il vertice
Zelensky cerca il sostegno della Lega araba a Gedda, faccia a faccia con Assad
Il presidente ucraino incontra i leader arabi invitato a sorpresa dal sovrano saudita Mohammed bin Salman, nonostante l'influenza russa nella regione. Poi il viaggio verso Hiroshima. Torna il G8, con Kyiv al posto di Putin
“Sono sicuro che possiamo tutti essere uniti”, ha detto Volodymyr Zelensky al vertice della Lega araba a Gedda, dove è arrivato oggi invitato a sorpresa dal sovrano saudita Mohammed bin Salman, “e salvare le persone dalle gabbie delle prigioni russe. Purtroppo alcuni in giro per il mondo e anche alcuni qui tra di voi hanno chiuso un occhio di fronte a queste gabbie e alle annessioni territoriali illegali, ma sono qui oggi, così ognuno di voi può avere uno sguardo onesto sulla nostra indipendenza, al di là dell’influenza russa”. Mentre Zelensky parlava, il dittatore siriano Basher el Assad, riammesso dalla Lega araba per la prima volta dall’inizio della repressione contro il suo stesso popolo, nel 2011, si è tolto gli auricolari per non sentirlo.
La smorfia di disgusto sul volto di Assad mentre il presidente ucraino parlava mostra la sua riverenza nei confronti della Russia, senza la quale oggi non sarebbe nemmeno al potere, ma anche la strafottenza di un impunito, che non ha dovuto rendere conto dei cinquecentomila siriani uccisi dalle sue bombe e dalle sue persecuzioni, dei cinque milioni di rifugiati scappati dalla sua brutalità e dei tre milioni di sfollati interni, che s’è convinto che la legge del più forte vince e che se mai dovesse ritrovarsi a difendere il proprio potere riuserà la stessa violenza, le stesse armi chimiche, le stesse bombe con i chiodi, le stesse torture. Quando stamattina Zelensky ha annunciato la sua visita a Gedda, sotto il suo tweet molti attivisti siriani hanno postato la loro bandiera e quella ucraina assieme, chiedendogli: almeno tu non ti scordare di noi. Il presidente ucraino non si è scordato, li aveva visti anche lui, nelle piazze della resistenza siriana ad Assad, i colori azzurro e giallo del suo paese, sa che la furia russa s’è riversata sui siriani e sa che se l’occidente non si muove per aiutarti a difenderti dalla furia russa, quella furia ti può sterminare.
Il dittatore siriano si è tolto sprezzante gli auricolari, ma non è l’unico nel consesso della Lega araba a essersi preso un colpo quando ha saputo che si sarebbe ritrovato nella stessa stanza con Zelensky; i sauditi non hanno avvisato gli altri membri della Lega dell’invito e molti di loro si sono agitati: e se Putin si arrabbia? L’influenza russa nella regione è forte, questi paesi hanno tenuto finora quell’equidistanza finta tra Ucraina e Russia che di fatto è silente, nei migliori dei casi, collaborazione con Putin. Gli interessi economici sono grandi, il collante anti occidentale tiene forte, molti paesi hanno adottato politiche petrolifere che hanno arricchito le casse bellicose della Russia, si sono astenuti nei voti di condanna all’Onu e hanno aiutato alcuni oligarchi russi a eludere le sanzioni. Perché allora i sauditi hanno invitato Zelensky? Bin Salman ha l’ambizione di essere un attore autonomo rispetto alla Russia, agli Stati Uniti e alla Cina, vuole presentare un suo piano di mediazione nel conflitto scatenato da Putin in Ucraina e porta in dote, come segno di buona fede, lo scambio di 250 prigionieri tra Russia e Ucraina mediato da Riad nel settembre scorso e 400 milioni di dollari in aiuti umanitari a Kyiv. Al contempo Bin Salman non ha accolto le richieste del presidente americano, Joe Biden, di aumentare la produzione di petrolio per contenerne il prezzo, anzi l’ha tagliata agevolando Mosca; così come ha tolto priorità alla grande iniziativa americana degli Accordi di Abramo (la normalizzazione dei rapporti con Israele) per accettare una tregua ben più indigeribile con l’Iran, mediata dalla Cina. Non è da escludere che l’invito di Zelensky sia anche un messaggio distensivo nei confronti dell’America, dopo tante, onerose provocazioni.
Il presidente ucraino cerca di diversificare il sostegno all’Ucraina, cerca nuovi alleati o anche mediatori per restringere il più possibile l’area di influenza della Russia. Lo fa nel suo modo schietto anche di fronte a una platea come quella della Lega araba, che gli è di fatto ostile, ribadendo che la neutralità non esiste, la neutralità è un occhio chiuso, è complicità. Di concreto forse non porterà con sé moltissimo, Zelensky, ma il suo tour diplomatico, iniziato sabato scorso dall’Europa e dall’Italia, non può non toccare una parte di mondo con questo straordinario potere contrattuale. Poi è la volta del G7 in Giappone, dove avrebbe dovuto parlare da Kyiv e dove invece ha deciso di andare di persona. La Russia fu sospesa dal G8 nel 2014 dopo la prima invasione dell’Ucraina e stava quasi per essere riammessa prima della seconda invasione, perché tutto l’occidente era convinto che il dialogo e il coinvolgimento avrebbero trattenuto Putin dai suoi istinti espansionistici e criminali. Era un’illusione, ma è quantomai significativo che di fatto ora ci sia un G8 in cui l’Ucraina ha preso il posto della Russia: non per ragioni economiche, non per ragioni di potere, ma perché il popolo ucraino difende i valori democratici anche per conto degli altri sette.