In Ucraina
La catastrofe della diga di Nova Kakhovka va ben oltre le sorti della guerra
La distruzione della barriera che tratteneva 18 miliardi di metri cubi d'acqua è un disastro difficilmente gestibile utilizzato dalle forze russe per limitare l'avanzata ucraina. Le criticità affiorano non solo di fronte all'allagamento di un teatro di guerra ma anche ai depositi di isotopi radiottivi nel bacino idrico
Il 20 ottobre dell’anno scorso, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky avvertiva che le forze russe avevano minato la grande diga di Nova Kakhovka, sul fiume Dnipro. Se l’avessero fatta saltare, proprio quando le sue forze stavano riconquistando parti importanti della regione, le comunità lungo il fiume a valle, inclusa la città di Kherson, sarebbero state inondate. I russi, per contro, sostenevano che la diga era oggetto di bombardamenti da parte degli ucraini. Comunque sia, la diga ora è saltata e l’acqua se la porta rapidamente via a valle. Il fiume Dnipro è dove l’Ucraina ha il suo maggiore stoccaggio di acqua. Sei grandi bacini artificiali formavano una cascata per trattenere oltre quaranta miliardi di metri cubi, tre volte l’intero stoccaggio idrico italiano. Si comincia con il primo grande lago sopra Kyiv, creato dalla diga idroelettrica della città, che nei primi giorni della guerra fu oggetto di combattimento. A sud della capitale si sviluppano poi gli altri cinque bacini: Kaniv, l’enorme Kremenchuk, Kamianske, Dniper, e, fino a ora appunto, il grande bacino di Kakhovka. Date le dimensioni di quest’ultimo, i tempi per evacuare le persone e mettere in salvo le cose sono ristretti. Attraverso la grande falla è già passata un’enorme quantità di acqua. Le notizie sono per ora limitate, ma per mettere le cose in prospettiva, secondo la regione Emilia-Romagna, la zona più colpita dall’alluvione in Romagna ha raccolto circa 350 milioni di metri cubi d’acqua in poco meno di due giorni. La diga di Nova-Kakhovka tratteneva 18 miliardi di metri cubi di acqua, cinquanta volte tanto, il cui rilascio si sta compiendo in poche ore. Un disastro difficilmente gestibile, per di più in un teatro di guerra.
L’articolo 56 del protocollo aggiuntivo del 1977 alla Convenzione di Ginevra del 1949 identifica come crimine di guerra la distruzione di un’infrastruttura come questa. Si tratta di una tattica che ricorre nella storia militare europea. Molti hanno notato l’analogia con il 1941, quando le truppe sovietiche fecero saltare la diga Dnieprostroj, sempre sul fiume Dnipro a monte della Nova Kakhovka di oggi. Stalin decise di sacrificare una chiave di volta dell’economia regionale, un monumento all’industrializzazione leninista, per impedire l’avanzata delle truppe tedesche di Hitler. Ma non fu l’unico caso. Basti pensare al fiume Yser durante la Prima Guerra Mondiale, dove nell’ottobre del 1914 i belgi fecero saltare le chiuse alla costa di Nieuwpoort per allagare le piane del fiume e impedire il passaggio ai tedeschi invasori. O agli eventi del 1574, quando Guglielmo d’Orange fece saltare le barriere del fiume Mosa, lasciando che il mare inondasse la piana per salvare Leida dall’assedio spagnolo. Machiavelli stesso tenta, senza successo, di usare l’Arno come arma nella guerra contro i pisani. La trasformazione del territorio per mezzo dell’acqua è una tattica con una lunga storia, dalla quale discende la preoccupazione di farne, appunto, un crimine di guerra.
E’ plausibile immaginare, anche se non è confermato, che la distruzione della diga di Nova Kakhovka oggi sia stata un simile tentativo russo di limitare l’avanzata delle forze ucraine nella regione. I russi si erano già ritirati sulla sponda sinistra e nei giornali erano comparse notizie di forze speciali ucraine oltre il fiume. Con il collasso della diga, la situazione operativa cambia, e il territorio allagato di fatto impedisce un’avanzata di massa. Ma il problema creato non si limita alla tattica militare. Le conseguenze di questo crimine saranno evidenti per anni. Il bacino di Kakhovka era uno stoccaggio essenziale per l’agricoltura, oltre che un’infrastruttura essenziale di trasporto per molti prodotti. Alimentava il più grande complesso irriguo d’Europa attraverso il canale Kakhovka che porta acqua a quattro sistemi nelle regioni di Kherson e Zaporizhzhia, innervati da canalizzazioni secondarie di oltre 1.600 chilometri. Il bacino era pure la fonte per il canale della Crimea del nord, l’arteria che tiene in vita l’agricoltura nella penisola contesa dal 2014. Il fallimento di tutto questo sistema agricolo è inevitabile da quest’estate. Si manifesterà nei prezzi del grano in autunno, quando la produzione di migliaia di ettari normalmente attivi mancheranno all’appello. Gli effetti continueranno per anni mentre la zona deve riconfigurarsi per una nuova gestione idrica o mentre la diga è ricostruita. Prepariamoci a ulteriori problemi di approvvigionamento di cereali per quelle parti del mondo che dall’inizio del conflitto si sono scoperte vulnerabili e in preda alla fame, come il Corno d’Africa.
C’è poi un altro tema, poco discusso ora ma che potrebbe diventare una criticità. Il disastro di Chernobyl nel 1986 aveva prodotto una quantità enorme di isotopi radioattivi. Al tempo, a seguito delle piogge, grandi quantità di radio-cesio e radio-stronzio si erano depositate nei vari bacini del fiume Dnipro. Sappiamo anche che poco più del 40 per cento di ciò che è entrato nel sistema del fiume tra il 1987 e il 1993 ha poi raggiunto il Mar Nero. Questo implica che molto di quel materiale si sia depositato sul fondo dei bacini artificiali. L’accumulo più importante fu ovviamente a nord, nel bacino di Kyiv, ma non si può escludere che in parte sia finito anche nei sedimenti a valle, incluso nel Kakhovka. Se tutto questo non bastasse, allagare un teatro di guerra pieno di munizioni e materiale bellico, la cui decomposizione rilascerà nell’acqua metalli pesanti ed esplosivi tossici che entreranno nel sistema di canalizzazione, deteriorerà la qualità dell’acqua utilizzata per irrigare prodotti che, prima o poi, finiranno nei mercati di tutto il mondo. La distruzione della diga di Nova Kakhovka rappresenta un momento significativo, quindi. Non riflette solo un nuovo livello di disperazione, dove si scorge la volontà di compromettere in maniera esistenziale il territorio conteso pur di congelarne il conflitto. Si tratta anche di una escalation per il suo impatto. Solo nei prossimi mesi scopriremo quali siano i problemi resuscitati da quella tomba di sedimenti nella quale erano stati seppelliti. Ma qualsiasi problema si trovi, c’è una triste garanzia: le conseguenze di questo conflitto insensato, partorito dalla mente di un dittatore, continueranno per anni a produrre cicatrici dolorose con echi in tutto il mondo.