il rapporto
BoJo "ha ingannato ripetutamente il Parlamento", dice la Commissione sul Partygate
Il collegio presieduto dalla laburista Harriet Harman chiede di sbarrargli la porta di Westminster, evitando di “concedergli un pass da ex membro”: ha commesso “ripetuti oltraggi e ha cercato di ostacolare il processo parlamentare”. Johnson parla di "assassinio politico prolungato” mentre è in corso lo scontro con Sunak. Potrà ricandidarsi l'anno prossimo?
Fosse ancora deputato, Boris Johnson dovrebbe essere sospeso per novanta giorni per tutte le volte che ha mentito al Parlamento sulle feste fatte durante il lockdown. Però essendosi dimesso da qualche giorno proprio per evitare di venire accompagnato alla porta da altri, di quella vicenda ormai lontana (chi ha più voglia di ricordare il distanziamento sociale?) resta solo l’imbarazzo, a cui però l’ex premier è notoriamente impermeabile tanto che neppure le conclusioni del rapporto della commissione privilegi del Parlamento – durissime, le più dure possibili – rischiano di essere abbastanza per escludere che Johnson si ricandidi.
L’unica soluzione per stroncare la sua elasticissima carriera sarebbe di cancellare il suo nome dalla lista dei candidabili dei Tories alle elezioni dell’anno prossimo, ma il rischio c’è e il premier Rishi Sunak, che ha una guerra aperta in corso con Johnson, lo sa bene: fare di Johnson un martire, radicalizzando i suoi fan – esistono, sono pugnaci come il loro leader - e creando un’instabilità all’interno di un partito che con le sue spaccature ha già regalato un bel po’ di problemi al Regno Unito, vedi la Brexit.
Il rapporto della Commissione composta da nove deputati e presieduta dalla veterana laburista Harriet Harman, sulla base di interviste condotte nel corso di 14 mesi a chiunque abbia un ruolo a Downing Street, è servito a ricostruire le azioni del premier durante la pandemia, quei festini di “wine and cheese” in cui le regole per evitare la diffusione del Covid, religiosamente seguite dalla stragrande maggioranza dei britannici, sono state disattese. Secondo Boris, prima di permettere che quelle piccole riunioni avessero luogo, lui si era informato con i civil servants competenti e ne aveva seguito il parere. Credeva quindi di poterlo fare, cosa di cui Harman&Co sono poco convinti: Johnson ha commesso “ripetuti oltraggi e ha cercato di ostacolare il processo parlamentare”, oltre a essere stato complice di una “campagna di abusi e di tentativi di intimidazione del comitato”. Si consiglia anche di sbarrargli la porta di Westminster in futuro, evitando di “concedergli un pass da ex membro” in quel Parlamento dove già lunedì prossimo la relazione conclusiva dovrebbe essere oggetto di dibattito e le raccomandazioni passate al voto. Ma se non è più deputato, come lo si sanziona? Sgridandolo?
La storia ci insegna che ritorno in scena di un politico come Johnson, uno che è stato visto guidare senza cintura in questi giorni, non dipende certo da quanto severe siano le critiche nei loro confronti, però certo che fa effetto leggere che “non esistono precedenti di un primo ministro scoperto a ingannare deliberatamente il Parlamento” su questioni “della massima importanza” anche per il pubblico, e “lo ha fatto ripetutamente”. Ma è anche difficile che i Tories si facciano dettare la linea da una laburista e votino a favore delle raccomandazioni contenute nel rapporto, gettando di fatto fango sulla propria storia recente e su un loro grande successo elettorale. Più facile che ci sia una vendetta interna, privata, o che lo scontento continui a serpeggiare con grandi danni per tutti. Boris però, in difficoltà su più fronti, ha reagito con più veemenza del solito, con un tono aggressivo lontano dalla solita ironia un po’ gigiona: ha parlato di una “vendetta”, di un “assassinio politico prolungato” di cui il rapporto rappresenta solo “l’ultimo affondo di coltello”. È una sciarada, una farsa.
E aggressivo è anche lo scontro in corso con Sunak dopo che la commissione sui “peerage” ha respinto alcuni nomi della lista presentata da Johnson in quanto ex premier. Boris avrebbe chiesto al suo successore di trovare un sistema per aggirare il divieto di premiare queste persone a lui così care e Rishi non solo avrebbe respinto la richiesta, ma l’avrebbe anche resa pubblica. In particolare Nadine Dorries, fedelissima di Boris, ha deciso di dimettersi “con effetto immediato” per protesta contro il trattamento ricevuto, ma al momento ancora non ha presentato la sua lettera d’addio. Da Downing Street, dove devono vedersela con una serie di elezioni suppletive problematiche, teorizzano che la deputata, non nuova ad atteggiamenti sopra le righe, lo farà solo quando sarà sicura di aver massimizzato il danno per Rishi Sunak, che sta scommettendo su una polarizzazione molto pericolosa, quella tra il Bullo e il Secchione.