L'analisi
Cina e Russia danno l'assalto al dollaro, ma non lo scalzano
Il fronte di conflitto con gli Stati Uniti si sviluppa anche finanziariamente. Putin e Xi immaginano un nuovo "blocco" economico per detronizzare la moneta statunitense e bipolarizzare l'economia mondiale
I due maggiori paesi autocratici, la Cina e la Russia, come risposta alle sanzioni finanziarie che sono seguite all’aggressione dell’Ucraina, e a quelle che potrebbero esserci in futuro nel caso di nuove crisi, vogliono promuovere l’uso internazionale delle loro monete. In questo modo cercano di ridurre il peso di un’arma maggiore dei loro avversari, il dollaro, arma nelle mani della potenza dominante degli Stati Uniti, nonché di ridurre il peso delle armi minori legate a quella maggiore, come l’euro.
Le sanzioni finanziarie sono quelle legate al congelamento delle riserve detenute all’estero dalla Banca centrale russa, al congelamento dei beni stipati all’estero dagli oligarchi, dal blocco, sotto certe condizioni, delle assicurazioni sui trasporti marittimi. Le sanzioni nel campo dell’esportazione delle tecnologie sono un altro capitolo, legato indirettamente alle vicende valutarie e finanziarie.
In questo modo cinesi e russi cercano di anticipare il nuovo assetto delle relazioni internazionali, un assetto che immaginano diverso da quello della globalizzazione che si è avuta negli ultimi decenni. Quest’ultima favoriva il commercio internazionale, ma non era interessata alle caratteristiche dei diversi sistemi politici, e, infine, era centrata sul dollaro. Il dominio del dollaro, che può sembrare solo economico e finanziario, è piuttosto legato al sistema politico mondiale sorto dalla fine della Seconda guerra intorno agli Stati Uniti, ed espansosi con l’apertura dell’economia cinese, alla fine degli anni Settanta, e con la caduta dell’Unione Sovietica e dei suoi “satelliti” agli inizi degli anni Novanta.
Il nuovo assetto mondiale è immaginato, in Cina e in Russia, legato alle caratteristiche dei diversi sistemi politici, che tendono a formare “blocchi” economici, che quindi richiedano uno spazio finanziario per la propria autonomia. Ciò che da parte dei due maggiori paesi autocratici porta a volere una maggiore autonomia in campo monetario e finanziario, e quindi a una “detronizzazione” più o meno marcata del dollaro. Ma il mondo del futuro è immaginato allo stesso modo anche da molti osservatori occidentali. Un mondo con un sistema “bipolare”, con, da una parte, la moneta statunitense, attorno cui ruotano le monete a lei politicamente omogenee, fra cui principalmente l’euro, e, dall’altra, quella cinese, attorno cui ruotano le monete a lei politicamente omogenee, fra cui principalmente il rublo.
Le tre funzioni della moneta sono: unità di conto, mezzo di transazione, riserva di valore, da intendere come la struttura dove stipare la ricchezza accumulata. Queste tre funzioni sono tutte soddisfatte dal dollaro. Anche l’euro le soddisfa, ma è meno usato sia nelle transazioni internazionali sia come riserva di valore. In questo secondo caso, per la minor dimensione dei suoi pur cospicui mercati finanziari rispetto a quelli statunitensi. La moneta cinese e quella russa possono soddisfare le prime due delle tre condizioni, ma non la terza, perché non hanno dei mercati finanziari in grado di assorbire la ricchezza finanziaria prodotta da tutte le economie mondiali. Per mercati finanziari in grado di assorbire la ricchezza mondiale si intende che questi ultimi possono ricevere volumi consistenti di investimento in entrata e in uscita senza che ci siano delle variazioni esplosive dei prezzi all’insù o all’ingiù. E la Cina e la Russia non li hanno oggi né, si immagina, li avranno domani, almeno in un orizzonte osservabile, proprio perché i mercati finanziari si sviluppano solo nella “certezza del diritto”. Una condizione quest’ultima che le autocrazie non sono in grado di soddisfare.
I mercati finanziari devono, infatti, essere trasparenti e sottoposti a regole, si deve avere l’autonomia del sistema giudiziario che impedisca gli abusi, e così via. Non per caso i mercati finanziari si sono sviluppati nel corso della storia in Svizzera, in Gran Bretagna, e negli Stati Uniti, dove non si sono avute fratture politiche e devastazioni militari. Non per caso le élite dei paesi autocratici stipano le proprie ricchezze nei paesi occidentali, mentre si guardano bene dall’investirle nei paesi che hanno le stesse caratteristiche dei loro.
Le transazioni nella moneta cinese (e in subordine russa) possono aumentare, così come il sistema cinese di comunicazione fra banche, che va per alcuni paesi a sostituire lo Swift, può diffondersi. Allo stesso tempo il commercio di petrolio fra l’Arabia Saudita, l’Iran e la Cina registra la crescita delle transazioni in yuan. Il Brasile, l’India, e il Sudafrica sembrano interessati alla nascita di una moneta che sia il frutto della combinazione di tutte le loro monete. In tutti questi casi si tratta di usare una moneta di transazione diversa dal dollaro.
Siamo di fronte ad un capovolgimento degli assetti mondiali? Un grande cambiamento sì, ma non un capovolgimento. E’, infatti, naturale che molte transazioni commerciali legate alla Cina si svolgano in yuan così come le transazioni fra economie europee si svolgano tutte in euro. Diverso è il caso della nascita di un mercato finanziario cinese – e in subordine russo e degli altri paesi citati. Per le ragioni dette, quelle legate alla “certezza del diritto”, questo è un evento molto difficile da immaginare.
L'editoriale dell'elefantino