il discorso del sultano
Erdogan è ancora presidente: "Inizia il Secolo della Turchia"
Il terzo mandato del presidente inizia con parole aggressive, nazionaliste e identitarie. Ma metà del paese ha votato per la democrazia: "Continueremo a combattere contro questa dittatura", ha detto il leader dell'opposizione
Il discorso dal balcone di Recep Tayyip Erdoğan nella notte del primo ballottaggio della storia repubblicana della Turchia è il più aggressivo che abbia mai pronunciato. Il presidente uscente è stato riconfermato per la terza volta con il 52 per cento. Ha definito terrorista il leader curdo Selahattin Demirtaş, rinchiusto in una cella di tipo F in attesa di giudizio dal 4 novembre 2016, e dalla piazza i suoi fedelissimi in coro hanno gridato "Selo’ya idam": "Pena di morte per Selahattin Demirtaş".
Erdoğan ha iniziato il suo rituale discorso dal balcone tenuto nelle notti elettorali bollando ancora una volta l'opposizione come "terrorista", dopo aver detto che il leader curdo non sarà liberato finché sarà lui al potere.
“Le estensioni di Kandil non amano questa nazione”, ha detto il leader turco in riferimento all’opposizione da lui accusata di essere stata sostenuta in queste elezioni dal partito filocurdo considerato il braccio politico dell’organizzazione armata autonomista Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), che ha sede a Kandil nel nord Iraq.
Con al fianco il leader di estrema destra xenofoba Sinan Oğan e Zekeriya Yapıcıoğlu, leader dell’Hezbollah turco, curdo-sunnita, Hüda Par, Erdoğan ha salutato dal balcone del palazzo presidenziale di Beştepe la folla che lo acclamava.
Il presidente turco ha riproposto il suo copione con un registro retorico fortemente nazionalista e identitario: il recupero per la sua nazione alla grandezza imperiale del passato e il rafforzamento di un ritrovato ruolo geostrategico che ritiene spetti al suo paese. Ha esaltato la sua politica estera con il ritorno della Turchia alla centralità regionale e globale.
Ha di fatto aperto il suo nuovo quinquennio presidenziale col quale intende sgretolare la Repubblica laica fondata da Atatürk, invocando l’avvento di una “Nuova Turchia” con i suoi valori locali e nazionali di persone pie devote all’Islam sunnita e alla sua persona, con un decisivo ruolo di prestigio nella scena internazionale.
Ha evocato il “Türkiye Yüzyılı”, il Secolo della Turchia. Il 29 ottobre del 2023 si celebrerà il centenario della fondazione della Repubblica turca di Mustafa Kemal. Per tutto questo Erdoğan ha preferito l’alleanza con il nazionalismo estremo. La coalizione che presenta all’elettorato ha il nome di Cumhur İttifakı (Alleanza del popolo) ed è un fatto inedito il dato che sia la più radicale espressione del nazionalismo e dell’islamismo turco.
I valori occidentali, secondo il leader turco, sarebbero importati e non appartenenti alla tradizione turca e dunque dovrebbero essere soppiantati da quelli locali e nazionali, da valori locali che esaltano l’istituzione della famiglia tradizionale fino a criminalizzare il movimento Lgbtiq. Ma dovrà fare i conti con una opposizione che non è affatto rassegnata.
Erdoğan ha vinto, ma non ha stravinto. A festeggiarlo per primi sono stati Putin, i paesi arabi e Hamas. Poi sono arrivate le congratulazioni del suo amico presidente ungherese Victor Orbàn e quelle della Nato, di diversi leader europei e di Joe Biden.
Lo sfidante repubblicano, Kemal Kılıçdaroğlu ha ottenuto un buon risultato, per certi versi sorprendente. Mai un candidato dell’opposizione si era così avvicinato al livello del consenso dell’uomo forte della Turchia, diminuendo al secondo turno di quasi un punto il suo distacco dal presidente turco.
Quando ormai era evidente la sua sconfitta, Kılıçdaroğlu si è presentato nella sala stampa del suo quartier generale ad Ankara acclamato da una folta folla di militanti senza mostrare alcun segno di delusione e di frustrazione. Ha ringrazio i giovani e le donne che gli sono stati vicino e i 25 milioni di turchi che lo hanno votato. “Mi dispiace tanto perché so che fine ora farà questo paese. Ma vi prometto che non mi fermerò. Che andremo avanti, che continueremo a combattere contro questa dittatura che per vincere ha dovuto impiegare metodi illegali di un potere esorbitante”. Sono state migliaia le denunce di irregolarità piovute sul Consiglio elettorale supremo turco che ha il compito costituzionale di regolare e sovraintendere il processo elettorale.
Secondo tali denunce vi sarebbero state intimidazioni e aggressioni ai seggi contro osservatori di opposizione e denunce contro persone che hanno votato più volte.
Il repubblicano Kemal Kılıçdaroğlu ha guadagnato o tenuto, rispetto al primo turno in tutti i distretti del paese tranne che in quelli del sudest. Quel che ha pesato nel mancato successo di Kılıçdaroğlu sembrerebbe sia stato il calo della partecipazione al voto nelle province densamente popolate dai curdi. Il 6 per cento di elettori del sudest anatolico a maggioranza curda, corrispondente a 1 milione di voti, non si è recato alle urne rispetto al primo turno per sostenere Kemal Kılıçdaroğlu. Sembra che gli sia costata cara nella campagna elettorale, la mancanza di enfasi nel sostegno pur sincero della causa curda e il sostegno ricevuto dell’ultranazionalista e xenofobo Partito della Vittoria (Zafer Partisi).
Erdogan, che era in testa alla corsa al primo turno, ma che non era riuscito a superare il 50 per cento, è diventato il primo presidente nella storia del paese ad essere eletto tre volte di seguito, due delle quali nel sistema di governo presidenziale.
Dopo l'annuncio dei risultati ufficiali, Erdoğan, dovrebbe annunciare il suo nuovo gabinetto che dovrà affrontare difficili criticità economiche nel nuovo periodo.
Nei partiti di opposizione presto potrebbe iniziare la resa dei conti interna a causa della sconfitta nelle presidenziali e parlamentari.
La mappa del voto in Turchia
Sebbene ci siano stati cambiamenti parziali nei tassi di voto, rispetto al primo turno, non c'è stato alcun cambiamento nella mappa elettorale ad eccezione di Hatay.
Al primo turno, Kılıçdaroğlu era in vantaggio con un piccolo margine in questa provincia duramente colpita dal terremoto. Al secondo turno, Erdoğan ha concluso la gara in vantaggio anche in questa città.
Kılıçdaroğlu ha perso voti rispetto al primo turno solo in undici province dell’est e del sudest, tra cui Diyarbakır, Ağrı, Hakkari e Mardin.
I voti del nazionalista anti immigrati, Sinan Oğan, si sono distribuiti più o meno a metà tra le due parti. Il calo della partecipazione, di circa 3 punti, al voto sembra dunque aver giovato a favore del capo dello stato.
Erdoğan è risultato vincitore in dieci su undici province colpite dal terribile terremoto del 6 febbraio.
I prossimi cinque anni di Erdoğan al potere
La vittoria di stretta misura di Erdoğan non comporterà con ogni probabilità alcun cambio di rotta nella politica economica turca. Il presidente ha annunciato infatti che continuerà nella sua dottrina economica non ortodossa dei bassi tassi di interesse.
Dunque lo scenario più plausibile a cui potremmo assistere è quello di una politica interna ed estera sulla falsariga di quella praticata finora. È probabile che Erdoğan continuerà a contare su Russia e paesi del Golfo per poter sostenere il suo modello economico. Ma il rischio è che dopo le elezioni si apra una lunga fase di instabilità, nel settore economico, in politica interna ed estera. Il governo del dopo 28 maggio si troverà ad affrontare gli effetti negativi sulle casse dello stato, già a secco, dovuti alla politica della cosiddetta “spesa elettorale” messa in atto dal presidente per alleviare le sofferenze della popolazione in vista delle elezioni.
Era quasi impossibile battere l’uomo che mette in prigione i suoi oppositori, con il leader del terzo più grande partito del paese in carcere, con la società civile, con intellettuali e mondo accademico sotto costante minaccia. Era quasi impossibile battere l’uomo che controlla i media, la magistratura, che fa strame di ogni regola e diritto, che impiega le risorse finanziarie dello stato per rimanere al potere. Ma nonostante tutto la metà del paese si è espressa per la democrazia. Vorrebbe voltare pagina. L’opposizione nel paese sembra sempre più resiliente alla democrazia e disposta a continuare la sua coraggiosa lotta contro un nemico che diventa sempre più autocratico. Ecco perché l’Europa e l’Unione europea non possono dimenticare i democratici in Turchia.