L'intervista
Russia e Cina osservate speciali. Parla la ministra norvegese Anniken Huitfeldt
“Dopo l’invasione dell’Ucraina il dialogo politico con Mosca non è più possibile. Contiamo sul sostegno di Pechino”, dice al Foglio la titolare degli Esteri a Oslo, ora a capo del Consiglio artico
Bruxelles. La ministra degli Esteri norvegese Anniken Huitfeldt aveva sul tavolo la lettera d’invito firmata dal suo omologo russo Sergei Lavrov per il vertice di giovedì nella cittadina siberiana di Salekhard, ma la ministra degli Esteri norvegese racconta al Foglio “di non aver mai neanche considerato di andarci”. Il caso vuole che quella sera sia arrivato poi un altro invito “più gradito” per una cena a Oslo proprio con il presidente Mattarella, racconta la ministra. Il vertice di Salekhard era stato convocato per segnare la fine della presidenza russa del Consiglio artico, in passato il passaggio di testimone sarebbe stato salutato da strette di mano tra ministri e una foto cerimoniale tra la neve, ma questa volta nessuno dei rappresentanti delle 7 nazioni artiche, che insieme a Mosca compongono il Consiglio, si è presentato.
Dall’invasione russa dell’Ucraina, infatti, l’organizzazione nata nel 1991 per favorire la prosperità e la cooperazione nell’Artico, e di cui la Russia deteneva la presidenza di turno dal 2021, è rimasta paralizzata, senza attività né dialogo. Ora la palla passa nelle mani di Huitfeldt che dovrà capire come rilanciare le attività e quale rapporto tenere con Mosca, che se da un lato rappresenta solo uno degli otto paesi membri, dall’altro esercita sovranità sul 55 per cento delle coste artiche. “Dopo la guerra brutale e illegale della Russia contro l’Ucraina, il dialogo politico con Mosca non è possibile. Tuttavia, le sfide che stiamo affrontando nell’Artico non scompariranno. Il nostro obiettivo quindi è trovare un accordo per far riprendere il lavoro di questa organizzazione”, spiega la ministra, “con la Russia manterremo un contatto ma la cooperazione come se niente fosse non è possibile”, aggiunge il capo della diplomazia norvegese, che solo un mese fa ha firmato il decreto di espulsione di 15 diplomatici russi accusati di spionaggio.
Il sogno di un Artico demilitarizzato e neutrale, spesso rilanciato ai tempi della Guerra fredda, è ormai solo un ricordo, con l’avvicinamento di Svezia e Finlandia alla Nato, dall’Artico sono spariti per sempre i paesi neutrali. Per Huitfeldt questa è una buona notizia, “la Finlandia e la Svezia nella Nato miglioreranno la stabilità nella regione, le Forze armate norvegesi da sempre seguono da vicino l’attività militare russa e apprezziamo l’ampliamento della collaborazione con gli alleati”, sottolinea la ministra che il 10 marzo era stata ritratta pattugliare personalmente con tre soldatesse in motoslitta il confine russo attorno al valico di frontiera di Storskog. Oltre a Mosca nell’Artico, c’è da tenere d’occhio una presenza sempre più costante di investimenti e infrastrutture cinesi. Presente dal 2013 come membro osservatore, la Cina “partecipa a tutti e sei i gruppi di lavoro del Consiglio artico e si impegna attivamente nei lavori del Consiglio su clima e ambiente”, spiega la diplomatica che venerdì ha pranzato a Oslo proprio con il ministro degli Esteri cinese Qin Gang. Pechino non è Mosca quindi e la porta è aperta al dialogo: “Contiamo sul continuo sostegno della Cina durante la nostra presidenza”. Sorvegliata speciale, però, è la cooperazione sino-russa nella regione, “la joint venture artica tra Mosca e Pechino sull’estrazione del petrolio e la possibile cooperazione sulle infrastrutture è una questione bilaterale tra questi due paesi”, spiega la diplomatica norvegese, che poi però sottolinea “questa partnership potrebbe potenzialmente avere implicazioni significative per la regione e va seguita da vicino”.
Ma Mosca e Pechino non sono le uniche a volere le risorse del sottosuolo artico, il progetto di diversificazione energetica europea infatti fa largo appoggio a investimenti nella regione. Tra i punti chiave della presidenza norvegse c’è infatti “amplificare la voce dell’Artico nei forum multilaterali incentrati sul cambiamento climatico” spiega la ministra che anticipa “durante la nostra presidenza, la Norvegia di farà promotrice di iniziative per spiegare che è possibile salvaguardare la natura e l’uso tradizionale del suolo pur sostenendo la transizione verde”. Parte integrante del Consiglio artico infine è anche il Segretariato delle popolazioni indigene, unica rappresentazione sul piano internazionale dei popoli indigeni dell’Artico, circa 4 milioni di persone che costituiscono il 10 per cento degli abitanti della regione il cui stile di vita è drammaticamente minacciato dal riscaldamento globale. “Il segretariato è un organo di fondamentale importanza”, spiega Huitfeldt, “e Oslo intende rafforzare il ruolo delle popolazioni indigene, prime vittime del cambiamento climatico nella regione, e rilanciare degli sforzi per integrare la visione indigena nelle attività del Consiglio artico”, conclude sottolineando come il punto sia, nero su bianco, nelle priorità di Oslo per il biennio di presidenza.
Dalle piazze ai palazzi