l'editoriale dell'elefantino
I pasticci della Francia macroniana non sono un buon motivo per rubarci l'arte italiana della petulanza
I bravi politici francesi imparino a combattere la Fronda a Parigi, magari meglio di quanto al momento riesce loro, piuttosto che rifugiarsi alla Garbatella. A ciascuno la sua destra
La petulanza è italiana, siamo noi che amiamo pazzamente lo small talk, il chiacchiericcio, noi che invadiamo la rete digitale con miliardi di parole cellulari, primato mondiale, noi che sprotocolliamo senza sosta, noi che facciamo attendere Frau Merkel con l’allegra e mattoide informalità di un artista come Berlusconi sempre ai limiti dell’impolitesse, noi piuttosto inidonei all’arte o alla civiltà della conversazione, noi capaci di mediatizzare anche il pollo arrosto, noi che mastichiamo la chiacchiera come cibo prima durante e dopo i pasti, noi che a forza di messaggini e paradossi on air abbiamo rimediato le inopportune ma inevitabili risatine di M. Sarkozy, l’ilare De Funès al vertice di Cannes. E allora perché il ministro dell’Interno di Place Beauvau, Gérald Darmanin, e il presidente del partito di Macron, Stéphane Séjourné, ci rubano il mestiere? Non è carino.
Si capisce lo stress del momento, la cavalcata di Marine Le Pen nell’autorevolezza presidenziabile solleva polvere tossica sulla scorta incendiaria della passione pensionistica francese, ma non è un buon motivo per cercare un recupero di popolarità a buon mercato con esercizi di petulanza all’italiana, per di più in modalità transfrontaliera, gargarizzati da due campioni del governo Borne e del partito Renaissance (nome abusato, sgarbiano-tremontiano, affibbiato al gruppone minoritario di centro che fatica a seguire successi e insuccessi dell’Eliseo). Il consiglio che si può dare è che i bravi politici francesi imparino a combattere la Fronda a Parigi, magari meglio di quanto al momento riesce loro, piuttosto che rifugiarsi alla Garbatella, il quartiere di riferimento “dell’inumana, ingiusta, inefficace Meloni”. A ciascuno la sua destra.
Oltre al resto, c’è un errore di prospettiva politica, grave per istituzioni da sempre magistrali nell’arte dello Stato. Intanto Marine detesta Giorgia e ama Matteo, suo partner, ricambiata. Meloni ha usato in passato una vocalità un po’ tanto grossolana e roboante per poi metterla al servizio di un faticoso progetto conservatore, che alle prossime europee potrebbe indicarla come l’unica leader di governo della superstite destra istituzionale, un minuscolo astro che orbita lontano, per ragioni forti di politica estera e di difesa, dall’orbita della Le Pen. Che potrebbe anche rivelarsi disegno effimero e fallire, come falliscono tanti progetti, compresi i riformismi eleganti. Macron ha schiantato la destra gollista e rivitalizzato la gauche massimalista e il frontismo riformato dell’estrema caciara postcoloniale, governa con ottimi risultati e qualche necessaria forzatura, ma non risulta un asso in termini di popolarità, succede. La petulanza italiana antitaliana non si vede come possa rafforzare la sua visione dell’Europa e del posto della Francia in Europa. Ci sono già tanti problemi seri, con la guerra, l’autonomia strategica dell’Unione che è difficile a farsi, la somma delle feroci indisponibilità che allarma il Quai d’Orsay, l’instabilità sociale di un paese solido e abbondante in preda alla nevrosi a fronte della stabilità trasformista del modello italiano di debito e di pil arrembanti, c’è tanta di quella roba pesante e cinica e bara da assimilare, che l’aggiunta del morbo del chiacchiericcio andante può rivelarsi un piccolo rimedio demagogico peggiore del male politico.