L'intervento
Un ripasso sull'indipendenza di Kyiv in sette punti. Lettera a Chomsky
L'appello di un gruppo di economisti e accademici ucraini alle dichiarazioni del linguista sull'invasione russa. Le ragioni della resistenza di Zelensky e del suo popolo
Quella che segue è una lettera-appello presa dal Berkeley Blog. L’intervista di Ido Vock del magazine britannico NewStatesman nel suo ultimo numero in edicola si intitola: “Noam Chomsky: La Russia sta combattendo in modo più umano di quanto abbiano fatto gli Stati Uniti in Iraq”. L’11 maggio esce “Illegitimate Authority”, una conversazione del linguista americano con il politologo CJ Polychroniou, sulla crisi interna e internazionale degli Stati Uniti.
Caro professor Chomsky, siamo un gruppo di economisti e accademici ucraini che sono rimasti colpiti da una serie di sue recenti interviste e commenti sulla guerra russa contro l’Ucraina. Riteniamo che la sua opinione su questo argomento sia controproducente per porre fine all’ingiustificata invasione russa dell’Ucraina e a tutte le morti e le sofferenze che ha portato nel nostro paese. Abbiamo notato che nelle sue argomentazioni ci sono diversi errori ricorrenti. Vogliamo quindi evidenziarle questi punti, assieme alla nostra breve risposta.
Punto uno. Negare la sovranità territoriale dell’Ucraina
Nella sua intervista a Jeremy Scahill di The Intercept il 14 aprile 2022, lei ha affermato che: “Il dato di fatto è che la Crimea è fuori discussione. A noi può non piacere. Ai crimeani, a quanto pare, piace”. Vogliamo portare alla sua attenzione alcuni fatti storici: in primo luogo, l’annessione della Crimea da parte della Russia nel 2014 ha violato il memorandum di Budapest (in cui prometteva di rispettare e proteggere i confini ucraini, compresa la Crimea), il Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione (che aveva firmato con l’Ucraina nel 1997 con le stesse promesse) e, secondo l’ordine della Corte internazionale di giustizia delle Nazioni Unite, ha violato il diritto internazionale. In secondo luogo, “i crimeani” non sono parte di un’etnia o un gruppo coeso di persone – ma lo sono i tatari di Crimea. Si tratta della popolazione autoctona della Crimea, che fu deportata da Stalin nel 1944 (e poté tornare a casa propria soltanto dopo il crollo dell’Urss), e fu costretta a fuggire di nuovo nel 2014 quando la Russia occupò la Crimea. Di coloro che sono rimasti, decine e decine sono stati perseguitati, imprigionati con false accuse e poi sono scomparsi, probabilmente sono morti. In terzo luogo, se con “a loro piace” si riferisce all’esito del “referendum” in Crimea del 16 marzo 2014, è necessario tenere presente che questo “referendum” si è svolto sotto la minaccia delle armi ed è stato dichiarato non valido dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Allo stesso tempo, la maggioranza degli elettori in Crimea ha sostenuto l’indipendenza dell’Ucraina nel 1991.
Punto due. Trattare l’Ucraina come una pedina americana su uno scacchiere geopolitico
Volenti o nolenti, le sue interviste insinuano che gli ucraini stiano combattendo con i russi perché gli Stati Uniti li hanno istigati a farlo, che l’Euromaidan sia avvenuto perché gli Stati Uniti hanno cercato di staccare l’Ucraina dalla sfera di influenza russa, ecc. Questo atteggiamento nega l’indipendenza dell’Ucraina ed è uno schiaffo in faccia a milioni di ucraini che stanno rischiando la propria vita per il desiderio di vivere in un paese libero. In parole povere, lei ha considerato la possibilità che gli ucraini vogliano staccarsi dalla sfera di influenza russa a causa di una storia di genocidio, oppressione culturale e costante negazione del diritto all’autodeterminazione?
Punto tre. Suggerire che la Russia fosse minacciata dalla Nato
Nelle sue interviste, lei è ansioso di citare sempre la presunta promessa fatta a Gorbaciov dal segretario di stato americano James Baker e dal presidente George H.W. Bush, secondo la quale, se avesse accettato di consentire a una Germania unificata di rientrare nella Nato, gli Stati Uniti avrebbero garantito che la Nato non si sarebbe mossa “di un solo centimetro verso est”. In primo luogo, si noti che la storicità di questa promessa è fortemente contestata tra gli studiosi, sebbene la Russia sia stata attiva nel promuoverla. La premessa è che l’espansione della Nato verso est non avrebbe lasciato a Putin altra scelta che attaccare. Ma la realtà è diversa. Gli stati dell’Europa orientale si unirono, e l’Ucraina e la Georgia aspiravano ad aderire alla Nato, per difendersi dall’imperialismo russo. Avevano ragione nelle loro aspirazioni, visto che la Russia ha attaccato la Georgia nel 2008 e l’Ucraina nel 2014. Inoltre, le attuali richieste di adesione alla Nato da parte di Finlandia e Svezia sono arrivate in risposta diretta all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, in linea con il fatto che l’espansione della Nato è una conseguenza dell’imperialismo russo, e non viceversa. Inoltre, non siamo d’accordo con l’idea che le nazioni sovrane non debbano stringere alleanze basate sulla volontà dei loro popoli a causa di promesse verbali controverse fatte da James Baker e George H.W. Bush a Gorbaciov.
Punto quattro. Affermare che gli Stati Uniti non siano migliori della Russia
Sebbene lei abbia ammesso che l’invasione russa dell’Ucraina è un “crimine di guerra”, ci sembra che non riesca farlo senza nominare nello stesso modo tutte le atrocità commesse in passato dagli Stati Uniti all’estero (per esempio, in Iraq o in Afghanistan) e, in definitiva, dedicare la maggior parte del tempo a discutere di queste ultime. Come economisti, non siamo in grado di correggere le sue metafore storiche e, inutile dirlo, condanniamo le uccisioni ingiustificate di civili da parte di qualsiasi potenza in passato. Tuttavia, non accusare Putin di crimini di guerra presso la Corte penale internazionale dell’Aia solo perché alcuni leader del passato non hanno ricevuto un trattamento simile sarebbe la conclusione sbagliata da trarre da qualsiasi analogia storica. Al contrario, sosteniamo che perseguire Putin per i crimini di guerra deliberatamente commessi in Ucraina creerebbe un precedente internazionale per tutti i leader mondiali che tenteranno di fare lo stesso in futuro.
Punto cinque. Occultare gli obiettivi di Putin nell’invasione dell’Ucraina
Nelle sue interviste, lei fa di tutto per razionalizzare gli obiettivi di Putin di “smilitarizzazione” e “neutralizzazione” dell’Ucraina. Si noti che, nel suo discorso televisivo del 24 febbraio 2022, che segna l’inizio della guerra, l’obiettivo testualmente dichiarato da Putin per questa “operazione militare” è quello di “denazificare” l’Ucraina. Questo concetto si basa sul suo lungo articolo pseudo-storico del luglio 2021, che nega l’esistenza dell’Ucraina e sostiene che gli ucraini non facciano parte di una nazione. Come elaborato nel “manuale di denazificazione” pubblicato dall’agenzia di stampa ufficiale russa Ria Novosti, un “nazista” è semplicemente un essere umano che si autoidentifica come ucraino, l’istituzione di uno stato ucraino trent’anni fa è stata la “nazificazione dell’Ucraina” e qualsiasi tentativo di costruire un tale stato è un atto “nazista”. Secondo questo manuale sul genocidio, la denazificazione implica una sconfitta militare, l’epurazione e la “rieducazione” della popolazione. La “smilitarizzazione” e la “neutralizzazione” implicano lo stesso obiettivo: senza armi l’Ucraina non sarà in grado di difendersi e la Russia raggiungerà il suo obiettivo a lungo termine di distruggere l’Ucraina.
Punto sei. Supporre che Putin sia interessato a una soluzione diplomatica
Tutti noi speravamo vivamente in un cessate il fuoco e in una soluzione negoziata, che avrebbe potuto salvare molte vite umane. Tuttavia, troviamo assurdo il modo in cui si attribuisce ripetutamente la colpa del mancato raggiungimento di questo accordo all’Ucraina (per non aver offerto a Putin una “via di fuga”) o agli Stati Uniti (per aver presumibilmente insistito sulla soluzione militare piuttosto che diplomatica) invece che all’aggressore, che ha ripetutamente e intenzionalmente bombardato civili, reparti di maternità, ospedali e corridoi umanitari proprio durante questi “negoziati”. Data la retorica di escalation (citata sopra) dei media statali russi, l’obiettivo della Russia è la cancellazione e la sottomissione dell’Ucraina, non una “soluzione diplomatica”.
Punto sette. Sostenere che cedere alle richieste russe sia il modo per evitare la guerra nucleare
Dall’invasione russa, l’Ucraina vive in una costante minaccia nucleare, non solo perché è un obiettivo primario per i missili nucleari russi, ma anche a causa dell’occupazione russa delle centrali nucleari ucraine. Ma quali sono le alternative alla lotta per la libertà? La resa incondizionata e l’eliminazione degli ucraini dalla faccia della terra? Si è mai chiesto perché il presidente Zelensky, con il sostegno schiacciante del popolo ucraino, stia supplicando i leader occidentali di fornire armi pesanti nonostante la potenziale minaccia di un’escalation nucleare? La risposta a questa domanda non è “per colpa dello zio Sam”, ma piuttosto perché i crimini di guerra russi a Bucha e in molte altre città e villaggi ucraini hanno dimostrato che vivere sotto l’occupazione russa è un “inferno sulla terra” tangibile che si sta verificando proprio ora e che richiede un’azione immediata. Qualsiasi concessione alla Russia non ridurrà la probabilità di una guerra nucleare, ma porterà a un’escalation. Se l’Ucraina cade, la Russia può attaccare altri paesi (Moldavia, Georgia, Kazakistan, Finlandia o Svezia) e può anche usare il suo ricatto nucleare per sottomettere il resto dell’Europa. E la Russia non è l’unica potenza nucleare al mondo. Altri paesi come la Cina, l’India, il Pakistan e la Corea del nord stanno guardando. Si immagini cosa accadrebbe se scoprissero che le potenze nucleari possono ottenere tutto ciò che vogliono usando il ricatto nucleare. Professor Chomsky, speriamo che consideri i fatti e rivaluti le sue conclusioni. Se davvero tiene alle vite degli ucraini, come sostiene, le chiediamo gentilmente di astenersi dall’alimentare ulteriormente la macchina da guerra di Mosca diffondendo opinioni molto simili alla propaganda russa. Nel caso in cui voglia approfondire ulteriormente anche solo uno dei punti sopra citati, siamo sempre aperti alla discussione.
Bohdan Kukharskyy, Università di New York, Anastassia Fedyk, Università della California, Berkeley, Yuriy Gorodnichenko, Università della California, Berkeley, Ilona Sologoub, Ong VoxUkraine
Dalle piazze ai palazzi