A varsavia

L'idea putiniana di Kaczynski per colpire l'opposizione

Micol Flammini

La Polonia istituirà una commissione per indagare le influenze russe nella politica polacca a pochi mesi dalle elezioni. L'uso della paura di Mosca per colpire gli avversari ha soprattutto un bersaglio: Donald Tusk

Durante una conferenza stampa, un giornalista del canale polacco Tvn ha domandato al leader del principale partito della maggioranza PiS, Jaroslaw Kaczynski, se dopo il ritrovamento di un missile russo Kh-55 vicino a Bydgoszcz la fiducia nei confronti del ministro della Difesa, Mariusz Blaszczak, sia rimasta intatta. La notizia del ritrovamento  del Kh-55 aveva iniziato a diffondersi in  aprile, ma il missile sarebbe caduto in Polonia alla fine dello scorso anno e non sono arrivati chiarimenti esaustivi da parte del ministero di una nazione che confina con un paese in guerra e che quindi è costretta a delle misure di sicurezza più accurate rispetto al resto dell’Ue. La polemica è stata sedata in fretta, il missile non ha colpito nessuno, è finito in una foresta e alla domanda del giornalista di Tvn, Kaczynski ha risposto in modo conciso e sprezzante: lei è un rappresentante del Cremlino. Fine della discussione, fine dei chiarimenti, fine della responsabilità. Quella di Kaczynski non era una battuta, neppure un modo di troncare la discussione, era piuttosto la prima volta che veniva mossa un’accusa che in Polonia da ieri avrà delle conseguenze molto serie. La scorsa settimana il PiS, che governa dal 2015, ha proposto di istituire una commissione che indaghi sulle influenze russe in Polonia. Il Tribunale costituzionale polacco deve ancora approvare la legge, già firmata dal presidente  Andrzej Duda. L’opposizione sperava che il presidente si sarebbe opposto, che ispirato dal suo nuovo ruolo di protettore della democrazia ucraina, di  ospite entusiasta dei discorsi liberali  del presidente americano Joe Biden e  dell’ucraino Volodymyr Zelensky, sarebbe stato attento a sufficienza da capire che Kaczynski sa giocare in modo astuto  con la paura della Russia: ci ha costruito una carriera e parte dei suoi recenti successi elettorali. Invece Duda ha giustificato la sua scelta con la necessità di proteggere i cittadini, la nazione, le istituzioni e ha detto che commissioni simili si trovano in altri paesi europei e il premier, Mateusz Morawiecki, si consulterà con Bruxelles  per creare un organo che agisca in modo trasparente e onesto. 

 

Duda è stato soprannominato “il presidente penna”, per il suo atteggiamento acritico nei confronti del partito di governo e la legge è stata invece ribattezzata “legge Tusk”, perché a pochi, soprattutto nei banchi dell’opposizione polacca, è sfuggito che il vero obiettivo del governo è accusare l’ex presidente del Consiglio europeo ed ex premier, Donald Tusk, di essersi fatto influenzare dalla Russia durante i suoi mandati. Quando venerdì scorso Tusk è entrato in Parlamento, l’Aula stava discutendo proprio l’istituzione della commissione e quando i deputati del PiS lo hanno visto arrivare hanno gridato: “A Berlino! A Berlino!”. Kaczynski osservava la scena dal suo seggio, impassibile. Tusk è accusato di essere stato l’autore, assieme all’ex cancelliera Angela Merkel, di una politica filorussa, di apertura nei confronti di Mosca e che ha contribuito a infragilire le difese europee. La commissione avrà il compito di indagare quanto fatto nel passato e potrebbe avere il potere di rendere impossibile per l’opposizione di fare il suo lavoro. Il tempismo è importante: a ottobre in Polonia ci saranno le elezioni, il PiS è il favorito, ma potrebbe avere difficoltà a formare una coalizione, l’opposizione, seppur con molti distinguo, avrebbe invece parecchi motivi per unirsi, la commissione potrebbe mettere in cattiva luce i leader più carismatici, farli passare per pericolosi agenti di Mosca e impedire anche la campagna elettorale. 

 

L’aggettivo filorusso nella politica polacca è un’etichetta che fa paura. Varsavia è stata la prima tra i paesi europei a dichiarare il suo sostegno incondizionato all’Ucraina invasa da Putin, è stata tra i primi a rendersi indipendente dal gas russo, vive la minaccia di Mosca come qualcosa di vivo, vicino, persistente, asfissiante. I ricaschi di certe accuse nella politica polacca sono forti e se in pochi credono alla trasparenza della commissione, in molti ricordano invece come l’incidente aereo del 2009 in cui morì il presidente Lech Kaczynski, gemello di Jaroslaw, ispirò infinite  teorie del complotto e fomentò la paura delle minacce russe: l’aereo volava verso Katyn per commemorare la strage compiuta dai sovietici contro i polacchi  nel 1940 e tutte le perizie hanno accertato che si trattò di un incidente. 
Con la “legge Tusk”, il paese che più in Europa si proclama antirusso ha invece appena approvato la creazione di una commissione che ricorda i registri dei tempi sovietici per schedare gli oppositori, o le leggi contro gli agenti stranieri che Putin ha utilizzato per picconare l’opposizione e la società civile. Oltre a un problema costituzionale, la “legge Tusk” pone anche un problema  identitario: Kaczynski detesterà pure il Cremlino, ma per restare al potere ha proposto una legge che del Cremlino è degna. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)