la strategia
Mosca spiega le incursioni a Belgorod con la sbornia di Bakhmut
Nella regione russa è entrato in vigore il regime antiterrorismo, il Cremlino promette di catturare i sabotatori e per giustificare le falle al confine dice che si tratta di una ritorsione
La propaganda racconta che la conquista della città devastata è pari alla liberazione di Berlino dai nazisti. L'ossessione di Putin per il posto che i russi chiamano Artemovsk lo ha portato a sopportare anche gli affronti di Prigozhin. Racconto della strategia ucraina e dei sabotaggi in Russia
Tutto in queste ore in Russia ruota attorno a Bakhmut, anzi ad Artemovsk, secondo il nome con cui i russi chiamano la città ucraina fantasma, assediata per sette mesi, svuotata, bombardata, catturata a metà. I russi hanno raggiunto il centro, gli ucraini sono rimasti attorno e promettono di accerchiare gli uomini di Mosca: la missione è complessa. Bakhmut è un trofeo, che i russi hanno pagato a caro prezzo, e gli ucraini, a caro prezzo anche loro, hanno usato l’ossessione di Mosca per logorare i suoi soldati. Lo avevano già fatto a Mariupol, continuando a lottare con missioni eroiche per una città molto più strategica, ma ormai tagliata fuori da tutto e appesa al simbolo di cunicoli e fuoco del suo impianto di acciaierie Azovstal. Bakhmut ha meno simboli e più distruzione e soprattutto nelle battaglie corpo a corpo della città nella regione di Donetsk si combatteva anche un altro corpo a corpo: quello politico tra Evgeni Prigozhin e il ministro della Difesa Sergei Shoigu. E’ stato Prigozhin ad annunciare la presa della città, ha fatto sua l’ossessione del Cremlino, ma adesso ha altri programmi: il 25 maggio, ha annunciato, lui e il suo gruppo di mercenari lasceranno la postazione all’esercito regolare. Sarà Shoigu a vedersela con i bombardamenti ucraini, sarà Shoigu che dovrà tenere Bakhmut.
Di là dal confine, in Russia, il governatore di Belgorod ha detto ieri che la sua regione è stata bombardata e un gruppo di sabotatori ha cercato di fare irruzione dal confine ucraino. Negli scontri sono rimaste ferite quattro persone, il Cremlino ha fatto sapere che nella regione è stato instaurato il regime antiterrorismo e che l’obiettivo dei sabotatori era vendicare la cattura di Bakhmut. Prigozhin, meno conciliante del Cremlino, ha commentato con una sola domanda: dov’erano i soldati russi? Più di una volta quei confini armati hanno dimostrato di essere penetrabili, la Russia non sa controllarli, prima della guerra non c’era bisogno, non ha abbastanza guardie di frontiera, non ha un sistema efficiente. Ma ieri era ancora il giorno dei festeggiamenti, dei ringraziamenti, che Vladimir Putin ha eseguito in un ordine ben preciso: prima ha detto grazie alla Wagner di Prigozhin, poi ai soldati regolari del suo ministro. Per prendere Bakhmut anche la leadership russa si è fatta meno unita, ma l’ossessione, in questo caso, per Putin valeva più della fedeltà. Così ha sopportato anche di essere chiamato “nonno” da Prigozhin in video che sono rimbalzati sui canali telegram, che i russi usano molto per informarsi: in tantissimi avranno visto il capo della Wagner parlare del “nonno”, l’epiteto che i russi usano per riferirsi a Putin in modo non lusinghiero.
La Russia cercava Artemovsk e l’ha avuta dopo sette mesi, gli ucraini avrebbero potuto lasciargliela prima e risparmiare molti uomini, ma hanno usato la fissazione militare e anche linguistica del Cremlino: fino al 2016 anche gli ucraini usavano il nome sovietico per riferirsi a Bakhmut, come Dnipro si chiamava Dnipropetrovsk e a questi voltafaccia il Cremlino fa caso nella sua guerra punitiva. Sono anche queste punizioni storiche ad avere insegnato agli ucraini a prevedere le mosse di Mosca, per la quale la Bakhmut di oggi è la Berlino di ieri. Così ha raccontato la televisione di stato. A mezzogiorno di domenica, il telegiornale del primo canale tuonava: “Vittoria! Artemovsk è nostra! Probabilmente è così che si sentivano i nostri nonni a Berlino. Siamo qui a proteggere la madrepatria. Stiamo facendo un buon lavoro. Stiamo combattendo il neofascismo”.
Il valore di Bakhmut oggi e di Berlino liberata dal nazismo nel 1945 non è comparabile, ma la Russia che non si basta mai si accontenta invece di una città poco strategica e la compara alla capitale del nazismo. Impegnato a rincorrere la storia, il Cremlino ne ha perso il senso.