Ma quale "onda nera", è il centrodestra popolare che avanza in Europa

Luciano Capone

In Grecia trionfa Mitsotakis, in Spagna vince Feijóo, in Germania la Cdu è di nuovo primo partito. Non c'è alcuna avanzata della destra radicale e anti-sistema, ma un grande ritorno dei partiti moderati che si riconoscono nel Ppe

In molte analisi del voto, la sconfitta  alle amministrative del Pd è stata attribuita al “vento della destra” che spira sull’Europa o addirittura a un’“onda nera” che si è abbattuta sul Vecchio continente. La realtà è molto diversa da questa descrizione, o meglio, bisogna intendersi di quale destra si parla. Perché non c’è alcuna grande avanzata delle forze di destra sovraniste e antieuropeiste, quelle che hanno caratterizzato la reazione alla grande crisi dell’ultimo decennio. Stiamo, invece, assistendo a un grande ritorno del centrodestra moderato, dei partiti della destra istituzionale che si riconoscono nel Ppe.

 

Il segnale più importante è arrivato nelle settimane scorse dalla Grecia, il paese più colpito dalla crisi del 2011 in poi, dove ha trionfato con il 41% dei voti il premier uscente Kyriakos Mitsotakis, molto in sintonia con Bruxelles e leader di Nea Dimokratia, uno dei due storici pilastri del bipolarismo greco. Analogamente, in Spagna ha vinto il Partido Popular, che ha come leader un politico moderato e di lungo corso come Alberto Núñez Feijóo: il Pp ha incrementato i consensi e superato il Psoe del dimissionario premier Pedro Sánchez convincendo gli elettori centristi e prosciugando Ciudadanos, il partito liberaldemocratico nato negli anni della crisi che non si presenterà neppure alle prossime elezioni politiche di luglio. In Germania, analogamente, dopo il tonfo storico alle elezioni del 2021 del dopo Merkel, la Cdu nei sondaggi è tornata a essere stabilmente il primo partito del paese, attorno al 30%, e lo scorso aprile è riuscita a nominare il sindaco di Berlino dopo che la capitale è stata in mano all’Spd per oltre 20 anni.

 

Anche sul lato della sinistra, i grandi sconfitti sono i partiti più radicali nati con la crisi socio-economia. In Grecia Syriza, il partito dell’ex premier Alexis Tsipras, ha subìto un tracollo e ora rischia addirittura di perdere anche il ruolo di principale forza di opposizione; Yanis Varoufakis, il ministro delle Finanze che voleva condurre la Grecia fuori dall’euro, è rimasto addirittura fuori dal Parlamento. In Spagna Podemos, il partito nato dal movimento degli Indignados, si è sbriciolato ed è costretto a entrare in un cartello con altre forze di sinistra per non sparire. Di contro, i partiti della sinistra tradizionale, come il Psoe in Spagna e il Pasok in Grecia, pur nella sconfitta si sono rafforzati.

 

Sicuramente in Europa ci sono anche forze di estrema destra in ascesa, ma in nessun paese sono in grado di prendere il potere o di sopravanzare la destra tradizionale com’era negli obiettivi iniziali. Dove i partiti di destra radicale sono anti sistema o ambigui rispetto all’Europa e, soprattutto, manifestano ancora simpatie o giustificazioni per la Russia di Putin, non hanno speranze di arrivare al governo: Le Pen in Francia ha perso, AfD in Germania sebbene in crescita è esclusa da ogni possibile alleanza. In altre circostanze, i partiti di estrema destra che si sono stabilizzati puntano a essere integrate nel sistema in una posizione ancillare rispetto al centrodestra tradizionale: Vox in Spagna si offre per un’alleanza col Pp; in Svezia la destra dà un appoggio esterno al premier dei Moderati. Questo ovviamente ha un impatto sull’agenda dei governi, più spostata a destra. Ma in generale si assiste a una specie di riflusso dell’onda populista che pochi anni fa minacciava di smantellare l’eurozona e l’Ue.

 

L’Italia è un’anomalia. Con un partito come Forza Italia, sclerotizzato e irriformabile, gli elettori si sono definitivamente mossi verso altri partiti: prima la Lega di Matteo Salvini (nella fase dell’onda populista) e poi FdI di Giorgia Meloni (in quella di riflusso). Ora però Meloni si trova a metà del guado, al vertice di un partito che viene dall’estrema destra e che punta a rappresentare tutto il centrodestra. Dalle sue prossime scelte dipenderanno anche gli equilibri europei. Perché più che un’alleanza tra popolari e conservatori, che difficilmente avrebbe i numeri e comunque sarebbe problematica per la presenza del PiS polacco, è probabile che il Ppe possa aprire le porte a partiti conservatori come FdI e il partito del premier ceco Petr Fiala. Ma l’attraversamento del guado presuppone un taglio netto e visibile di Meloni con il suo passato. 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali