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L'analisi

Un voto locale dimostra che in India Modi non è imbattibile

Carlo Buldrini

La vittoria del Partito del Congresso alle elezioni regionali dello stato del Karnataka, uno degli stati più sviluppati dell'India. Per il partito di Rahul Gandhi si sono rivelate importanti il bando dell'Esercito di Hanuman e la Marcia per unire l'India

"Questa è la vittoria del popolo del Karnataka. Gli elettori hanno votato per il progresso, per il welfare e per la giustizia sociale. Li ringraziamo con le mani giunte per la fiducia che ci hanno voluto accordare". Con queste parole, Mallikarjun Kharge, l’ottantenne presidente del Partito del Congresso, ha salutato la vittoria del suo partito nelle elezioni regionali che si sono svolte in Karnataka, un importante stato dell’India meridionale con 68 milioni di abitanti.

 

Nelle elezioni si sono scontrati tre principali partiti politici: il Bharatiya Janata Party (Bjp) che deteneva il potere nello stato, il Congresso nazionale indiano e il Janata Dal (Secular). Dei 224 seggi dell’Assemblea legislativa del Karnataka, il Congresso ne ha conquistati 135, il Bjp 66 e il Jd(s) 19. Quattro seggi sono andati a partiti minori. Questa vittoria è importante per il Partito del Congresso perché avviene in uno degli stati più sviluppati dell’India. In Karnataka, le strutture feudali che caratterizzano ancora tanta parte delle campagne indiane, sono quasi del tutto assenti, lo stato è meno diviso che altrove su basi comunitarie e la sua classe imprenditoriale è tra le più progressiste e più inclini alla ricerca scientifica e all’innovazione tecnologica di tutta l’India.

   
Per cercare di mantenere il potere nell’unico stato dell’India meridionale che aveva una maggioranza di destra hindu, il Bjp ha chiamato a raccolta in Karnataka tutto il suo stato maggiore. L’intera campagna elettorale è stata coordinata da Amit Shah, il potente ministro dell’Interno del governo nazionale. E’ poi arrivato in Karnataka il capo del governo (chief minister) dell’Uttar Pradesh, il monaco estremista hindu Yogi Adityanath, a cui si sono aggiunti molti ministri del governo di Delhi. Infine, è atterrato in Karnataka il primo ministro Narendra Modi

 

Come sempre, il Bjp ha giocato la carta dell’Hindutva, l’ideologia dei nazionalisti hindu che vogliono trasformare l’India in un Hindu Rashtra, una nazione hindu. Per mesi, l’intero Karnataka è diventato un laboratorio di odio antimusulmano. Alle studentesse di fede islamica è stato vietato di indossare a scuola l’hijiab, il velo. I musulmani accusati di contrabbando di vacche o di consumare carne bovina, sono stati linciati. I libri di testo delle scuole sono stati riscritti per sottolineare la gloria del passato hindu dell’India e per mettere in cattiva luce l’islam visto sempre come una minaccia. Basvaraj Bommai, il capo del governo uscente del Karnataka, il 30 marzo scorso ha tolto ai musulmani il 4 per cento dei posti riservati nel settore del pubblico impiego, nelle università e nei parlamenti eletti, per aggiungerli a quelli già riservati ai Lingayat e ai Vokkaliga, le due comunità hindu più numerose del Karnataka. 

 

Così come, nel nord India, Narendra Modi aveva fatto ricorso nei comizi al dio Rama, in Karnataka ha usato il dio-scimmia Hanuman. Questo perché, nel manifesto elettorale, il Partito del Congresso ha scritto di voler mettere al bando il Bajrang Dal, detto anche “l’Esercito di Hanuman”, l’organizzazione estremista hindu che compie attentati, massacri e pogrom antimusulmani in tutta l’India. Modi ha accusato il Congresso di voler “mettere in prigione Hanuman” e ha annunciato che nella cittadina di Anjanadri, in Karnataka, il luogo dove la leggenda vuole sia nato il dio-scimmia, il Bjp “costruirà un grande tempio in onore di Hanuman per promuovere lo sviluppo dell’intera regione e per fare del Karnataka lo stato numero uno dell’India”.

 

Il Bjp ha provato in tutti i modi di polarizzare la popolazione del Karnataka su basi comunitarie. Ma gli elettori non hanno risposto all’appello. In queste elezioni, i problemi reali della gente, la crisi economica, la disoccupazione, l’aumento del prezzo del carburante e dei generi di prima necessità, hanno avuto il sopravvento sulle divisioni religiose. Anche la divisione in caste ha avuto un’importanza relativa. A contare sono state le classi sociali e la divisione in genere della popolazione. Per questo, nel suo programma elettorale, il Congresso ha promesso importanti misure in favore dei poveri e delle donne del Karnataka. Fra queste ultime misure, sono previste 2.000 rupie al mese per ogni donna capo famiglia e viaggi gratuiti per le donne su tutti i mezzi pubblici dello stato. Particolarmente efficaci sono stati gli slogan del Congresso contro la corruzione del governo Bjp di Basvaraj Bommai: “40 per cent sarkara” (il governo del 40 per cento di tangente) e “Pay CM” (paga al chief minister).

 

Per capire fino in fondo la vittoria del Partito del Congresso in Karnataka, va ricordata anche la Bharat jodo yatra, la Marcia per unire l’India, di Rahul Gandhi iniziata nel settembre dell’anno scorso. La yatra ha ispirato la campagna elettorale del Congresso in Karnataka. Rahul Gandhi aveva percorso per 21 giorni le strade del Karnataka e attraversato 20 delle sue circoscrizioni elettorali. Di queste, nelle elezioni del 2018, cinque erano state vinte dal Congresso, sei dal Jd(s) e nove dal Bjp. Nelle elezioni di quest’anno, quindici sono andate al Congresso, tre al Jd(s) e solo due al Bjp. A commento di questa massiccia vittoria elettorale, Mallikarjun Kharge, il presidente del Partito del Congresso, un dalit (ex intoccabile) originario del Karnataka, ha detto: “Il Bjp voleva un ‘Congress Mukt Bharat’ (un’India libera dal Congresso), adesso abbiamo un ‘Bjp Mukt Dakshin Bharat’ (un Sud India libero dal Bjp)”.

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