truffe negoziali

Eccola la pace di Xi per l'Ucraina: dividere l'Ue da Biden e regalare terre a Putin

L'emissario inviato da Xi Jinping a Kyiv ha viaggiato per oltre due settimane con una missione: convincere gli europei a rompere con gli americani e sposare l'idea cinese, e anche russa, di un cessate il fuoco in Ucraina

Micol Flammini

Il rappresentante di Pechino ha concluso il suo tour ed è venuto fuori che la Cina vuole le stesse cose di Mosca ma ci tiene ad apparire come una potenza ragionevole. Anche Putin gioca al discount della mediazione in un'area che non vuole perdere ma dalla quale non vuole problemi: il Nagorno-Karabakh

L’emissario cinese decorato da Vladimir Putin e inviato da Xi Jinping a Kyiv, poi nelle capitali europee e infine arrivato ieri a Mosca, ha viaggiato per oltre due settimane con una missione: convincere gli europei a rompere con gli americani e sposare l’idea cinese, e anche russa, di un cessate il fuoco immediato in Ucraina. Era partito, o almeno così ucraini, americani ed europei auspicavano, per trovare una mediazione, ma Li Hui, questo è il nome del rappresentante di Pechino, non cercava mediazioni, semmai nuove fratture. Secondo un’esclusiva del Wall Street Journal, Hui ha sollecitato l’Ue ad affermare la sua autonomia rispetto a Washington e ad aderire alla proposta di Pechino di lasciare a Mosca le zone dell’Ucraina che ha già occupato. Nel piano in dodici punti che la Cina aveva pubblicato lo scorso febbraio per far capire la sua posizione sulla guerra, si invitavano i paesi a rispettare “la sovranità nazionale”, lasciando lacunosa e irrisolta la definizione di sovranità dell’Ucraina: ieri sono sparite le ambiguità, per Pechino è legittimo lasciare alla Russia i territori presi con la violenza. Xi ha mandato il suo emissario più che a cercare la pace, a cercare le fratture, eppure a questo tour di Li Hui avevano provato a dare fiducia tutti, gli ucraini per primi.

 

In modalità ancora da definire, dovrebbe partire presto un altro viaggio che ha lo scopo di mediare tra Kyiv e Mosca, quello del presidente della Conferenza episcopale italiana, Matteo Zuppi, diretto verso la capitale ucraina. Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, si è lamentato della mancanza di una tappa a Mosca, ma ha lodato il “desiderio del Vaticano di promuovere la pace”. Lavrov sa che l’idea di pace del Cremlino è una: la resa di Kyiv, al di là della situazione sul campo di battaglia, e sa che l’interlocutore che meglio può capirlo è Xi Jinping, che ha mandato Li Hui per l’Ue con lo scopo di trovare una sponda antiamericana ed è stato respinto. Pechino non ha capito che il sostegno degli europei all’Ucraina non sarebbe arrivato fino a qui se avessero voluto un cessate il fuoco per lasciare a Mosca i territori strappati a forza. C’è una soglia di incomprensione profonda tra i due mondi, l’occidente da una parte  e la Russia e la Cina dall’altra, e Xi non l’ha capito. 

 

Pechino si è beata del suo ruolo di mediazione tra Arabia Saudita e Iran, ha fatto vedere al mondo di essere in grado di far parlare tra loro due inconciliabili. Anche Putin è impegnato in un tentativo simile per dare un segnale al mondo. Giovedì ha accolto al Cremlino il premier armeno Nikol Pashinyan e il presidente azero Ilham Aliyev: Armenia e Azerbaigian si fanno la guerra da più di trent’anni e il punto di massimo dolore è il Nagorno-Karabakh con trentamila vittime. Davanti a Putin, i due leader hanno fatto le loro rivendicazioni, intendersi è complicato, in tanti hanno provato a metterli attorno a un tavolo negoziale. Anche l’Unione europea ci ha provato e infatti, l’attivismo diplomatico di Putin, dopo decenni di scarso interesse per la pace, si è fatto intenso. Pashinyan e Aliyev sono usciti dal Cremlino corrucciati ma dicendo che ci sono possibilità per un negoziato. Il Cremlino cerca un successo diplomatico per tre motivi: per far vedere che Putin promuove la pace, tifa la pace, stabilizza; per non perdere la sua centralità nelle sue zone di interesse come il Caucaso e per non doversi più occupare dell’Armenia, che vuole essere difesa dai russi. La pace conveniente che Putin cerca tra armeni e azeri serve anche a liberare risorse da usare in Ucraina, mentre i mediatori di Xi cercano di dividere gli europei dagli americani. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)