negli stati uniti
Cosa ci dice il crollo della Cnn della (im)possibilità di dialogo e confronto
Perché il riposizionamento della tv anti Trump è fallito, sia dal punto di vista finanziario sia da quello politico-ideologico. Una lezione per tutti
Milano. David Zaslav, presidente e amministratore delegato di Warner Bros. Discovery, voleva una Cnn che costasse meno, che fosse più moderata e centrista e che recuperasse parte del pubblico conservatore che nella stagione trumpiana aveva preso a considerare l’emittente una propalatrice di fake news. Tredici mesi fa, aveva scelto come guida della Cnn Chris Licht, un giornalista e produttore televisivo di cinquant’anni e di successo, creando un inevitabile terremoto nella redazione e nel management dell’emittente (e della sua società che possiede la Cnn) ma con un mandato chiaro, ambizioso e complicatissimo. Un paio di giorni fa, Zaslav ha licenziato Licht: la missione è fallita, sia dal punto di vista finanziario sia da quello politico-ideologico. Licht ha fatto degli errori, non ha mai conquistato il cuore della redazione – dovendo tagliare i costi, quindi licenziare, e intanto infilare in gola la pillola del trumpismo, è comprensibile – ed è sempre sembrato l’uomo messo lì dal padrone per trasformare la Cnn in una “Fox News Lite”. Ma al di là degli sbagli, delle persone coinvolte, delle pressioni, della chimica impossibile da creare senza incidenti o esplosioni, Licht ha cercato una risposta a domande che si pongono tutti quelli che fanno informazione, non soltanto negli Stati Uniti: si può essere imparziali in un’epoca così emotiva e partisan? I media possono ricostituire la fiducia del pubblico, andando oltre le divisioni politiche? Quanto spazio bisogna dare a personaggi come Donald Trump, che sono estremi ed eversivi ma sono anche popolari, quindi rappresentano una parte dell’elettorato che potrebbe tornare rilevante? Cosa fai, ignori la loro esistenza, o drammatizzi la loro sconvolgente esistenza? Scrive Politico: “Licht alla fine ha dimostrato di non avere delle risposte. Ma di fatto non ce le ha nessuno”.
La crisi della Cnn non si risolverà cercando un sostituto a Licht: i problemi di fondo, che non sono soltanto specifici di un’emittente che pure ha conti in grave dissesto, restano. In questa saga, che ha come tutte le storie di potere, di successione, di persone che condividono scrivanie e soprattutto schermi, dei risvolti umani invero meravigliosi, un ruolo determinante l’ha avuto un articolo pubblicato sull’Altantic da Tim Alberta, un giornalista e saggista esperto che si è conquistato con la sua bravura fonti e accessi solidi, intitolato “Dentro al tracollo della Cnn”: Alberta raccoglie e mette in fila con sapienza molte conversazioni on the record (non pezzetti di frasi origliate) con Chris Licht, a partire dall’autunno dello scorso anno. Questo articolo è stato determinante, dicono quasi tutti, in questo senso: ha fatto licenziare Licht. Ma non perché Alberta abbia rivelato chissà quale insostenibile scandalo o complotto o manovra: lui racconta la storia di una missione andata male. Al fallimento contribuiscono molti elementi peculiari della Cnn e dello stesso Licht, ma il messaggio finale è ben più ampio e devastante del disastro specifico di un’emittente che fatica a essere sostenibile in un mercato, quello delle tv via cavo, in declino: non si riesce a creare uno spazio di dibattito moderato in cui idee diverse possano dialogare, confrontarsi, magari trovare piccoli punti d’incontro. La logica della contrapposizione permanente, delle tifoserie che di fronte ai canti degli avversari alzano la voce e diventano più aggressive, del con-me-o-contro-di-me ha annichilito non soltanto la capacità di trovare un’intesa ma prima ancora la capacità di conversare con qualcuno che non la pensi come te. Le regole di convivenza democratica sono saltate: non si trova il modo di restaurarle né di costruirne di nuove.
A parte i grandi odiatori di Licht e di Zaslav, molti sostengono che lo slancio per riposizionare la Cnn fosse corretto, oltre che necessario. Lo stesso Alberta scrive: “Avendo trascorso lunghi periodi dell’ultimo anno conversando con Licht mentre cercava di costruire ‘la nuova Cnn’, mi sono spesso trovato d’accordo con i suoi princìpi sul giornalismo. (...) La teoria di Licht sulla Cnn, su cosa fosse andato storto, come aggiustare le cose e perché farlo, avrebbe potuto risollevare l’intero settore, e aveva molto senso. L’esecuzione di quella teoria? Questa è un’altra storia”. Licht spiega questi princìpi applicandoli a Trump, perché la “nuova Cnn” è proprio prendere le misure al trumpismo, dopo gli anni di scontri livorosi con l’ex presidente che portarono ascolti strepitosi ormai sbiaditi. Dice: “Se ogni cosa è un 11 su una scala da 0 a 10, significa che quando accade qualcosa di veramente terribile, rimaniamo insensibili. Questa è stata la strategia di Trump”, e i media sono caduti nella sua trappola. La missione era di capire quando “una cosa è davvero da 11, a volte dovrebbe essere un due, a volte dovrebbe essere uno zero. Non tutto è 11, non tutto può essere 11”. Non è facile distaccarsi dalla dinamica con Trump perché di fatto Licht è caduto perché ha organizzato un town hall con l’ex presidente che si è trasformato in uno show trumpiano come non se ne vedevano da quando era alla Casa Bianca. Il veterano della tv Dan Rather ha commentato: “Questo evento conta come una donazione alla campagna elettorale di Trump?”. La deputata democratica Alexandria Ocasio-Cortez: “La Cnn dovrebbe vergognarsi di sé stessa”. L’ex deputato repubblicano Adam Kinzinger: “Questa è una beffa assoluta”. Ma se si guarda l’intero tracollo un po’ più da lontano, l’immagine è nitida: c’è la crisi delle tv via cavo e c’è, come scrive Ben Smith, uno dei maggiori esperti di media d’America, “una débâcle strategica in cui la transizione della Cnn dallo scontro con Trump a un immaginario centro semplicemente non ha trovato un pubblico”.