Il colloquio
La Russia è come “la peste”, ci dice il viceministro ucraino Kachka
"Putin vuole vuole distruggere tutto". Il rappresentante del Commercio dell’Ucraina è a Bruxelles per discutere del blocco del grano imposto da Polonia e Ungheria, Slovacchia e Bulgaria. La distruzione della diga complica ancora di più il quadro. L’impatto “multidimensionale”
L’attacco di ieri contro la diga di Kakhovka dimostra che la Russia è come “la peste”, “non ha alcun interesse per gli ucraini e l’Ucraina”, ma “vuole semplicemente distruggere tutto e fare più danni possibili”. A parlare è Taras Kachka, rappresentante per il Commercio dell’Ucraina e viceministro dell’Economia, di passaggio nella capitale europea per il contenzioso sulla decisione di Polonia, Ungheria, Slovacchia e Bulgaria di vietare le importazioni di grano e altri prodotti agricoli ucraini per proteggere i loro agricoltori. La conversazione con il Foglio avviene in mattinata, nella hall di un hotel di Bruxelles, dove alcuni giornalisti ucraini guardano con stupore e disperazione sul loro telefonino le prime immagini della diga distrutta e dei villaggi sott’acqua. “Questa è una delle più grandi catastrofi ambientali da decenni”, spiega Kachka: “Ci saranno danni enormi”. La priorità sono le 18 mila persone che vivono nei villaggi inondati, ma “l’impatto sarà multidimensionale”: dall’irrigazione del sud dell’Ucraina alle forniture di acqua potabile per la Crimea, passando per la centrale nucleare di Zaporizhzhia. Pur di non perdere la sua guerra, la Russia è pronta a “danneggiare tutto sul territorio ucraino. Perfino quello che era stato costruito e sviluppato nell’èra sovietica”, dice Kachka.
L’Unione europea ha condannato con fermezza l’attacco alla diga di Kakhovka. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha accusato la Russia di “un crimine di guerra” e ha annunciato che la questione sarà discussa al vertice dei capi di stato e di governo del 29 e 30 giugno. Secondo l’Alto rappresentante, Josep Borrell, è stato un attacco “di livello senza precedenti” contro infrastrutture civili critiche ucraine, che “rappresenta una nuova dimensione delle atrocità russe e può costituire una violazione del diritto internazionale”. Il viceministro Kachka spiega al Foglio che la distruzione della diga e le sue conseguenze dimostrano che la Russia non può essere considerata “razionale”. Vladimir Putin è disposto a tutto, perfino a compromettere le forniture di acqua potabile alla Crimea, che lui considera russa. Lo stesso vale per le ripercussioni della centrale di Zaporizhzhia, dato che in caso di incidente la stessa Russia – oltre ai territori occupati in Ucraina – si troverebbe in prima linea. Alcuni a Bruxelles temono che l’attacco a Kakhovka potrebbe essere il preludio di ciò che Putin è pronto a fare proprio nella centrale di Zaporizhzhia.
La missione a Bruxelles di Kachka aveva tutt’altro obiettivo. Il rappresentante del Commercio dell’Ucraina è arrivato a Bruxelles per discutere del blocco del grano imposto da Polonia, Ungheria, Slovacchia e Bulgaria. Il 15 aprile il governo di Varsavia è stato il primo a decidere, con una misura unilaterale contraria al diritto europeo, di vietare l’ingresso di cereali e altri prodotti agricoli dall’Ucraina per proteggere i propri agricoltori. L’Ungheria, la Slovacchia e la Bulgaria l’hanno seguita. Grazie alle “corsie di solidarietà” introdotte dall’Ue per permettere a Kyiv di esportare via terra, aggirando così il blocco del Mar Nero, le importazioni di grano nei paesi dell’est confinanti sono aumentate in modo significativo. In autunno i polacchi andranno alle elezioni e gli agricoltori costituiscono una parte importante della base elettorale del partito Legge e Giustizia (PiS) al governo a Varsavia. La Commissione, invece di aprire un contenzioso con la Polonia e gli altri tre paesi, ha preferito scendere a patti. Prima ha annunciato oltre 150 milioni di euro di aiuti di emergenza per i loro agricoltori. Poi ha acconsentito a mantenere il divieto di importazione del grano ucraino sui mercati locali fino al 5 giugno. Lunedì sera ha annunciato una proroga delle misure di salvaguardia a favore di Polonia, Ungheria, Slovacchia e Bulgaria fino alla metà di settembre. Il tutto a danno dell’Ucraina che sin dall’inizio ha contestato il mini embargo dell’Ue sul suo grano.
“Non siamo contenti”, dice Kachka: le richieste della Polonia “non sono fondate né giustificate”. Gli agricoltori polacchi hanno subìto un impatto, ma non dei danni economici dalle importazioni ucraine. “Gli agricoltori polacchi in realtà non hanno problemi. Hanno scelto di non vendere i loro prodotti, anche se ne avevano la possibilità”. Le parole del viceministro confermano il sospetto di molti a Bruxelles: gli agricoltori e i trader polacchi hanno fatto speculazione sperando in un rialzo dei prezzi che non c’è stato; in difficoltà, il governo del PiS ha scelto di privilegiare il suo elettorato sugli interessi dell’Ucraina o le regole dell’Ue; la Commissione ha scelto di cedere al ricatto di Varsavia, mostrando che c’è un limite al sostegno a Kyiv. Con la Polonia “eravamo sull’orlo di una guerra commerciale. Eravamo pronti ad andare davanti all’Organizzazione mondiale del commercio e ad adottare misure (di rappresaglia commerciale) contro la Polonia”, spiega Kachka. “Ora che le richieste polacche sono state esaudite (dalla Commissione), dobbiamo sederci e parlare in modo razionale”, sulla base di dati economici reali, non di considerazioni politiche”, dice Kachka: “Vogliamo evitare una guerra commerciale” perché “abbiamo bisogno del sostegno politico, militare e umanitario della Polonia”. Il blocco del grano e la capacità di risolvere la disputa è anche uno “stress test” per i negoziati di adesione dell’Ucraina all’Ue, spiega Kachka. Se nemmeno la Polonia è pronta a integrare l’enorme settore agricolo ucraino, difficilmente gli altri stati membri saranno disposti a farlo.