La centrale e la controffensiva

Kyiv lancia l'allarme su Zaporizhzhia, target di Mosca sotto pressione

Cecilia Sala

Ciò che ha imparato Putin: il "test" sul ponte di Chongar, il possibile attacco e la prima linea dei russi penetrata dagli ucraini in tre zone del fronte. Le differenze con il passato

Zaporizhzhia, dalla nostra inviata. In due giorni, due allarmi su un possibile attacco russo alla centrale nucleare di Zaporizhzhia: il primo lo ha dato il capo dei servizi segreti militari di Kyiv, il generale Kyrylo Budanov, il secondo, ieri,  Volodymyr Zelensky. Le informazioni d’intelligence alla base delle dichiarazioni sono le stesse, ma il fatto che il presidente abbia ripetuto le preoccupazioni di Budanov a distanza di 24 ore significa che il governo vuole tenere molto alta l’attenzione su questo rischio. Fonti militari nell’ufficio del portavoce dell’esercito di Zaporizhzhia dicono che i russi sentono la pressione della controffensiva e che le nuove mine piazzate dai soldati di Mosca intorno alla piscina per raffreddare i reattori non sono scollegate dagli avanzamenti dei soldati ucraini a sud della città, che per ora sono piccoli. L’andamento di una controffensiva però non si misura contando il numero di villaggi liberati in due settimane. 

 

La controffensiva che ha liberato la città di Kherson a novembre aveva funzionato così: sulla linea di contatto  i combattimenti tra i due eserciti sono proseguiti per mesi con molte perdite e avanzamenti ucraini marginali, contemporaneamente Kyiv bombardava da lontano i centri di comando e gli snodi logistici russi, finché i russi non si sono ritirati apparentemente all’improvviso e gli ucraini hanno liberato una grande porzione di territorio senza dover conquistare villaggio dopo villaggio. Le controffensive possono essere “lente” per molte settimane, finché non diventano rapidissime e travolgenti in un giorno. Ieri Kyiv ha bombardato il ponte che collega la porzione ancora occupata dell’oblast di Kherson alla Crimea e passa sullo stretto di Chongar. Ha ripetuto uno schema identico – anche se le condizioni generali sono diverse – a quello che avevamo visto in autunno con il ponte Antonovsky, che passava sopra il fiume Dnipro e senza il quale i soldati di Mosca nella città di Kherson si sarebbero ritrovati in trappola, così a novembre avevano scelto di andarsene.

 

L’attacco di ieri a Chongar era una specie di test e il ponte è ancora in piedi anche se chiuso al traffico, ma ora sappiamo che le bombe degli ucraini possono raggiungerlo e colpirlo con precisione, è probabile che a quelli di ieri seguiranno molti altri colpi fino a distruggerlo – come è stato per l’Antonovsky. In due settimane gli ucraini sono riusciti a penetrare la prima linea di difesa dei russi in tre zone lungo la linea del fronte, ma la più robusta è la seconda linea ed era prevedibile che ci volesse tempo prima di vedere uno sfondamento in un punto di quella. In questo momento sul campo di battaglia Kyiv ha schierato soltanto circa un quarto dei soldati appena addestrati dai paesi Nato e delle nuove armi occidentali utili per la controffensiva. Dal giorno in cui è iniziata, lunedì 5 giugno, i soldati ucraini hanno liberato un territorio che è grande tre volte la superficie di Bakhmut, la costosissima conquista dell’offensiva invernale russa e anche l’unica. Non è una battaglia paragonabile perché avanzare in una città come Bakhmut è più difficile, si incontrano più ostacoli, ma il risultato ucraino nei campi e nei villaggi non è né scontato né irrilevante. Soprattutto perché lungo la linea del fronte nel sud i russi hanno scavato trincee, sparpagliato mine ed eretto collinette di cemento per mesi. E in questa fase stanno dimostrando una cosa forse per la prima volta: hanno studiato e non stanno ripetendo alcuni degli errori che avevamo visto commettere molte volte all’esercito di Mosca nel primo anno di guerra. I russi si sono mossi per tempo, hanno costruito le difese con costanza e sembrano più capaci di coordinarsi tra loro.

 

Hanno rivisto i propri obiettivi al ribasso e si sono ritrovati in una posizione relativamente più comoda: a febbraio 2022 l’ambizione era conquistare una capitale con tre milioni di abitanti, Kyiv, oggi l’obiettivo è non perdere delle posizioni fortificate sparando da dentro trincee molto profonde. Ieri i media russi hanno cominciato a parlare di una “provocazione” ucraina contro la centrale atomica di Zaporizhzhia prevista per l’inizio di luglio, è un cattivo segnale perché spesso Mosca incolpa in anticipo Kyiv di un’azione devastante che ipotizza di compiere. Gli ucraini sono convinti che Vladimir Putin non avrebbe remore a far detonare le mine nella centrale atomica per provare a impedire loro di liberare un altro pezzo del proprio paese. Non si tratterebbe di un disastro paragonabile a Chernobyl e i reattori sono progettati per resistere a un’esplosione, ma senza la piscina per il raffreddamento funzionante si rischia una fusione simile a quella di Fukushima, in Giappone, nel 2011.