In Grecia tramonta l'era populista figlia della crisi
Elettori e mercati celebrano il trionfo del moderato Mitsotakis, che segna il tramonto di Tsipras e della stagione di rivolta anti-europea. Merito di riforme, crescita e conti in ordine. Il paese ha ritrovato stabilità economica e politica
“Queste elezioni segnano l’inizio di un’importante correzione politica, un terremoto politico che non è altro che una completa inversione delle elezioni del maggio 2012”, ha commentato il politologo dell’Università di Oxford Stathis Kalyvas sul quotidiano greco Kathimerini. In questo senso, più che un terremoto le elezioni politiche in Grecia sono state una scossa di assestamento. Il trionfo del premier di centrodestra, Kyriakos Mitsotakis, che con il 41% dei voti ha doppiato l’ex premier della sinistra radicale Alexis Tsipras, fermo al 21%, segna la fine della stagione radical-populista che ha caratterizzato la lunga e profonda crisi finanziaria e sociale del paese.
Nuova Democrazia, il partito moderato di governo, si è fermato poco al di sotto della maggioranza parlamentare e quindi la Grecia dovrà tornare a votare a fine giugno, con una legge elettorale con premio di maggioranza che dovrebbe garantire a Mitsotakis numeri solidi. Per questa ragione il ritorno alle urne, a differenza dei voti ravvicinati del 2012 e del 2015, è visto come un segno di ritrovata stabilità politica, che è anche stabilità economica. Non a caso i mercati hanno festeggiato: la Borsa di Atene è volata del +7% in apertura, mentre lo spread è sceso (attualmente è circa 40 punti più basso di quello italiano). Per Moody’s il risultato elettorale è positivo, perché prospetta una continuità nelle politiche fiscali ed economiche che alla fine dell’anno potrebbe far recuperare ad Atene l’investment grade che ha perso 12 anni fa alla vigilia del default.
Mitsotakis non ha pagato un prezzo elettorale né per lo scandalo delle intercettazioni a politici e giornalisti né per l’incidente ferroviario in cui a febbraio sono morte 57 persone, in gran parte studenti. Tutto è passato in second’ordine rispetto ai buoni risultati economici. Come aveva sintetizzato prima delle votazioni il Wall Street Journal, la Grecia ha quasi rotto l’eurozona nell’ultimo decennio e ora è una delle economie in più rapida crescita nell’unione monetaria. Naturalmente, il paese deve ancora recuperare molto terreno rispetto alla recessione più duratura e intensa che un’economia sviluppata abbia vissuto dal Dopoguerra, cui poi è seguita anche la crisi Covid: il pil è tuttora inferiore di circa il 20% rispetto al 2008 e il pil pro capite resta uno dei più bassi in Europa.
Ma l’economia greca è comunque una di quelle che sta uscendo meglio dalla pandemia. Il pil è cresciuto del 5,9% nel 2022 e le stime della Commissione europea prevedono un +2,4% quest’anno e +1,9% nel 2024. Il debito pubblico, che è il più alto d’Europa al 171%, è però quello che sta scendendo più rapidamente: 160% quest’anno e 154% nel 2024. Nel 2026 la Grecia avrà un debito pubblico più basso di quello dell’Italia: secondo i numeri dei Programmi di stabilità 2023-2026 presentati dai due paesi alla Commissione a inizio maggio, nel 2026 il debito greco scenderà al 135,2% del pil mentre quello italiano sarà fermo al 140,4%.
Con tre quarti del debito in mano alle istituzioni che hanno fornito i programmi di assistenza finanziaria durante la crisi, la Grecia non ha risentito molto del rialzo dei tassi e non ha visto crescere molto la spesa per il servizio del debito. Il confronto con l’Italia è emblematico: nonostante un livello molto più elevato del debito, la spesa per interessi di Atene è del 3% del pil nel 2023 ed è prevista scendere al 2,6% nel 2026; mentre la spesa per interessi dell’Italia è del 3,7% nel 2023 e salirà al 4,5% nel 2026. Questo si riflette nel saldo primario, il bilancio al netto degli interessi, che in Grecia è tornato in avanzo già nel 2022 e supererà il 2% dal 2024 (mentre l’Italia entrerà in territorio positivo solo nel 2024: +0,3%).
Lo stato di salute della finanza pubblica riflette la dinamicità dell’economia, in particolare del turismo che è pari al 20% del pil, ma in generale degli investimenti che sono passati da una media annuale dello 0,7% nel periodo 2014-2018 a una media del 7,7% nel 2019- 2022. “La Grecia è una storia economica eccezionale” ha commentato Filippo Taddei, senior economist di Goldman Sachs per l’Europa meridionale. Ci sono ancora ferite aperte e cicatrici visibili della crisi, i salari sono bassi (ma in crescita) e la povertà è alta (ma in calo).
La traiettoria è però quella di un ritorno alla normalità. Che dal punto di vista politico si è manifestato in una crescita all’11,5% del Pasok, lo storico partito socialista ellenico che era quasi sparito con la crisi economica e che, dopo il collasso di Syriza, tra un mese potrebbe riprendersi il ruolo di seconda forza politica del paese. Altro segnale che va nella stessa direzione è il flop di Yanis Varoufakis, il ministro delle Finanze di Tsipras che voleva portare la Grecia fuori dall’euro e che ora è fuori dal Parlamento greco per non aver superato la soglia di sbarramento del 3%.
Un’altra conseguenza di questa scossa di assestamento riguarda la politica internazionale: in un paese culturalmente ed economicamente molto vicino alla Russia, il premier Mitsotakis ha tenuto una posizione comune all’Ue e alla Nato di sostegno all’Ucraina, mentre Tsipras è contrario all’invio di armi come la maggioranza della popolazione. Se in Grecia non si è aperta una crepa nel fronte occidentale è grazie all’economia che cresce. Il contrario della destabilizzazione a cui puntava Putin attraverso l’arma del gas.
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