Varsavia ieri, Kyiv oggi: la tendenza a confondere vittime e aggressori

Micol Flammini

Un generale ungherese dice che l'invasione nazista della Polonia era un conflitto locale, diventato una guerra mondiale per mancanza di negoziati di pace tempestive. Nelle sue parole c'è tutta la distanza tra Budapest e Varsavia nel leggere i rapporti con Russia e Ucraina

Il 9 maggio scorso, il generale ungherese Gábor Böröndi ha rilasciato un’intervista televisiva, in cui affermava che l’attacco nazista contro la Polonia del primo settembre 1939, in realtà altro non era che un “conflitto locale”, che non si sarebbe trasformato in una guerra mondiale se i colloqui di pace si fossero tenuti tempestivamente e non si fosse perso tempo nel disquisire delle rivendicazioni territoriali di Berlino e di Varsavia. Secondo il generale, sarebbe stato opportuno “forzare” le parti a negoziare. La reazione della Polonia è stata tagliente e composta e affidata all’ambasciatore a Budapest Sebastian Keciek.

 

L’Ungheria è, tra le nazioni europee, quella che non soltanto meno ha fatto per aiutare l’Ucraina contro la Russia, ma ha anche cercato di bloccare le decisioni di Bruxelles in fatto di sanzioni e invio di armi. Le parole di Böröndi mettono in parallelo l’attacco nazista contro la Polonia e quello russo contro l’Ucraina. Varsavia ieri come Kyiv oggi è accusata di alimentare il conflitto difendendosi, ma anche di voler provocare una guerra globale per un presunto capriccio di sovranità territoriale. L’ambasciatore Keciek spiega che, ieri come oggi, “lo scoppio della Seconda guerra mondiale non fu causato dalla mancanza di colloqui di pace con l’aggressore, ma dalla politica dell’appeasement e del cedimento alle crescenti richieste del Terzo Reich”.

 

La fotografia è sovrapponibile, Varsavia ieri, Kyiv oggi, appunto. Con la differenza che la seconda può fortunatamente contare su  alleati solidi, che hanno anche imparato dai loro stessi errori. Prosegue Keciek: “Non possiamo permettere che la vittima venga scambiata ingiustamente con l’aggressore. La Polonia fu una vittima indiscutibile delle azioni criminali e pianificate del Terzo Reich e dell’Unione sovietica, e di conseguenza anche dei loro alleati”. Gli aggressori nel 1939 erano due e l’Ungheria era alleata della Germania nazista, ma l’allora primo ministro, il conte Pál Teleki, si rifiutò di partecipare all’attacco. Come ricorda l’ambasciatore nella  lettera, disse: “Preferirei far saltare in aria le nostre ferrovie piuttosto che prendere parte all’invasione della Polonia”. I rapporti tra Varsavia e Budapest sono molto cambiati in quest’anno di guerra, alla base delle parole del generale  Böröndi c’è tutta la distanza tra i due paesi nel leggere i rapporti con Mosca, con Kyiv e la loro alleanza.

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)