Europa Ore 7
Quanto è difficile il de-risking dell'Ue dalla Cina
La Commissione domani dovrebbe presentare la sua Strategia per la sicurezza economica dell'Unione europea. Le proposte dovrebbero inquadrare le restrizioni alle esportazioni di alcune tecnologie, beni e investimenti che portano a trasferimenti forzati di tecnologia o conoscenza. Il bersaglio è Pechino, ma non va detto
La seconda metà del mese di giugno è tra le più cariche dell'anno per l'Unione europea e anche il 2023 non sarà un'eccezione. Prima del Consiglio europeo del 29 e 30 giugno, ambasciatori e ministri sono chiamati a chiudere accordi su alcuni dei provvedimenti più controversi per evitare che siano i capi di stato e di governo a doversene occupare. Nel frattempo la Commissione è chiamata a fare nuove proposte che devono essere discusse dai leader nel loro vertice di fine semestre. Per quella di Ursula von der Leyen è l'ultima occasione prima della fine del mandato nel 2024. E la fine potrebbe essere con il botto: la Commissione domani dovrebbe presentare la sua Strategia per la sicurezza economica dell'Unione europea, pilastro della strategia di de-risking dalla Cina. Ma non dite ad alta voce (e non scrivete nei documenti ufficiali) che il bersaglio è la Cina. Perché, tra divisioni tra i ventisette e sensibilità di Pechino, il de-risking dell'Ue dalla Cina è un affare complicato.
La Strategia per la sicurezza economica dell'Unione europea è la traduzione concreta del discorso sulla Cina pronunciato da von der Leyen a fine marzo, appena prima del suo viaggio a Pechino con il presidente francese, Emmanuel Macron. Il de-risking (riduzione del rischio) ha avuto successo nel G7, al punto che anche l'Amministrazione Biden ha ripreso la formula per evitare di parlare di “decoupling” (disaccoppiamento) e cercare un minimo di distensione con Pechino. Secondo von der Leyen, la Cina deve rimanere un partner commerciale dell'Ue. Ma “ci sono alcune aree in cui il commercio e gli investimenti mettono a rischio la nostra sicurezza economica e nazionale, in particolare nel contesto dell'esplicita fusione cinese dei suoi settori militare e commerciale”, ha spiegato la presidente della Commissione a marzo. In sostanza, le proposte di domani dovrebbero inquadrare a livello di Ue le restrizioni alle esportazioni di alcune tecnologie sensibili e beni a duplice uso, ma anche a investimenti che portano a trasferimenti forzati di tecnologia o conoscenza.
Il de-risking di von der Leyen, tuttavia, non piace a tutti gli stati membri. Al contrario. Alcuni temono che la sicurezza economica sia usata come una scusa per introdurre surrettiziamente un pericoloso e ingiustificato protezionismo. Altri non vogliono che venga menzionata la Cina. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha previsto una discussione strategica sulle relazioni con Pechino al vertice di fine giugno. “Se la Cina viene menzionata, rischiamo una spaccatura interna all'Ue e una dura reazione cinese”, ci ha detto una fonte. Rispetto al passato i ruoli tra Francia e Germania si sono invertiti: Emmanuel Macron fa molta più resistenza di Olaf Scholz alla strategia del de-risking. Per aggirare il problema, la proposta di domani della Commissione potrebbe concentrarsi su stress test della resilienza e delle dipendenze dell'Ue, in particolare per la base industriale e la difesa.
La Commissione ha fatto un primo passo concreto di de-risking giovedì 15 giugno, quando Thierry Breton ha invitato gli stati membri a bandire i giganti delle telecomunicazioni cinesi, Huawei e Zte, dalle reti 5G in Europa. Breton si è lamentato che solo dieci stati membri lo hanno fatto finora. In un editoriale Il Foglio spiega che c'è un problema di dipendenza dalla tecnologia e c'è un problema di spionaggio. Al contempo, per non irritare troppo Pechino, le imprese cinesi che stanno aiutando lo sforzo di guerra della Russia sono state tolte dall'undicesimo pacchetto di sanzioni che l'Ue sta negoziando. In realtà, nemmeno i governi nazionali hanno idee chiarissime sulla Cina. Macron vive la sua luna di miele con Xi Jinping. Ma, secondo Politico.eu, la Francia sta facendo pressioni sulla Commissione per aprire un'indagine sui sussidi cinesi per le auto elettriche che potrebbe portare a dazi antidumping. La Germania, che è sul punto di adottare la sua strategia sulla Cina, ha appena autorizzato l'ingresso cinese nel porto di Amburgo. In Italia il governo di Giorgia Meloni ha usato la golden share per escludere i cinesi dalla gestione di Pirelli, ma non ha ancora chiarito cosa farà sul memorandum della Nuova via della seta.
Due visite potrebbero determinare la direzione che la Commissione e l'Ue prenderanno sulla Cina. La prima c'è stata ieri con l'incontro a Pechino tra il segretario di Stato americano, Antony Blinken, e il ministro degli Esteri cinese, Qin Gang. In più occasioni Von der Leyen ha dimostrato di essere pronta ad allinearsi all'Amministrazione Biden, anche quando non c'era consenso tra i ventisette. La seconda visita ci sarà oggi. Il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, accoglierà una grande delegazione cinese a Berlino per la settima consultazione di governo tra Cina e Germania. E' la prima visita all'estero del premier cinese, Li Qiang. La scorsa settimana, il governo tedesco ha adottato la sua strategia di sicurezza nazionale, che definisce Pechino come un attore "sempre più aggressivo nel reclamare la supremazia regionale" che agisce "in contraddizione con i nostri valori e interessi". Ma la Cina rimane il più grande partner commerciale della Germania con quasi 300 miliardi di scambi e decine di miliardi di investimenti tedeschi nell'Impero di mezzo. Oltre a Biden, l'altra bussola politica di von der Leyen è la sua Germania.