droni sul Cremlino

Mosca denuncia un attacco contro Putin e la propria debolezza

Micol Flammini

La Russia accusa Kyiv, Kyiv nega. Ma a chi fanno più male i droni sul Cremlino, passato dalla convinzione di poter conquistare l'Ucraina in pochi giorni alla necessità di controllare le incursioni nella capitale? Le ipotesi, le minacce e il 9 maggio sottotono

Secondo un comunicato diffuso dal Cremlino, nella notte tra martedì e mercoledì, due droni – nella nota diffusa dalle autorità non è specificato il modello – hanno attaccato il Cremlino con l’intenzione di uccidere il presidente russo, Vladimir Putin. Le telecamere hanno ripreso l’arrivo dei droni e il loro abbattimento da diverse angolazioni, nessuno dei due è riuscito a colpire la residenza del presidente, che di solito dorme altrove e quel giorno non era al Cremlino ma a Novo-Ogaryovo. 
 
L’annuncio è stato fatto  nel pomeriggio di ieri e nella nota si legge che Mosca ha già tratto le sue conclusioni: i droni sono ucraini e il loro compito era portare a termine un attacco terroristico per uccidere Putin. In un anno la Russia è passata dalla convinzione di poter realizzare un’operazione lampo per prendere Kyiv, alla necessità di fermare attacchi sul suo territorio, denunciando tutta la debolezza delle sue difese. Il Cremlino ha accusato  il governo e l’esercito  ucraini, che hanno negato ogni  responsabilità, come hanno fatto ogni volta che un obiettivo  è stato colpito in territorio russo: dai depositi di carburante e munizioni, agli aeroporti, dalla macchina in cui viaggiava Daria Dugina al ponte di Kerch che collega la Russia alla penisola di Crimea. Attaccare il Cremlino  – come secondo i documenti del Pentagono trafugati,  il capo dell’intelligence militare di Kyiv Kyrylo Budanov avrebbe voluto fare per il 24 febbraio scorso, la data che marcava l’ingresso nel secondo anno di guerra, salvo poi essere trattenuto dagli avvertimenti dell’Amministrazione americana – avrebbe poco impatto sulle strategie di guerra, ma sarebbe di grande caratura dimostrativa. Kyiv ha già pianificato la sua controffensiva, è in Ucraina,  riconquistando territorio e cacciando l’esercito russo,  che deve vincere la guerra. Nei mesi scorsi, alcuni droni ucraini sarebbero arrivati molto vicini a Mosca, fino a trenta chilometri dalla capitale russa, l’Ucraina ha stupito tutti con le sue capacità militari e anche di produzione di armi, ma i due droni che sono arrivati fino alla cupola del Senato potrebbero  invece essere partiti  da dentro ai confini russi: le autorità ucraine, come in passato, hanno infatti accusato i gruppi partigiani che combattono contro il Cremlino. 

 

La propaganda di Mosca ha scelto in fretta quale dettaglio del comunicato esaltare e ha eletto non l’abbattimento dei droni, ma lo sventato attacco terroristico contro Putin, chiedendo come risposta di  eliminare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che è già sopravvissuto a dieci attentati e ieri era in Finlandia. Se davvero Kyiv ha mandato dei droni contro il Cremlino, l’intenzione non era di uccidere il presidente russo ma di dimostrare le proprie capacità e audacia e soprattutto non far sentire Mosca al sicuro nei giorni che precedono il 9 maggio, la data in cui la Russia celebra la vittoria contro il nazismo durante la Seconda guerra mondiale. 

 

Nella Piazza Rossa sono stati disposti  il palco, gli spalti, le bandiere, per ragioni di sicurezza sarà un evento contenuto rispetto agli anni scorsi, ma per il Cremlino il valore propagandistico è alto e dovrà superare la sensazioni di vulnerabilità che hanno dato i due droni. Che sia stata Kyiv o che sia stato un attacco di sabotaggio autoinflitto per giustificare nuove brutalità in Ucraina – Mosca ha già detto che reagirà e personaggi che chiedono una linea ancora più dura contro Kyiv hanno chiesto di aumentare la forza – è importante notare come il Cremlino abbia deciso di rendere pubblico l’arrivo di due droni, che hanno superato tutte le difese e sono stati abbattuti soltanto in pieno centro superando ogni barriera, senza badare al forte segnale di debolezza e scarsa sicurezza che una notizia del genere comporta.  

 

Nella sua storia Mosca è stata colpita nove volte, cinque nel 1941, tre nel 1942 e una ieri. Nel 1987, un aviatore tedesco chiamato Mathias Rust atterrò con il suo aereo sul ponte Bolshoi Moskvoretsky, vicino al Cremlino. La sua era una missione di pace, i sovietici rimasero attoniti, sembrava  impossibile che un aereo potesse superare ogni difesa e indisturbato atterrare in centro. Vennero epurati gli alti ranghi dell’esercito e venne cacciato il ministro della Difesa. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)