l'analisi
L'Asia centrale è contesa tra Russia e Cina. Stare alla parata di Putin oggi è una scelta
La presenza alle celebrazioni del 9 maggio dei leader di Kirghizistan, Armenia e Kazakistan (e forse di Turkmenistan e Tagikistan) è la conferma di quanto forte sia l’influenza che Mosca ha ancora in una certa parte di mondo
Il timore, ingiustificato, di non riuscire a prendere posto per la tradizionale parata militare moscovita che ogni anno il 9 maggio sancisce in Russia le celebrazioni della Giornata della Vittoria, ha spinto il leader del Kirghizistan, Sadyr Japarov, ad arrivare a Mosca due giorni prima dell’evento. In terra russa da domenica per colloqui con il presidente russo Vladimir Putin, Japarov è stato inizialmente indicato come l’unico leader che avrebbe preso parte alle celebrazioni. In realtà è poi emerso come il Cremlino abbia esteso l’invito al gruppo dei paesi membri della Csi. I leader di Armenia e Kazakistan hanno confermato la loro partecipazione, mentre per quanto riguarda gli autocrati alla guida di Turkmenistan e Tagikistan l’arrivo in Russia rimarrà in forse fino all’ultimo.
La parata militare sarà la più rimaneggiata dei due decenni al potere di Putin: le autorità hanno addirittura deciso di cancellare tutte le manifestazioni legate al “Reggimento Immortale”, che tradizionalmente vede milioni di civili lungo tutta la Russia portare cartelli con le fotografie dei familiari che hanno combattuto durante la Seconda guerra mondiale. Il suo peso politico rimane però intatto, soprattutto in un momento come quello attuale, in cui l’inquilino del Cremlino è sempre più isolato sul fronte internazionale. Basti pensare che nel 2022 la decisione del Kazakistan di non tenere sul proprio territorio la parata militare del 9 maggio aveva scatenato la reazione violenta della macchina della propaganda russa, con minacce ad Astana di rischiare di fare la fine di Kyiv. Ecco allora che quest’anno la presenza dei leader indicati sopra rappresenta invece la conferma di quanto forte sia l’influenza che Mosca ha ancora in una certa parte di mondo.
La presenza di Kirghizistan e, molto probabilmente, Tagikistan non stupisce: si tratta infatti delle due repubbliche centro asiatiche più povere e con i minori margini di manovra dal punto di vista interna-zionale, tanto forte è la dipendenza economica e militare da Mosca. Un distanziamento reale non è infatti concepibile al momento, un fattore che rischia di danneggiare i progetti di cooperazione regio-nale portati avanti in Asia Centrale da Uzbekistan e Kazakistan. La partecipazione del leader kazaco giunge invece in parte inaspettata, nonostante i citati messaggi minacciosi inviati in passato, soprattutto se la si pone in relazione con l’appuntamento che attende i presidenti delle repubbliche centro asiatiche il 18 e 19 maggio.
La due giorni, che è appena stata confermata, li porterà infatti a Xi’an, capoluogo cinese dello Shaanxi storicamente considerato il punto di partenza dell'antica Via della Seta. Quello in programma sarà il primo meeting in assoluto in presenza tra Xi Jinping e i cinque presidenti dell’Asia Centrale, un ap-puntamento tanto atteso quanto, potenzialmente, dirompente. Annunci più o meno ufficiali hanno infatti fatto trapelare la volontà del leader cinese di mettere sul tavolo la “grande strategia” di Pechi-no per la regione. La rilevanza è confermata dal fatto che, a parte i due giorni di meeting, gli incontri bilaterali in terra cinese inizieranno addirittura il 16 maggio, per un impegno complessivo di quattro giorni. Una vera e propria conferenza programmatica.
Quanto accadrà tra dieci giorni in Cina mette ancora più in risalto la partecipazione dei leader centro asiatici, almeno di alcuni di essi, alla celebrazione militare in Russia. Va detto che, durante l’ultima vi-sita ufficiale di Xi Jinping in Russia dello scorso marzo, in una dichiarazione ufficiale rilasciata con l’omologo Putin è stato messo nero su bianco l’impegno di Mosca e Pechino nel supporto alle repub-bliche regionali nella difesa della loro sovranità e, passaggio chiave del comunicato, la volontà di non accettare tentativi di forze esterne di destabilizzare la regione.
Non è detto che questo impegno tro-verà riscontro concreto o che impedirà a qualcuno degli -stan di muoversi in autonomia: si pensi solo all’attivismo che sta interessando il presidente uzbeco, Shavkat Mirziyoyev, appena tornato in patria dalla Germania e pronto a visitare a giugno l’Italia e ad accogliere dopo l’estate in terra uzbeca il presidente francese Emmanuel Macron. Certo è che la partita centro asiatica è soprattutto un gioco a due tra Russia e Cina e la partecipazione alla parata militare di Mosca dei paesi indicati un punto a favore di Putin.