editoriali
Il Mar Rosso è la via sicura per scappare dalla guerra in Sudan, ma c'è la selezione
Port Sudan, la città dove si stanno ammassando le persone in fuga, è diventata un grande campo profughi improvvisato. L'Unhcr prevede che più di 800 mila sudanesi fuggiranno verso i paesi vicini
Il Mar Rosso tra le coste del Sudan e dell’Arabia Saudita è largo 241 chilometri: è la via di fuga dalla guerra via mare, più sicura di quella via terra. Tolta una sparatoria il primo giorno, la città di Port Sudan è rimasta quasi immune dai combattimenti cominciati il 15 aprile ed è lì che si stanno ammassando le persone che sfruttano cessate il fuoco fragili e parziali per percorrere la strada in pullman: 28 ore di viaggio partendo da Khartoum. Nella capitale migliaia di sudanesi hanno finito anche l’acqua conservata nelle cisterne e non possono andare a fare scorte nei supermercati perché i paramilitari delle Rsf, gli ex janjaweed del generale Hemedti, li hanno saccheggiati. Port Sudan è diventata un grande campo profughi improvvisato dove ogni sfollato si costruisce una tenda come può, per esempio legando le camicie con i lacci da scarpe ai finestrini delle auto parcheggiate. Anche lo Yacht Club è stato convertito in accampamento e lì, chi riesce a entrare spingendo, si ripara dai 40 gradi fuori mentre aspetta una nave militare saudita per arrivare dall’altra parte del mare, a Gedda.
Sabato gli Stati Uniti hanno organizzato un convoglio scortato da droni armati che ha portato 300 cittadini americani e occidentali a Port Sudan dalla capitale. Per i sudanesi il costo dello stesso viaggio è salito sopra i 3.000 euro. L’Arabia Saudita ha promesso visti gratuiti (generalmente sono costosi) a patto che i richiedenti comunichino un piano preciso per lasciare il paese verso un’altra destinazione dopo poco tempo. Anche qui, per i sudanesi con il doppio passaporto è semplice, gli altri restano accampati nella città portuale senza un posto dove andare né uno dove tornare. L’Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati prevede che, se i combattimenti non si fermeranno, più di 800 mila sudanesi fuggiranno verso i paesi vicini. L’unica notizia a cui aggrapparsi per le migliaia di sfollati di Port Sudan è un cessate il fuoco di 7 giorni e l’inizio dei colloqui di pace annunciati ieri dal ministro degli Esteri sudsudanese: sempre che si fidino ancora dell’ennesimo annuncio.