Dopo il Consiglio d'Europa
Come si prepara la “coalizione dei jet” a Kyiv e l'ultima parola americana
A Reykjavik s’istituisce il registro dei danni della Russia per risarcire economicamente l’Ucraina. Ma si parla anche dei dettagli sul fronte aereo nel supporto militare a Zelensky
Reykjavik. La guerra in Ucraina è stata protagonista dei lavori del Consiglio d’Europa, riunitosi a Reykjavik per la quarta volta nella sua storia ultrasettantennale. L’istituzione di un registro che valuti i danni causati dall’aggressione della Russia all’Ucraina e la riapertura della discussione fra i paesi della Nato per la fornitura a Kyiv dei caccia da combattimento F-16 hanno monopolizzato il vertice. Quello tenutosi in Islanda è il primo di una serie di appuntamenti internazionali che proseguirà con il G7 di Hiroshima del fine settimana e che si concluderà con il vertice della Comunità politica europea di Chisinau, il primo giugno.Armenia, Azerbaigian, Bosnia ed Erzegovina, Serbia, Turchia e Ungheria sono i paesi che, sui quarantasei presenti al Consiglio d’Europa, hanno deciso di non avallare l’istituzione del registro, prerequisito per le richieste di risarcimento che Kyiv presenterà di fronte a una corte speciale per i crimini di guerra russi. Il registro è uno strumento che permette di avviare il processo di responsabilizzazione della Russia e apre la strada alle future compensazioni. L’istituzione di un tribunale speciale che operi con la Corte penale internazionale – che ha spiccato un mandato di arresto contro Vladimir Putin e contro Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i Diritti dei bambini presso il Cremlino – è un altro dei punti sui quali il Consiglio d’Europa ha espresso il proprio sostegno. Il documento di chiusura del vertice conferma il pieno sostegno all’Ucraina e alla ricerca di una “pace giusta”, che non sarà negoziata alle condizioni della Russia.
La novità concreta più importante emersa dalla due giorni islandese riguarda l’apertura di Londra in merito alla fornitura dei jet F-16 all’esercito ucraino. Il primo ministro britannico, Rishi Sunak, accolto con freddezza al vertice e rientrato a Londra, a sorpresa, già dopo la prima giornata, e il primo ministro olandese, Mark Rutte, a margine del vertice, hanno annunciato di voler formare una “coalizione internazionale” per dotare l’Ucraina di aerei da combattimento e addestrare i piloti. Da tempo i rappresentanti del governo di Kyiv insistono per ottenere sostegno militare da parte dei paesi alleati sul fronte aereo: il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, che è stato già due volte a Londra quest’anno, ha entrambe le volte ribadito la necessità di un aiuto militare che permetta di proteggere i cieli del suo paese dai continui attacchi dell’esercito di Vladimir Putin. A marzo, l’Ucraina aveva ricevuto da Polonia e Slovacchia alcuni vecchi Mig-29 sovietici provenienti da stock della Germania dell’est. Si tratta però di aerei muniti di radar ormai obsoleti e di munizioni che vengono facilmente contrastate dall’aviazione di Mosca, decisamente inferiori ai caccia da combattimento russi. L’obiettivo di Zelensky rimane quindi quello di convincere gli Stati Uniti a dare il via libera per la consegna degli F-16, cruciali per sviluppare un sistema che, combinato con la difesa contraerea da terra, permetta di abbattere i missili russi.
A poche ore dall’annuncio della formazione di una coalizione, il ministro della Difesa britannico, Ben Wallace, ha corretto un po’ il tiro, spiegando che l’impegno preso da Sunak non ha niente a che vedere con la consegna dei caccia, ma con il sostegno a Kyiv per quanto riguarda la formazione dei piloti e il coordinamento per la ricerca degli aerei. Anche il presidente francese, Emmanuel Macron, ha detto all’inizio della settimana, dopo aver incontrato anche lui Zelensky, di essere disponibile a organizzare la formazione di piloti ucraini. C’è però una questione pratica da risolvere: il Regno Unito non possiede F-16. I paesi europei della Nato che li hanno ancora in dotazione sono Belgio, Danimarca, Grecia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Romania, e Turchia. Di questi, solo la Danimarca, e adesso i Paesi Bassi, hanno mostrato un’apertura rispetto all’ipotesi di invio in Ucraina. Senza dimenticare che la parola del governo statunitense, paese di produzione dei velivoli, resta fondamentale per la consegna.
Il portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby, ha dichiarato lunedì sera che la posizione degli Stati Uniti sui caccia F-16 non è cambiata: Washington è contraria a inviare direttamente i jet, mentre non è chiaro quale sarebbe l’approccio americano in caso di consegna da parte di altri paesi. Infine, ci sono i dubbi della Germania, con il cancelliere Olaf Scholz che a Reykjavik è rimasto freddo di fronte all’idea: “Rimaniamo concentrati su quello che stiamo già facendo in termini di aiuti militari, in questa fase non vedo i presupposti per un’operazione di questo tipo”. Il ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius, ha detto che queste decisioni “vengono prese dalla Casa Bianca”.