La voce del dissidente Samuel Chu, ricercato dalla Cina, su Hong Kong
“Solo la vittoria totale di Kyiv sarà un deterrente per Pechino”, ci dice il leader pro democrazia. L'“un paese, due sistemi” non rispettato nell'ex colonia britannica e il silenzio del Vaticano
Roma. Due anni fa, quando era da poco stata introdotta a Hong Kong la liberticida legge sulla sicurezza imposta da Pechino sul territorio dell’ex colonia inglese, contro Samuel Chu era stato emesso un mandato d’arresto. Lui viveva già da tempo in America, ma continua ancora oggi a essere un ricercato della Repubblica popolare cinese. E basterebbe domandare alle persone di Hong Kong, pensare alle promesse tradite, per capire come funzionano le negoziazioni per Pechino: “Bisogna essere chiari”, dice in un’intervista al Foglio Chu, “la Cina ha un interesse sulla guerra in Ucraina, ed è il motivo per cui ha dato sostegno incondizionato alla sua partnership con la Russia”.
La Cina, dice Chu, “vuole mostrarsi un attore credibile di pace, positivo, capace di fare concessioni, anche per Taiwan, per l’Ucraina, per la comunità internazionale. Vogliono mostrarsi imparziali, ma non è un segreto che, anche se non ha fornito armi alla Russia, sin dall’inizio è parte dell’operazione di disinformazione della Russia a livello internazionale”. Per questo “solo una vittoria completa dell’Ucraina è probabilmente l’arma più potente di deterrenza per potenziali future aggressioni della Cina”.
44 anni, Chu è il fondatore dell’Hong Kong Democracy Council con sede a Washington, ed è il figlio di Chu Yiu-ming, uno dei più noti dissidenti di Hong Kong, uno degli uomini che guidarono, nel 1989, l’operazione Yellowbird, che serviva a far scappare chi aveva partecipato alle proteste di Piazza Tiananmen nella città che, allora, era ancora territorio britannico. Anni dopo, nel 2017, Chu Yiu-ming fu uno degli uomini chiave delle proteste di Occupy Central, che chiedevano per Hong Kong il suffragio universale.
Nel 2020 la Repubblica popolare cinese ha azzerato l’autonomia di Hong Kong, l’ha trasformata in una città cinese come un’altra, continua a processare e mettere in carcere i dissidenti – compreso il cardinale Joseph Zen, probabilmente una delle figure cattoliche più famose in Asia. La Santa Sede ha deciso di tacere sulla questione Hong Kong per proteggere l’accordo segreto con Pechino, e Samuel Chu l’altro ieri è stato ricevuto in Vaticano proprio per parlare di questo: “Il nuovo vescovo di Hong Kong, Stephen Chow Sau-yan, è stato poche settimane fa a Pechino in una visita ufficiale inedita. Il problema è che così anche la Chiesa rischia di diventare parte del sistema di sicurezza e sorveglianza di Pechino”. Non solo il Vaticano, oggi tutta la comunità internazionale sembra avere iniziato a dimenticare ciò che è stato fatto a Hong Kong, e tutta l’attenzione è su Taiwan: “Ma c’è un pattern ben visibile. Hong Kong e Taiwan, e non solo, vengono spesso trattate come questioni separate, ma non lo sono. La tattica di riscrittura della storia, l’intimidazione dei dissidenti, il tentativo di imporre il modello ‘un paese, due sistemi’ per Macao, Hong Kong e Taiwan: fa sempre parte della stessa tattica di Pechino”, dice Chu.
Le proteste pro democrazia nel mondo, dice Chu, ottengono un’attenzione mediatica limitata nel tempo, ed è per questo che ha deciso di “tradurre le proteste in politica. Bisogna trasformare quei quindici minuti di attenzione internazionale in influenza e potere politico. E per fare questo è fondamentale coinvolgere i dissidenti pro democrazia della diaspora. Il motivo per cui sono un target per la Cina non è perché sono una persona famosa o faccio dei discorsi o protesto davanti alle ambasciate, ma perché sto cercando di trasformare le proteste di Hong Kong nei palazzi del potere a livello internazionale”. Spiegare la strategia di Pechino ai paesi europei non è facile, in Europa c’è ancora chi crede al vantaggio che può dare essere “amici della Cina” e dargli credito in mediazioni cruciali come quelle tra Ucraina e Russia: “L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha dato più consapevolezza”, dice Chu, “l’Europa lentamente si sta muovendo, sta imponendo sanzioni, sta rivedendo la sua strategia con la Cina. Il problema è che Pechino, anche nella sua diplomazia, sa come muoversi, sceglie accuratamente i suoi interlocutori, segue il divide et impera”. Infine, dice Chu, bisogna guardare sempre a Hong Kong per ricordarsi di una cosa: “Il sistema libero della città è stato azzerato nel giro di un anno. Può succedere ovunque. La nostra democrazia è incasinata, fragile, ma più si espandono i diritti, più si crea una minaccia per l’autoritarismo”.
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