A due chilometri dai russi

Viaggio con la Decima brigata a tu per tu con la controffensiva ucraina

Cecilia Sala

“Quelli della Wagner non sono umani. Gli spari addosso e non si scompongono”, ci dice un soldato dell'esercito di Kyiv a nord di Bakhmut, a meno di due chilometri dalla fila di alberi dove si nascondono i russi 

Nord di Bakhmut, dalla nostra inviata. Meno di due chilometri di prato verde brillante separano le posizioni della Decima brigata dell’esercito ucraino dalla fila di alberi dove si nascondono i russi. Quando tra le foglie scure si vedono delle piccole scintille è meglio abbassare la testa entro tre secondi. Tutti gli otto uomini che tengono questa posizione hanno combattuto a Soledar che, se ti alzi in piedi, puoi vedere sull’altura di fronte. Soledar è la città gemella di Bakhmut presa dai russi a gennaio, una battaglia in cui i due eserciti erano talmente vicini che alcuni dei loro compagni hanno ucciso oppure sono stati uccisi a pugnalate. Quale brigata russa pregate di non trovarvi di fronte? “La Wagner. Quelli che abbiamo conosciuto a Bakhmut mentre spari contro di loro non si scompongono, crollano a terra soltanto quelli che hai ucciso e gli altri continuano a venire verso di te come gli zombi. Devono essere drogati perché anche al combattente più abile viene da abbassare la testa quando esplode qualcosa a un metro di distanza, loro restano immobili”, dice Buba, il più esperto del gruppo.

 

Un reporter di guerra famoso, Yury Butusov, ha scritto che nessun’altra brigata ucraina ha tenuto i propri uomini sempre in prima linea quanto la Decima. Il Kyiv Post l’ha inserita tra le prime cinque di quelle da guardare con attenzione per capire dove va la controffensiva. “Con la Wagner non hai neppure il tempo di pulire una volta il fucile: non so se le sparate di Prigozhin contro il ministero della Difesa  siano un gioco orchestrato dal Cremlino o sincere ma, guardando alla cosa da Bakhmut, si capisce perché Putin non possa fare a meno di Prigozhin almeno finché non è finita questa guerra”, aggiunge Nikita, 28 anni. 

 

La Decima è una brigata di montagna che ha il suo quartier generale nell’ovest, nell’oblast di Ivano-Frankivsk, ma è abituata a stare sulle colline del Donbas sotto l’artiglieria russa dal 2015. La regione da cui vengono gli otto soldati è sempre stata particolarmente ostile a Mosca, anche prima della Rivoluzione arancione del 2004 e di Euromaidan nel 2014. Buba è un quarantenne che di mestiere spara con il mortaio e non fa una pausa da cinque mesi: “Non ho motivo di fermarmi, mia moglie e mia figlia di otto anni sono al sicuro in Germania e non sarebbe comunque facile vederle. Finché sono utile, posso continuare a combattere”. Sotto terra, nel punto più profondo di un cunicolo lungo fatto a forma di L, ci sono due ventenni che combattono con i joystick: il loro lavoro è muovere i droni e trovare gli obiettivi di cui passare le coordinate a Buba perché spari nel punto giusto. Tre giorni fa, a nord-est di Bakhmut, la Decima ha tentato di sfondare le difese russe, in un’incursione i soldati hanno attraversato un campo minato ma la breccia non ha retto, per il momento non sono riusciti a stabilire posizioni più avanzate. 

 

“L’arma più fastidiosa sono i carri armati per un motivo semplice: le bombe che sparano hanno una velocità superiore a quella del suono. Praticamente prima ti colpisce e soltanto dopo senti il botto di quel cannone che entra in azione: non puoi evitarlo”, dice Buba. Abbiamo parlato di un video diventato virale di un soldato ucraino in trincea che è impazzito, gli ho chiesto come faccia a non avere bisogno di una pausa. “Questi casi esistono, ma rispetto ad altri tipi di guerre i traumi psichici qui sono meno. Mio zio ha combattuto in Afghanistan, lì erano un branco di sovietici spediti in un posto che non conoscevano circondati da persone che non capivano e consideravano aliene, di cui avevano paura. Noi siamo una squadra rodata e combattiamo a casa nostra, circondati da persone che ci ringraziano, abbiamo molto chiaro il motivo per cui lo stiamo facendo e conosciamo fin troppo bene il nostro nemico. La convinzione e la gratitudine aiutano a mantenere i nervi a posto”.