la strategia
L'Algeria è più vicina della Tunisia ai Brics. Ricatti sul Mediterraneo
Algeri punta all'appoggio dell'alleanza dei paesi in via di sviluppo. E anche a Tunisi l'iscrizione fa gola (in chiave anti occidentale e alternativa al Fondo monetario internazionale)
Con Algeria e Tunisia, i Brics stanno per affacciarsi sul Mediterraneo? L’Algeria aveva fatto richiesta di adesione il 7 novembre, dopo che il presidente Abdelmadjid Tebboune era stato invitato a parlare al vertice virtuale tenutosi in Cina lo scorso giugno. Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, aveva detto che la Russia è favorevole, e anche la Cina aveva manifestato subito il suo appoggio. “L’adesione ai Brics renderà l'Algeria più forte economicamente”, ha detto Tebboune in un'intervista ad al Jazeera ad aprile, aggiungendo che il paese potrebbe prima aderire all’organizzazione come stato osservatore. “L’Algeria soddisfa ampiamente le condizioni economiche per l’adesione”, ha detto, ma l'economia algerina, poco diversificata, è troppo dipendente dagli idrocarburi, e il suo pil di 174,2 miliardi di dollari nel 2021 è appena la metà rispetto ai 353,26 del Sudafrica, che è il più piccolo dei Brics. “Quando il nostro prodotto interno lordo supererà i 200 miliardi di dollari, potremo dire che siamo vicini all’adesione ai Brics”, ha ammesso Tebboune, che si aspetta che l’Algeria raggiunga quella cifra nel 2023. L’Fmi gli darebbe credito.
L’Algeria, i cui legami con Mosca sono storici, ha ricevuto Lavrov nel maggio del 2022, tre mesi dopo l’inizio dell’attacco russo all’Ucraina. Tebboune avrebbe dovuto recarsi in Russia nel dicembre 2022, ma è stata rinviata alla fine di questo mese: alcuni hanno visto il rinvio come il risultato delle pressioni esercitate dalle potenze occidentali su Algeri. Ma ancora nel febbraio scorso, l’Algeria era uno dei 32 paesi che si sono astenuti durante il voto non vincolante all’Onu per il ritiro immediato delle truppe russe dall’Ucraina. La Russia è ancora il principale fornitore di armi dell’Algeria.
Per la Tunisia, si tratta invece più di un pettegolezzo. Mahmoud bin Mabrouk, portavoce del Movimento 25 luglio che è tra le formazioni politiche che sostengono il presidente Kaïs Saïed, ha manifestato un interesse ai Brics ad aprile, ma non ha alcun incarico ufficiale. Secondo molti analisti, sarebbe stato un tentativo di forzare la mano all’occidente, visto che un prestito da 1,9 miliardi in negoziazione con il Fmi è ancora in alto mare e i fondi europei sono stati bloccati, in attesa di garanzie che non riguardano soltanto la gestione dell’economia, ma anche la democraticità delle istituzioni. “Non accetteremo diktat o interferenze negli affari interni tunisini”, ha dichiarato Mabrouk facendo riferimento alle trattative con l’Fmi. “Stiamo negoziando i termini, ma ci rifiutiamo di ricevere istruzioni e di piegarci all’agenda dell’Ue”. Ha evocato i Brics come “un’alternativa politica, economica e finanziaria che permetterà alla Tunisia di aprirsi al nuovo mondo”. Anche Saied ha ripetutamente denunciato i “diktat stranieri”. Ma secondo molti la Tunisia è per ora troppo instabile e troppo legata all’occidente perché i Brics possano prendere sul serio una sua richiesta di affiliazione.
Creati nel 2001 come sigla descrittiva dall’economista Jim O’Neill, eretti in blocco geopolitico nel 2009, divenuti nel 2011 Brics con l’aggiunta del Sudafrica, dal 2014 hanno iniziato ad acquisire un contenuto politico virtualmente anti occidentale. Sia per continuare a includere la Russia di Vladimir Putin esclusa dal G8, sia per l’essersi dotati della New Development Bank che si pone come alternativa al Fmi e alla Banca mondiale. I Brics sono aperti a un ampliamento: il Sudafrica dice di aver ricevuto tredici domande formali e sei informali. Oltre all’Algeria è arrivata richiesta formale dall’Iran e dall’Argentina, mentre il “desiderio di aderire” è stato invece espresso da Turchia, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrein ed Egitto. I criteri precisi per la nuova adesione saranno rivelati durante il prossimo vertice in Sudafrica.