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Il ritratto di RFK Jr.

L'ultimo Kennedy che sfida Biden e piace alla Silicon Valley

Pietro Minto

I boss del Big Tech hanno trovato un nuovo beniamino nel controverso nipote dell’ex presidente degli Stati Uniti. Ecco perché si contendono il no vax isolazionista candidato alle primarie del Partito democratico con il 14 per cento dei voti

Nella settimana in cui il capo di Tesla (e Twitter) Elon Musk ha pubblicamente sfidato il capo di Meta, Mark Zuckerberg, a un incontro di boxe, non ci si aspettava un segnale di armonia provenire dai piani alti del settore Big Tech. Mentre la concorrenza imprenditoriale degrada in bisticci pubblici, sta invece prendendo forma un fronte politico sempre più compatto dalle parti della Silicon Valley. Alcuni dei nomi grossi e più influenti del campo digitale e tecnologico sembrano aver trovato un nuovo beniamino nel controverso candidato alle primarie del Partito democratico Robert F. Kennedy Jr., terzo figlio di Robert Kennedy (ucciso in un attentato nel 1968) e nipote di John Fitzgerald Kennedy, ex presidente degli Stati Uniti, ucciso a Dallas nell’agosto di sessant’anni fa.

 

Il Kennedy in questione – nato nel 1954 e noto ai più con la sigla RFK Jr. – si è fatto notare negli ultimi anni per posizioni no Vax molto estreme di cui è diventato testimonial in tempi non sospetti, complice un cognome che è già un brand. Nel 2019, ben prima che la pandemia rendesse la questione dei vaccini cruciale in tutto il mondo, l’attuale candidato alle primarie dei democratici americani si era già conquistato una presa di distanza pubblica da parte della sua famiglia, in una lettera pubblicata da Politico (col titolo: “RFK Jr. è nostro fratello e zio. Sbaglia tragicamente sui vaccini”). Gli anni della pandemia hanno contribuito a rendere un ex avvocato molto attivo sul fronte ambientale in un punto di riferimento globale per il movimento contrario ai vaccini, portandolo alla candidatura ufficiale contro Joe Biden. La scorsa settimana RFK Jr. è stato anche ospite di “The Joe Rogan Experience”, uno dei podcast più seguiti e controversi del mondo: tre ore di show in cui il candidato ha suonato tutte le sue hit principali, confermandosi il nuovo punto di riferimento di un’area politica che è sempre più difficile da definire con le categorie d’un tempo.

 

Un blob culturale che parte da Rogan, comico milionario che intervista cospirazionisti d’ogni tipo ma si è detto sostenitore di Bernie Sanders, passa per Bill Ackman, capo di un hedge fund che ha definito l’intervista al Kennedy “una delle più potenti e illuminanti che abbia mai sentito”, e arriva ai titani della Silicon Valley. Jack Dorsey, fondatore ed ex ceo di Twitter, secondo il quale RFK Jr. riuscirà a sconfiggere Donald Trump e Ron DeSantis; Elon Musk, il cui Twitter è diventato un porto sicuro per il candidato no Vax, già bandito da Meta e YouTube per aver pubblicato i suoi deliri contro i vaccini. Qui l’ex rampollo dei Kennedy è di casa, anche se recentemente è sbarcato anche su Rumble, uno dei tanti social network “dedicati alla libertà di parola” che piacciono alla destra americana. Un passo che potrebbe essere stato agevolato da David Sacks, azionista di Rumble e consigliere di Musk, che oggi sta aiutando la raccolta fondi di Kennedy. O forse è solo uno dei tanti elementi di un pattern ormai evidente, in cui il Kennedy risulta essere la nuova speranza di una classe imprenditoriale dalle simpatie libertarie che fino a poche settimane fa vedeva in DeSantis – il principale avversario di Trump tra i repubblicani – come la migliore via d’uscita dall’impasse rappresentata da un nuovo scontro Biden-Trump alle prossime presidenziali.

 

Secondo i sondaggi, il candidato Kennedy potrebbe contare sul 14 per cento dei voti dei democratici. Una percentuale forse non preoccupante per Biden ma sufficiente a generare imbarazzo al partito, alle prese per la prima volta con un candidato populista mainstream, un piccolo Trump di sinistra. Oltre a essere no Vax, RFK Jr. è contrario alla guerra in Ucraina – propone una pace oggi impossibile senza arrendersi a Mosca – e generalmente avverso alle “élite delle coste”, i privilegiati cittadini che tutto comandano senza tenere conto degli ultimi. Basta con questa casta all’americana, insomma, è ora di volti nuovi, parola di Kennedy.