intervista

Orbán a Milano e la fascinazione per Forza Italia

Micol Flammini

Il premier ungherese ha vinto copiando Silvio Berlusoni, poi è diventato il modello di tutt'altra destra

Qualche anno fa, quando Viktor Orbán voleva mettere in subbuglio l’Europa, far impazzire il Partito popolare europeo (Ppe) e travolgere le destre, orbanizzandole, il premier ungherese disse alla stampa che ammirava un solo leader italiano: Silvio Berlusconi. Eppure non era il leader di Forza Italia quello che assieme a lui faceva piani per rivoluzionare il Parlamento europeo, non era lui che si univa alle cordate euroscettiche. Forza Italia e Fidesz, il partito ungherese del premier, sono stati per molti anni all’interno del Ppe, e Berlusconi, assieme alla Cdu  della cancelliera tedesca  Angela Merkel, ha cercato, invano, per anni, di cambiare Orbán, di fare in modo che rimanesse dentro al Ppe così da contenere  i danni delle sue battaglie contro l’Ue. Tutto è cambiato, Fidesz è uscito dal partito nel 2021 prima che fossero gli altri membri a cacciarlo, ha tentato di formare una coalizione di destre sovraniste che non è andata a buon fine perché ogni populista è populista a modo suo, ed è ancora alla ricerca di una casa europea. Questo vagabondare di Orbán per il Parlamento europeo mostra due cose sulla destra italiana: il rapporto di Fidesz con Forza Italia e quello con Fratelli d’Italia. 

 

Ieri Orbán era a Milano per i funerali di Silvio Berlusconi, “il leader di Forza Italia ha giocato un ruolo importante per il premier ungherese”, ha detto al Foglio Peter Kreko, esperto di disinformazione e tra i più attenti osservatori della destra orbaniana. “Orbán ha modificato il suo partito osservando Berlusconi, ha cercato di fare di  Fidesz  un movimento popolare e ha preso in prestito anche degli slogan come ‘Forza Ungheria’. Anche l’importanza di avere una forte risonanza mediatica l’ha imparata dal leader italiano, ha usato un manuale che Berlusconi aveva messo a punto in Italia e che ha avuto un forte impatto su tutte le destre europee, su Orbán in particolare”. Soprattutto sull’Orbán dei primi anni duemila, sul leader in cerca di un mandato e reduce dalla sconfitta del 2002. La grande differenza tra il modus operandi dell’uno e dell’altro “è arrivata nel 2010, quando Orbán riuscì a vincere con una maggioranza larga a sufficienza da permettergli di trasformare il sistema costituzionale, rimodellando il sistema della giustizia e quello mediatico e non c’erano limiti istituzionali che potessero fermarlo”. Nel 2010 nasce l’Orbán  contro l’Ue, da europeista che era,  e da leader di un paese piccolissimo diventa un esempio per tante destre in Europa. Non per Forza Italia, che rimane salda nel Ppe, ma lo diventa per Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, oggi al governo proprio con il partito di Berlusconi e con la Lega di Matteo Salvini, che pure a livello europeo ha cercato un’alleanza con il premier ungherese. “Il posto naturale per Orbán nel Parlamento europeo potrebbe essere tra i conservatori di Ecr, con Meloni e i polacchi del PiS, ma ora le differenze sulla guerra lo rendono incompatibile”. Guardando a destra, rimane Identità e democrazia (Id), dove siedono Salvini e Marine Le Pen. “Con l’inizio della guerra russa contro l’Ucraina, le differenze tra Ecr e Id si sono fatte più profonde”. Il premier ungherese è tra coloro che non criticano la Russia. “Orbán deve trovare il modo di tornare  mainstream, sa che Meloni lo considerava un alleato, ma che io sappia non l’ha neppure invitato per una visita in Italia, ha invece invitato Volodymyr Zelensky. La presidente del Consiglio italiana è molto più impegnata a imporsi come centrista influente a livello europeo che ad avere Orbán dalla sua parte, così Fidesz rimane in una terra di nessuno”, dice Kreko e forse il suo unico posto, meno gradito, è al fianco di Le Pen. Secondo l’analista ungherese, le similitudini tra Fidesz, PiS e Fratelli d’Italia non mancano, ma la politica estera sta assumendo un ruolo sempre più importante.

 

Forza Italia è stata un modello per Fidesz fino a un certo punto, poi Orbán ha deciso di diventare un modello a sua volta. “Fare quello che ha fatto lui in Ungheria, stravolgere la democrazia, non è semplice. Non è qualcosa che si può realizzare ovunque ed è molto più complesso da fare in un paese grande come la Polonia o l’Italia. Inoltre la Polonia ha una società civile molto forte, che in Ungheria manca, ma bisogna anche considerare che se in ottobre il PiS vincerà di nuovo le elezioni, l’opposizione polacca potrebbe sentirsi senza speranza”. Le sfumature di destra sono molte e ognuna ha avuto la sua epoca e le sue trasformazioni. Alle prossime europee, mentre Orbán cerca ancora casa, potremmo vedere nuovi cambiamenti e modelli a destra. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)