Risiko francese
Trame di rimpasto e alleanze a Parigi, con i consigli di Sarkò
Il nuovo assetto dei ministeri dovrà essere completato entro il 14 luglio. I dubbi di Macron fra ricandidature e il peso da dare al partito gollista, con vista alle europee. Per l’ex capo dello stato “bisogna nominare un primo ministro di destra”
Parigi. “Dobbiamo essere una squadra di attaccanti e non di difensori”. È con questa metafora calcistica che un ministro, a BfmTv, ha spiegato come dovrà essere il prossimo governo francese, quello che uscirà dal rimpasto ministeriale previsto prima del 14 luglio, giorno della Festa nazionale e giro di boa dell’estate. “I francesi devono partire in vacanza con una nuova squadra ben identificata”, ha aggiunto un deputato di Renaissance. Ci sono tante domande a cui il presidente francese, Emmanuel Macron, dovrà rispondere nei prossimi giorni. È giusto dare una seconda opportunità a Élisabeth Borne o l’attuale primo ministro è troppo fragile per un ruolo così importante? Quale dovrà essere il peso dei Républicains, il partito gollista, nel prossimo casting ministeriale, tenuto conto che senza un accordo con loro, in Parlamento, il rischio di dover utilizzare ancora il 49.3, scivoloso strumento legislativo impugnato per la riforma delle pensioni, sarebbe molto alto?
Macron consulta, incontra, manda i soliti messaggi notturni su Telegram, chiede consigli ai fedelissimi, ma anche ai “visiteurs du soir”, quelli che partecipano alle cene in città, che sentono l’aria di Parigi fuori dall’Eliseo, nei salotti e nei grands boulevards, senza dimenticare i vecchi saggi. Come Nicolas Sarkozy, l’ex capo dello stato, che con Macron ha sempre avuto un rapporto privilegiato. Secondo le informazioni dell’Express, i due si sarebbero incontrati discretamente per un’ora lo scorso 6 giugno. Tema: il rimpasto. “Quando la Francia pende a destra, bisogna nominare un primo ministro di destra”, avrebbe sussurrato Sarkozy a Macron. Non Julien Denormandie, dunque, Macron boy con un passato nel Partito socialista che piace molto all’attuale presidente – “un Macron ma con meno qualità, che alla prima mozione di censura salterebbe”, dice invece Sarkò – bensì un uomo della droite, mano di ferro in un guanto di velluto, per contrastare l’avanzata del Rassemblement national di Marine Le Pen e Jordan Bardella, e per creare un ponte con i Républicains, necessario in vista delle prossime scadenze elettorali.
Secondo una fonte interna all’Europarlamento sentita dal Foglio, macronisti e gollisti potrebbero presentarsi assieme in Europa, creare una lista comune. E un assaggio di questa alleanza potrebbe già verificarsi durante il prossimo rimpasto. I responsabili parlamentari di Renaissance sono invitati a esprimersi sull’ipotesi di un accordo con i gollisti il 21 giugno. Nella maggioranza, tuttavia, c’è chi non è affatto in sintonia con questa prospettiva: François Bayrou, leader dei centristi del MoDem e alleato storico di Macron. “Alcuni sognano un governo di restaurazione Rpr (il Raggruppamento per la Repubblica, il partito che fu di Jacques Chirac, ndr). Io no. Non perdiamo il nostro dna”, ha dichiarato Bayrou al Figaro, prima di aggiungere: “Se scegliessimo di decentrare la maggioranza per inclinarla da un lato o dall’altro, ci sarebbero dei grandi rischi di perdita di coerenza. L’elezione di Emmanuel Macron è avvenuta su una base di centro: è l’unico equilibrio che garantisce una possibilità di dialogo e di cooperazione con la destra repubblicana e la sinistra social-democratica”.
Non sarà facile, per Macron, trovare un punto di equilibrio tra Bayrou, perno della sua maggioranza, e i consigli di Sarkozy. Ma ci sono anche altri obiettivi per il presidente: allontanare i membri dell’esecutivo diventati scomodi, perché coinvolti in fastidiose grane giudiziarie o rivelatisi poco solidi nella gestione di certi dossier, affidare un nuovo portafoglio ai ministri che hanno bisogno di cambiamento, di nuova aria, e sono in crisi di identità, e dare un tocco più politico e meno tecnocratico. Nell’attuale organigramma, oltre al premier Borne, sono tre i ministri prossimi all’uscita di scena: Marlène Schiappa, attuale segretaria di stato con delega all’Economia sociale e solidale, Pap Ndiaye, ministro dell’Istruzione, e François Braun, ministro della Salute. Braun è giudicato troppo tecnocrate dalla macronia, Ndiaye inadeguato a gestire un portafoglio decisivo come quello dell’Éducation nationale, mentre Schiappa paga il prezzo del suo protagonismo, la copertina su Playboy nei giorni del picco delle proteste contro la riforma delle pensioni, e di un’inchiesta per frode e favoritismo legata al Fondo Marianne (lotta contro l’islamismo) di cui era responsabile.