Rosatom e associati

Chi è pronto a collaborare per il progetto della centrale Paks in Ungheria

Micol Flammini

La Francia potrebbe entrare nel progetto che Budapest ha concluso con la società russa per l'energia nucleare Rosatom. C'è un falla nelle sanzioni e Parigi adesso ha due possibilità, dal peso internazionale molto diverso

Il 13 marzo il premier ungherese Viktor Orbán era a Parigi e ha partecipato a una cena all’Eliseo con il presidente francese Emmanuel Macron. Sono rare le occasioni in cui Orbán viene ricevuto con calore nelle capitali europee: sono anni che il premier ungherese si mette contro i progetti dell’Unione e la sua opposizione è diventata un problema ancora più forte dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina. Urlando e strepitando, sono poche in realtà le decisioni di Bruxelles per garantire il sostegno a Kyiv che il premier è riuscito a bloccare, ma ora che gli europei sono costretti a ragionare per schieramenti, con Orbán a fianco non possono fare a meno di notare che l’ungherese non sta con loro: quando va bene sta nel mezzo, oppure con Mosca. Il 13 marzo all’Eliseo è stato un invito importante e il presidente francese voleva parlare di guerra in Ucraina e anche di energia, perché Budapest è tra i paesi dell’Ue intenzionati a  implementare le  capacità nucleari e, per farlo, negli anni si è appoggiata alla Russia. Adesso la Francia è pronta a partecipare alla realizzazione del progetto della nuova centrale nucleare di Paks. 

 

Framatome, l’azienda francese che si occupa di nucleare, ha ottenuto dal governo il permesso di partecipare alla costruzione di due reattori nucleari in Ungheria e se sono venute fuori molte polemiche è perché il progetto è nelle mani dell’azienda pubblica russa Rosatom, che gli ucraini chiedono di includere nella lista delle sanzioni, ma per il momento ne è rimasta fuori. Con  la guerra in Ucraina, l’eventuale cooperazione dei francesi in Ungheria è stata ritenuta inappropriata, ma il coinvolgimento di Parigi si avvale proprio dell’esclusione di Rosatom dalle sanzioni. Fonti del ministero francese della Transizione energetica hanno parlato del progetto Paks con il Monde e hanno detto che “gli attori francesi dell’industria nucleare sostengono i nostri partner europei, in particolare l’Ungheria, in tutti i loro approcci e in tutti i progetti che realizzano sul loro territorio, purché rispettino rigorosamente il quadro europeo delle sanzioni internazionali. A oggi – hanno riferito al quotidiano francese – le sanzioni europee contro la Russia non prendono di mira l’industria del nucleare e se gli attori francesi desiderano impegnarsi in partenariati con gli altri attori europei, non glielo impediremo”. Il progetto di costruzione della nuova Paks comprendeva, prima dell’invasione, la collaborazione di un consorzio franco-tedesco, con la partecipazione della Siemens Energy oltre alla Framatome, ma la Germania per il momento sta bloccando la partecipazione della sua azienda. Nella decisione di Berlino c’entra la guerra, ma anche la politica che il governo sta portando avanti riguardo al nucleare, che è opposta a quella di Parigi. La coalizione tedesca ha realizzato il progetto iniziato dal governo di Angela Merkel di chiusura delle centrali nucleari. Se la Francia appoggia e incentiva la costruzione di centrali in giro per l’Europa, Berlino è di tutt’altro avviso e per il momento non sembra intenzionata a partecipare al progetto ungherese. 

 

La prima centrale a cinque chilometri dalla cittadina di Paks era stata costruita negli anni Ottanta in collaborazione con l’Unione sovietica, l’idea di un nuovo polo risale invece ai primi anni 2000. Nel 2014 Orbán ha firmato un accordo con Vladimir Putin che prevedeva la costruzione da parte di Rosatom di due reattori da 1.200 megawatt ciascuno, finanziati tramite un prestito russo da dieci miliardi di euro. L’inizio dei lavori è stato tutt’altro che rapido, ma nel 2022, pochi mesi dopo l’inizio della guerra, l’autorità nucleare ungherese, Magyar Atomenergia Hivatal, ha rilasciato la licenza di costruzione. Da quel momento, i viaggi del ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjártó per incontrare le autorità di Rosatom sono stati assidui, le frecciate contro l’Ue anche. 
Qualora l’azienda russa dovesse finire sotto sanzioni, la realizzazione della Paks si troverebbe di fronte a un nuovo ostacolo e Peter Szijjártó nelle sue visite in Russia potrebbe aver affrontato anche questo problema, infatti dopo la sua ultima missione è tornato a Budapest  annunciando la firma di un nuovo accordo di finanziamento con la Russia sull’energia aggiornato a causa della guerra. Non una parola in più sull’accordo, che sarà comunque sottoposto a Bruxelles, ma dall’ufficio del premier è arrivato un messaggio sulla possibilità che l’investimento della Paks potrebbe essere rilevato da un’azienda diversa rispetto a Rosatom. 

 

Framatome non ha commentato la notizia della sua collaborazione in Ungheria, ma al ministero della Transizione a Parigi sono convinti che “i beneficiari finali” della centrale saranno gli ungheresi e non Mosca, quindi non c’è motivo di non autorizzare l’azienda. 
C’è una falla nelle sanzioni che in Europa diverse nazioni denunciano da tempo e gli ucraini con ancora più forza. Anche gli Stati Uniti si sono interessati alla questione della Paks e agli investimenti russi, per la Francia  adesso si sono aperte due possibilità che hanno un rilievo internazionale opposto: collaborare con Rosatom o rilevare l’investimento.  
 

Di più su questi argomenti:
  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)