La diga e Putin che risponde con una mossa molto distruttiva e poco sensata alla controffensiva di Kyiv
L'inondazione dell'Ucraina meridionale che affaccia sul delta del fiume Dnipro. A Nova Kakhovka è andato in scena un attacco di panico da controffensiva: la diga e tutte le tracce russe
Quando Vladimir Putin ha ordinato l’invasione totale dell’Ucraina quindici mesi fa, aveva alcuni obiettivi deliranti come “rirussificarla” e liberarla da un “governo di nazisti”, ma ne aveva anche uno molto concreto: prendere il controllo della diga di Nova Kakhovka. La diga che da ieri mattina non esiste più – è sommersa da quasi dieci metri d’acqua e non può essere riparata – era strategica perché regolava il flusso di acqua potabile verso la Crimea occupata dal 2014. Il canale che porta l’acqua nella penisola comincia in corrispondenza della piena della diga e quella barriera di cemento messa a fermare il flusso naturale del fiume garantiva la pressione nei tributari fino ai campi e alle case dei crimeani. In quindici mesi le priorità di Mosca sono cambiate e, tra la guerra di aggressione che non va come previsto e la guerra in casa fatta di incursioni a Belgorod, scontri interni alla cerchia di Putin e droni contro la capitale, i rubinetti della Crimea non sono più in cima ai pensieri del Cremlino. Ieri mattina la Russia ha risposto con una mossa molto distruttiva e poco sensata alla controffensiva di Kyiv appena cominciata.
Il picco dell’inondazione della porzione di Ucraina meridionale che si affaccia sul delta del fiume Dnipro è previsto per questa mattina, ieri c’erano dei cigni che nuotavano nella piazza centrale di Nova Kakhovka, che è sommersa. E’ un disastro che infligge danni lentamente ed è troppo presto per quantificare quelli alle persone, alle cose, all’ambiente e agli animali, ma ci sono isole abitate finite completamente sott’acqua, nei video dal campo si vedono delle casette di legno navigare in mezzo al fiume, le mine galleggianti per difendere la costa che esplodono sotto la pressione dell’acqua, i cani sui tetti, e si sentono i versi degli animali nelle gabbie dello zoo che affogano. Anche se le cause della distruzione non sono state stabilite con certezza scientifica, che a inondare di acqua color cioccolato e fango decine di villaggi ucraini mettendo a rischio sedicimila persone sia stata Kyiv non è un’ipotesi credibile. Gli ucraini si difendono strenuamente dai russi sul proprio territorio e portano avanti attacchi anche a casa del nemico secondo una logica di deterrenza brutale, ma non hanno mai distrutto intenzionalmente un pezzo del proprio paese e le vite, le case, gli animali, le automobili degli ucraini che lo abitano. I russi avevano minato la diga e ne avevano fatto saltare in aria un pezzo una prima volta già lo scorso inverno, di quell’esplosione abbiamo i filmati registrati dalle telecamere a circuito chiuso e sappiamo che si era trattato di una detonazione dall’interno, non di un proiettile che ha colpito la struttura dall’esterno – come sostenevano i russi allora per incolpare gli ucraini e come sostengono anche oggi.
Kyiv vuole liberare le zone del sud occupate e non ha alcun interesse a rendere questo processo più complicato allontanandole di un po’ dal raggio di azione della propria artiglieria come effetto dell’ispessimento del fiume o a distruggerle. Da Mariupol a Bakhmut, Mosca, invece, ha dimostrato di non avere nessuna remora alla distruzione dell’Ucraina e degli ucraini.
La diga era stata minata dai russi perché, dopo il loro ritiro da Kherson a novembre, la sponda nord del fiume era di nuovo sotto il controllo ucraino e la diga, che funziona anche da ponte, era rimasta l’ultimo punto di collegamento fra i due eserciti nemici, quindi – dal punto di vista di Mosca – andava fatta saltare in caso i soldati di Kyiv avessero provato ad avanzare ancora. La diga è esplosa proprio quarantotto ore dopo i primi movimenti della controffensiva ucraina.
La spiegazione molto plausibile del disastro ancora in corso è che Mosca sia andata in paranoia rispetto al contrattacco che ha appena iniziato a subire e abbia fretta di rendere quella zona della regione di Kherson impenetrabile agli ucraini (almeno per un po’) a causa dell’inondazione, per poter spostare un po’ di soldati che la proteggevano a rafforzare le proprie difese nel Donetsk dove i carri armati di Kyiv stanno già premendo.
Mosca ha sacrificato uno dei pochi obiettivi raggiunti in questa guerra – il controllo dell’infrastruttura che garantiva acqua potabile ai cittadini della Crimea – e ha allagato soprattutto i propri soldati di occupazione e i civili ucraini che dopo i referendum farsa finge di considerare cittadini propri, perché la sponda del fiume controllata da Mosca è quasi al livello del fiume mentre quella controllata da Kyiv è rialzata: la distruzione riguarda principalmente la prima.
Putin è molto bravo a distruggere e poco a costruire e il danno autoinflitto è anche quasi inutile: gli analisti militari hanno ricordato che solo dei piccoli diversivi sarebbero potuti arrivare dagli incursori di Kyiv in gommone sul Dnipro, ma che quella sull’acqua non è mai stata credibile come direttrice della controffensiva.
Ieri sera fonti americane hanno detto alla Nbc che l’Amministrazione Biden ha informazioni rilevanti sul fatto che dietro all’esplosione della diga ci siano i russi e presto potrebbe renderle pubbliche.
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