L'unione delle destre
Il neo conservatorismo necessario (anche a Meloni)
In Europa le destre si coagulano intorno a valori che rigettano i modi dell’occidente globalizzatore. Ma tengono fermi il quadro euroatlantico e la libertà economica. Analisi di un grande fenomeno
Trump, Bolsonaro, Erdogan, Putin, Modi, Xi sono tutte personalità autoritarie, in alcuni casi con qualcosa di minaccioso e di effimero, in altri con tratti solidissimi di sistema, regime e interessi geopolitici primari. Sono padroni di mezzo mondo o almeno dell’immaginario dilatato e febbrile di vasti mondi, anche quando le parabole di alcuni di loro si sono rivelate provvisoriamente fallimentari. Ciascuno di loro, a parte Modi che con il suo induismo di stato e l’ideologia revisionista antigandhiana fa storia a sé, ha cercato o cerca di mettere piede in Europa, chi con la guerra e l’energia (Putin), chi con la seduzione e l’infiltrazione economica (Xi), chi con la sorveglianza a caro prezzo delle frontiere migratorie (Erdogan). Trump quando ha potuto ha cercato di triangolare con Putin liquidando la Nato come agenzia inutile e desueta, costosa per il pubblico americano e parassitaria tutrice di interessi esclusivamente europei. Il nemico comune delle personalità e dei sistemi autocratici del XXI secolo è il vecchio ordine euroatlantico. In tutti è presente il rigetto culturale di una scala di valori o di un modo di essere che l’occidente globalizzatore dagli anni Novanta del secolo scorso ha decisamente fatto propri. Il wokismo ovvero la destrutturazione di quanto è stato considerato per secoli la base della vita associata (famiglia, religione, patria o nazione, lingua, stirpe, divisione dei ruoli di genere tra maschi e femmine, rapporto pacificato dell’uomo con il suo contesto naturale) è il simbolo stesso di quanto gli autocrati detestano e disprezzano.
Ci si sta accorgendo che intanto in Europa (la faccenda non riguarda Schlein che è un caso di impegno trasversale, eccentrico, queer) le destre moderate e le destre più estreme in molti paesi sono in fase di coagulazione intorno a un progetto neoconservatore. Lo segnalano un commento politico di John Lloyd sul Ft, con la deliziosa notazione dell’apertura a Budapest di una catena di caffè intitolati a Roger Scruton, autore del manifesto dei conservatori, e due pagine di analisi del Monde, testi pubblicati lunedì. Il quadro è frastagliato e contraddittorio, per certi versi. Come ai tempi della scampagnata populista, l’Italia si è di nuovo portata avanti con il lavoro, e la presidente del Consiglio uscita dai ranghi della destra estrema coltiva grandi ambizioni stabilizzatrici e di ricostruzione del conservatorismo di destra moderata anche in vista delle europee del 2024. In Germania e in Francia il cordone sanitario verso l’estrema destra è sotto pressione varia e multiforme. La popolarità di Marine Le Pen e della sua scelta di moderazione nella battaglia delle pensioni si impongono da sé. I successi dell’AfD ripropongono i classici problemi di identità alla Cdu di Merz e alla Csu di Söder, ma con un raddoppio dei voti di destra estrema nelle municipali e nei Länder dell’est. In Spagna saremmo a un passo dalla scelta di considerare gli scissionisti del Pp, quelli di Vox, come un partner necessario in caso di vittoria dei popolari nelle prossime elezioni di luglio. In Olanda, ventun anni dopo l’uccisione di Pim Fortuyn, capo della destra estrema e liberale, ma antislamica, liberali e democristiani sono alle prese con un puzzle determinato dalla vivace divisione dei gruppi antimmigrazione.
In Svezia e Finlandia l’alleanza di destra e estreme è cosa fatta, ma non pregiudica il decisivo processo di adesione alla Nato, nonostante nelle estreme europee una quota di putinismo abbia circolato e circoli in forme insospettabili. Sui temi green un partito improvvisato di tutela degli interessi dell’agricoltura, minacciata dalla campagna contro l’azoto, ha sfondato in Danimarca. Porosità e problemi vari si riscontrano in Belgio e in Austria nonché nel bizzarro Regno Unito della post Brexit. A esaminare il quadro delle alleanze e della formazione dei governi sembrerebbe che la coagulazione sia notevole ma ancora insufficiente a motivare un progetto conservatore di livello europeo che sia convincente.
Motivo di riflessione, se ancora la riflessione facesse parte della sfera politica nelle società democratiche e a sinistra, è che i conservatori in fieri aderiscono all’insieme ideologico e storico che l’occidente postmoderno ha abbandonato in questi decenni ultimi. Con il mito natalista, la sottolineatura nazionale e patriottica, la diade Dio e Famiglia, l’ostilità alla confusione dei generi, la difesa dall’immigrazione incontrollata e un certo scetticismo sulle punte più estreme della visione apocalittica green, in teoria questi neoconservatori europei dovrebbero andare d’accordo con il chierichetto Kirill, eppure sono con una certa saldezza dalla parte di un occidente che criticano, tanto che vengono definiti anglo-conservatori e hanno mandato in pezzi sulla questione russo-ucraina il vecchio nucleo del patto di Visegrád. Le forze che si dicono europeiste o del centrosinistra democratico possono inchiodare questo movimento progrediente alla presunta arcaicità dei suoi criteri di vita, esemplificata dalla asserzione di Meloni secondo cui in Scruton ha trovato la chiave di volta di un’esistenza felice: “La cosa migliore che può fare una persona è mettersi a posto, farsi una casa e una famiglia e trasmetterla ai figli”, non proprio una tirata per i nuovi diritti, anche se non una affermazione troppo scandalosa. Oppure possono lavorare per un dialogo capace di mantenere fermo il quadro di un ordine euroatlantico al quale il conservatorismo di nuovo conio sembra decisamente interessato in economia e in politica.