(foto EPA)

Il caso

Si sente già aria di elezioni europee, e iniziano le “pause” sul Green deal

David Carretta

Dalle “case green” alla biodiversità, passando per la riforma del mercato elettrico, si moltiplicano i pericoli di incidenti in un Parlamento europeo in scadenza, dove la “maggioranza Ursula” è sempre meno coesa

Bruxelles. Le campagne elettorali non sono mai un buon momento per approvare riforme dolorose e quella per il rinnovo del Parlamento europeo nel giugno del 2024 non fa eccezione. La vittima predestinata sono alcuni dei provvedimenti necessari a completare il Green deal, la grande agenda climatica e ambientale diventata il marchio di fabbrica della Commissione presieduta da Ursula von der Leyen. A poco più di un anno dalle elezioni, anche se le campagne nazionali non sono ancora iniziate, sono state sparate le prime salve. Questa settimana è stato colpita la “Legge sul ripristino della natura”, presentata dalla Commissione nel giugno del 2022, che fissa l’obiettivo di riparare almeno il 20 per cento delle superfici terrestri e marine danneggiate entro il 2030. Al Parlamento europeo, la commissione Agricoltura e la commissione Pesca hanno rigettato la proposta di regolamento. I deputati del Partito popolare europeo e i liberali di Renew hanno votato insieme ai gruppi sovranista e di estrema destra per bocciare il provvedimento. La commissione Ambiente, che è la capofila ed è tradizionalmente pro clima, voterà il 15 giugno. La plenaria del Parlamento europeo dovrebbe esprimersi in luglio. Una bocciatura non è esclusa. Un’altra proposta per ridurre del 50 per cento l’uso di pesticidi chimici entro il 2030 rischia di fare la stessa fine. Se una parte consistente del Green deal è già legge, nei prossimi dodici mesi rimangono da negoziare e approvare decine di testi. Dalle “case green” alla biodiversità, passando per la riforma del mercato elettrico, si moltiplicano i pericoli di incidenti in un Parlamento europeo in scadenza, dove la “maggioranza Ursula” è sempre meno coesa.

 

I deputati alla ricerca di rielezione non sono gli unici irrequieti. Anche tra i governi c’è sempre più nervosismo sui costi del Green deal per cittadini e industrie. Il 12 maggio il presidente francese, Emmanuel Macron, ha chiesto una “pausa” sulla nuova regolamentazione europea nei settori ambientale e climatico (salvo precisare che parlava del futuro, non di ciò che è già stato approvato o proposto). Il premier belga, Alexander De Croo, gli ha fatto eco mercoledì, provocando le ire dei verdi, che fanno parte della sua coalizione. “Chiedo di premere pausa. Non sulla riduzione del CO2, ma su tutto ciò che non è legato al riscaldamento climatico”, ha detto De Croo, denunciando i costi troppo elevanti per industria e agricoltura della “Legge sul ripristino della natura”. La coalizione di Olaf Scholz in Germania si sta dilaniando per l’ostruzionismo dei liberali di Christian Lindner su una delle proposte faro dei verdi di Robert Habeck: vietare dal 2024 l’installazione di nuove caldaie a gas per sostituirle con pompe di calore. Lo stesso Lindner ha fatto bloccare l’adozione del nuovo regolamento dell’Ue sulle auto a zero emissioni per ottenere un’eccezione sui carburanti sintetici. La Fdp è tentata da un colpo di mano anche sulla direttiva dell'Ue sull’efficienza energetica degli immobili.

 

Sono state le elezioni provinciali nei Paesi Bassi del 15 marzo a frenare l’entusiasmo per il Green deal dei partiti e dei leader popolari e liberali di mezza Ue. Il Movimento dei contadini-cittadini, un nuovo partito nato sull’onda delle proteste degli allevatori contro il piano del governo dell’Aia di dimezzare le emissioni di azoto per rispettare la legislazione dell’Ue, è arrivato in testa e minaccia di destabilizzare la politica olandese. La Commissione è divisa su come reagire alle pressioni per ritirare la legge sul ripristino della natura o “schiacciare pausa”. Il vicepresidente Frans Timmermans, responsabile del Green deal, ha assicurato di voler andare fino in fondo. Ma, senza fare troppo rumore, alcune proposte sull’ambiente promesse dalla Commissione sono state rinviate. Una serie di provvedimenti su alimentazione e biodiversità è slittata da giugno a luglio. La revisione del regolamento Reach sui prodotti chimici è stata spostata a fine anno. La conferma di von der Leyen come presidente della Commissione passa anche dalla sua capacità di evitare l’implosione della sua maggioranza.

Di più su questi argomenti: