’inflazione. Mega interventi pubblici sono partiti nel campo delle infrastrutture, dei chip, delle gigafactory per la produzione di energia pulita. L’America sta rilanciando la propria manifattura, riportando a casa lavori che aveva esportato soprattutto in Asia, ed è un tema a cui gli elettori sono molto sensibili. Così come si stanno dimostrando sensibili alla controffensiva che la Casa Bianca sta guidando sull’aborto: la sentenza della Corte Suprema che ha abolito il diritto costituzionale all’interruzione di gravidanza, sta mobilitando politicamente i democratici. In politica estera, la leadership di Biden sulla guerra in Ucraina ha in buona parte cancellato la perdita di fiducia dopo il disastro di Kabul. E il confronto con la Cina, vero tema internazionale delle prossime elezioni, vede Biden abbastanza falco da convincere anche parte dei detrattori.

 

Sono tutti motivi che spiegano anche perché sia inattaccabile nel proprio partito. I democratici si sono messi in riga dietro a Biden, nessuno sfida un presidente in carica che ha già vinto due volte e non sta facendo disastri. L’ultima volta che è successo è stato quando Ted Kennedy nel 1980 ha sfidato il presidente Jimmy Carter per la nomination democratica, ritenendolo troppo debole. Risultato: lo ha indebolito ancora di più e ha fatto vincere Ronald Reagan. Biden è inevitabile e inattaccabile, ma è imbattibile? Il grande tema è questo e ovviamente il principale interrogativo riguarda l’età. Candidarsi a 80 anni per mantenere un lavoro da svolgere fino al 20 gennaio 2029 è una bella sfida, per un presidente che dà già ripetuti segnali di stanchezza e senilità. E tra i democratici non c’è entusiasmo neppure nel riproporre agli elettori Kamala Harris come vice, sapendo che il suo ruolo “a un battito di cuore” dalla presidenza diverrà ancora più importante. La vera differenza nel valutare l’imbattibilità di Biden la faranno però i repubblicani. Il presidente è la scelta sicura per un rematch contro Trump. Ma se dall’altra parte ci fosse un giovane candidato come Ron DeSantis o come l’anchorman televisivo Tucker Carlson, appena cacciato da FoxNews, sarà ancora considerata dai democratici una scelta vincente?   

Di più su questi argomenti: