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i rapporti con pechino

I tre pilastri di von der Leyen sul derisking dalla Cina e i ripensamenti della Germania

David Carretta

Scholz incontra il premier cinese in visita a Berlino e mette in dubbio il piano di limitare esportazioni e investimenti. Altri paesi chiedono cautela. La strategia di Ursula sulla riduzione del rischio nei confronti di Pechino rischia di uscirne annacquata 

Bruxelles. Il derisking dell’Unione europea dalla Cina potrebbe essere molto meno radicale di quanto promesso da Ursula von der Leyen, nel momento in cui la Germania sembra avere un ripensamento sulla necessità di limitare esportazioni e investimenti e ridurre le dipendenze dal Regno di mezzo per ragioni di sicurezza nazionale. Il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, ieri ha ospitato a cena il premier cinese, Li Qiang, per le consultazioni tra i due governi, che proseguiranno oggi a Berlino. Quasi in contemporanea a Bruxelles la Commissione presenterà la Strategia di sicurezza economica europea, che dovrebbe mettere in pratica il derisking. Ma le misure dovrebbero essere meno ambiziose di quelle promesse da von der Leyen in un discorso sulla Cina a fine marzo. Alcuni stati membri hanno chiesto di evitare di citare espressamente Pechino per non alimentare le tensioni.

 

La visita di Li Qiang a Berlino è carica di significati, a cominciare dalla volontà della Cina di mantenere un rapporto privilegiato con la Germania. È il primo viaggio all’estero di Li da quando è stato nominato premier a marzo, sotto la direzione di un Xi Jinping che ora detiene il potere assoluto. Nel novembre del 2022 Scholz era stato il primo leader europeo a far visita a Xi dopo la sua rielezione a segretario del Partito comunista cinese per un terzo mandato. Le consultazioni congiunte tra i governi di Germania e Cina erano state lanciate nell’èra di Angela Merkel, quando i rapporti tra i due paesi erano all’apogeo. La coalizione di Scholz è molto diversa, con due partiti (Verdi e Liberali) su posizioni decisamente più ostili alla Cina di quelle dei socialdemocratici della Spd. Con la visita di Li, Pechino invia il messaggio che “la Germania deve dare priorità al pragmatismo e non politicizzare la cooperazione”, spiega Katja Drinhausen del think tank Merics: “Pechino sta anche contrastando l’agenda del derisking, sottolineando che la Cina non rappresenta un rischio” e che semmai “il vero rischio sarebbe non cooperare”.

 

Ieri Scholz ha iniziato a rispondere in modo positivo al corteggiamento cinese. Davanti a una conferenza della Bdi (la Confindustria tedesca), il cancelliere ha spiegato che non c’è altra scelta che parlare con Pechino, che nessuno vuole ostacolare l’ascesa economica della Cina e che i controlli sulle esportazioni devono essere molto limitati ai casi in cui ci sia un chiaro nesso con il settore militare e di intelligence. La Cina rimane il più grande partner commerciale della Germania con quasi 300 miliardi di scambi e decine di miliardi di investimenti tedeschi dal Regno di mezzo.

 

La strategia del derisking (riduzione del rischio) era stata illustrata dalla presidente della commissione, Ursula von der Leyen, a fine marzo, appena prima del suo viaggio a Pechino con il presidente francese, Emmanuel Macron. L’espressione ha avuto successo anche nel G7, al punto che l’Amministrazione Biden ha ripreso la formula per evitare di parlare di “decoupling” (disaccoppiamento) e cercare un minimo di distensione con Pechino. Secondo von der Leyen, la Cina deve rimanere un partner commerciale dell’Ue. Ma “ci sono alcune aree in cui il commercio e gli investimenti mettono a rischio la nostra sicurezza economica e nazionale, in particolare nel contesto dell’esplicita fusione cinese dei suoi settori militare e commerciale”, aveva spiegato la presidente della Commissione a marzo. Von der Leyen aveva evocato restrizioni alle esportazioni e agli investimenti europei in Cina per beni a uso duale (civile e militare) e tecnologie sensibili (dai chip avanzati al quantum, dall’intelligenza artificiale alla robotica) in nome della sicurezza economica e nazionale. “Dobbiamo assicurarci che il capitale, le competenze e le conoscenze delle nostre società non vengano utilizzate per migliorare le capacità militari e di intelligence di coloro che sono anche rivali sistemici”, aveva detto von der Leyen.

 

La Strategia di sicurezza economica della Commissione dovrebbe fondarsi su tre pilastri: ridurre le dipendenze, usare meglio gli strumenti esistenti (monitoraggio degli investimenti, misure anti sussidi e strumento contro la coercizione economica) e crearne di nuovi per i settori critici. Ma ci sono state forti pressioni sulla Commissione per annacquare le sue proposte. I leader avranno una discussione strategica sulla Cina al Consiglio europeo del 29 e 30 giugno. Alcuni stati membri non vogliono che sia menzionata esplicitamente la Cina. Altri temono che dietro la sicurezza economica si nasconda un tentativo surrettizio di introdurre misure protezionistiche. In ogni caso, il derisking si sta dimostrando più facile a dirsi che a farsi.