Terrorismo russo
Missili “denazificatori” su Uman, la città dei pellegrinaggi ebraici
Nell'attacco del Cremlino a un palazzo residenziale sono morti 20 civili e altrettanti sono rimasti feriti, secondo i dati parziali dei media ucraini. Ma la città è ben lontana dalla linea di contatto fra i due eserciti e ha una storia unica
Nella notte tra il 27 e il 28 aprile un attacco missilistico russo ha colpito un palazzo residenziale a Uman, uccidendo più di 20 civili e ferendone 18 secondo i dati parziali forniti dai media ucraini. La violenta aggressione russa ricorda quella dello scorso gennaio a Dnipro, in cui allo stesso modo fu squarciato un condominio con centinaia di civili all’interno. Eppure, Uman, ottantamila abitanti, si trova ben più lontano rispetto alla linea di contatto fra l’esercito russo e ucraino. Circa undici ore di auto da Donetsk, poche decine di secondi per dei missili Kh-101 e Kh-555. Uman rappresenta quel pezzo di Ucraina centrale circondato da campi di grano e cresciuto con la mitologia cosacca che non si è mai piegato all’assimilazione russa, nemmeno nei momenti più bui della storia ucraina. Durante il XVIII e XIX secolo, come il resto dell’Ucraina, era un centro abitato prevalentemente da ebrei, che hanno rappresentato più della metà della popolazione cittadina fino agli anni Trenta.
Uman è però rimasta nel cuore del popolo ebraico in tutto il mondo. Durante l’epoca sovietica era possibile farlo solo in clandestinità, ma in seguito all’indipendenza dell’Ucraina la città è diventata uno dei principali centri mondiali di pellegrinaggio per gli ebrei ortodossi chassidici. Da oltre trent’anni tra fine settembre e inizio ottobre, in occasione Rosh haShana, il Capodanno civile ebraico, la diaspora si riunisce per pregare nel complesso attorno alla tomba del rebbe Nachman di Breslov. Il teologo e rabino ucraino, vissuto in quest’area dell’Ucraina tra fine Settecento e inizio Ottocento, è il fondatore della filosofia chassidica insieme a Baʻal Shem Tov, pure nato e morto in Ucraina, e di cui Nachman era pronipote. La tradizione chassidica, derivante dalla parola ebraica chesed, gentilezza, era interpretata da Nachman nell’avere un rapporto aperto con Dio, un avvicinamento da percorrere attraverso “conversazioni amicali”.
Ogni anno Uman attirava 30.000 pellegrini della diaspora, e nemmeno la guerra è riuscita a fermarne l’arrivo di massa durante l’ultimo Rosh haShana. I ripetuti appelli del governo ucraino e israeliano non hanno impedito l’arrivo di quasi 15.000 turisti religiosi, il cui numero si era già abbassato durante la pandemia. “Temiamo Dio più della guerra” hanno risposto i fedeli. Come testimonia un reportage di Radio Free Europe, oltre alle preghiere estatiche ogni anno migliaia di persone con diversi background, pure dal punto di vista religioso, si riuniscono in feste di musica techno, trance dance e un immenso evento di cibo kosher di strada. Lo scorso anno l’atmosfera è stata più diversa e tragica. Il legame fra Ucraina e la sua diaspora ebraica dispersa nel mondo dal Novecento si è però solo rafforzato durante la guerra, non ultimo per la significativa presenza di combattenti ebrei nella legione straniera e nell’esercito regolare. Gli eventi del XX secolo hanno lasciato un trauma indelebile per tutti gli ebrei dell’Europa centro-orientale, e Uman non ha fatto eccezione. Nel 1941 fecero visita ala città Adolf Hitler e Benito Mussolini, durante l’occupazione dell’Ucraina da parte delle truppe naziste.
Negli ultimi trentadue anni Uman ha provato a fare i conti con la storia e a recuperare la sua ricca eredità multiculturale. Ma già il 24 febbraio 2022 era chiaro come nulla fosse abbastanza lontano per la violenza dell’esercito di Mosca. Era un civile di Uman il ciclista saltato in aria durante i primissimi attacchi russi, in uno dei video più tragicamente virali di inizio invasione. Oggi la città è diventata vittima dell’ennesimo attacco terroristico del Cremlino. Uno dei discendenti della comunità ebraica ucraina, il presidente Volodymyr Zelensky, però ha assicurato: “Il terrore russo deve ricevere una risposta adeguata dall’Ucraina e dal mondo. E la riceverà. Non dimenticheremo nessun crimine, non permetteremo a nessun occupante di sfuggire alle sue responsabilità”.
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