garanzie per zelensky
Sul futuro della sicurezza Kyiv, Stati Uniti e Unione europea si invertono i ruoli
Von der Leyen e Macron al Globsec di Bratislava ragionano sulle garanzie da dare all’Ucraina durante il summit di Vilnius. Il modello Israele e la paura russa
Bruxelles. Al summit della Nato di Vilnius dell’11 e 12 luglio non ci sarà un accordo sull’ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza atlantica, ma il presidente Volodymyr Zelensky potrebbe tornare a Kyiv con garanzie di sicurezza più solide di quelle che gli Stati Uniti oggi forniscono a Israele. E’ necessario “dare all’Ucraina garanzie di sicurezza tangibili e credibili”, ha detto oggi il presidente francese, Emmanuel Macron, al Globsec di Bratislava: “Bisogna essere più ambiziosi di quanto siamo oggi” e includere Kyiv in “un’architettura (di sicurezza) credibile”. Per Macron, “è fuori discussione avere una sorta di memorandum di Budapest”, quello del 1994 che aveva convinto l’Ucraina a cedere l’arsenale nucleare in cambio di garanzie da Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Russia. “Non penso che sia sufficiente avere un pacchetto tipo Israele. Abbiamo bisogno di qualcosa di molto più sostanziale”, ha detto Macron: “Abbiamo almeno bisogno di un percorso verso la membership” alla Nato. In attesa della controffensiva, l’Unione europea non intende cedere alla tentazione di un cessate il fuoco. Le garanzie di sicurezza all’Ucraina servono a preparare il terreno per una pace duratura, scoraggiando la Russia da future aggressioni. Il silenzio dei leader europei sugli attacchi ucraini con i droni contro Mosca dimostra che l’Ue non ha più paura di Vladimir Putin.
Nel momento in cui i ministri degli Esteri della Nato si riuniscono a Oslo per preparare il summit dell’Alleanza atlantica di Vilnius, il discorso di Macron segna un ribaltamento dei ruoli tradizionali sulle garanzie di sicurezza all’Ucraina. Al summit Nato di Bucarest nel 2008 furono Francia e Germania a bloccare il piano di azione per l’adesione per l’Ucraina e la Georgia, che era sostenuto dagli Stati Uniti e dai paesi dell’est europeo. Anche oggi Polonia, baltici e nordici insistono sull’adesione alla Nato, ma a frenare è l’Amministrazione Biden, sempre prudente nel fare passi che potrebbero allargare il conflitto. Macron ha detto che ne discuterà la prossima settimana con il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, ma la Francia ha cambiato campo. “Non sono sicuro che avremo un consenso per la piena membership al summit di Vilnius. Ma penso che abbiamo bisogno di garanzie di sicurezza forti, concrete e tangibili”, ha spiegato Macron: “Dobbiamo costruire qualcosa tra la sicurezza fornita a Israele e una piena membership”. Le ragioni avanzate dal presidente francese sono due. “Oggi l’Ucraina protegge l’Europa e fornisce garanzie di sicurezza di fatto all’Europa: dobbiamo riconoscerlo”. E “l’Ucraina è dotata di talmente tanti armamenti che è nostro interesse includerla in un quadro multilaterale” di sicurezza.
Anche la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, al Globsec ha insistito sulla necessità di “garantire la sicurezza a lungo termine dell’Ucraina” per avere una pace duratura. “Ci sono diversi modelli ed esempi storici che possono essere utilizzati. Un certo numero di garanzie da parte di paesi che condividono gli stessi valori può fornire ciò che viene chiamato ‘deterrenza per negazione’”, ha spiegato von der Leyen. Concretamente significa armare a tal punto l’Ucraina da spingere la Russia ad avere paura di una sconfitta. Sia Macron sia von der Leyen hanno rigettato le sedicenti iniziative di pace che, nei fatti, costituirebbero una vittoria per la Russia. Implicitamente anche la mediazione della Cina. “Un cessate il fuoco che risulti in un conflitto congelato non porterà una pace duratura”, ha avvertito von der Leyen. Come nel 2014 dopo l’intervento russo nel Donbas, “un cessate il fuoco sarebbe intrinsecamente instabile e destabilizzerebbe la regione”, ha detto la presidente della Commissione: “Nessuno investirebbe o ricostruirebbe” l’Ucraina e la guerra “potrebbe scoppiare di nuovo in qualsiasi momento”.
Era stata l’Amministrazione Biden a far uscire sulla stampa l’ipotesi di un pacchetto stile Israele per l’Ucraina. Non c’è un trattato che obbliga gli Stati Uniti a intervenire in caso di aggressione contro Israele. Ma l’assistenza militare è talmente importante da scoraggiare il resto della regione a lanciare una guerra: l’ultimo accordo impegna gli Stati Uniti a fornire 38 miliardi di dollari di aiuti militari a Israele tra il 2019 e il 2028. Le resistenze americane sull’adesione dell’Ucraina trovano riscontro nelle dichiarazioni del segretario generale dell’Alleanza. Jens Stoltenberg continua a dire che “tutti gli alleati Nato concordano che la porta è aperta” e che un giorno “l’Ucraina diventerà un membro”, ma non è questo il momento. Oggi a Oslo i ministri degli Esteri discuteranno di un programma di assistenza pluriennale per avvicinare l’Ucraina alla Nato, passando agli standard e agli armamenti dell’Alleanza.
Il ribaltamento tra Stati Uniti ed Europa è percepibile anche dalle reazioni agli attacchi ucraini sul suolo russo. Dopo i droni che hanno colpito Mosca martedì, l’Amministrazione Biden ha ricordato che non sostiene “attacchi all’interno della Russia”. Il portavoce dell’Alto rappresentante, Josep Borrell, invece ha detto che Putin non deve usare l’attacco a Mosca come “pretesto”. Il ministro britannico degli Esteri, James Cleverly, è stato ancora più netto: Kyiv “ha il diritto di proiettare la forza oltre le sue frontiere per minare la capacità della Russia di proiettare la forza in Ucraina”. Il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitri Medvedev, ha risposto che i ministri britannici “possono essere considerati come un bersaglio militare legittimo”. Nel frattempo oggi una raffineria di petrolio nella regione russa di Krasnodar è stata colpita, così come la città di Shebekino nella regione frontaliera di Belgorod. Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha definito “preoccupante” la situazione e lamentato che non c’è stata “nemmeno una parola di condanna dall’occidente”.
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