Il tappeto di Minsk

Putin sposta in Bielorussia tutto ciò che ha di più pericoloso

Micol Flammini

Lukashenka si prepara ad accogliere gli arsenali e i combattenti ribelli. Il capo del Cremlino svela quanto gli costa la Wagner di Prigozhin, che adesso lascia le armi pesanti al ministro della Difesa Shoigu

La gara ad avere l’ultima parola, la rincorsa dei proclami oggi l’ha voluta chiudere e vincere Vladimir Putin. Non soltanto il presidente  ha parlato di fronte alle Forze armate della Russia per ringraziarle di aver fermato “una guerra civile”, ma è anche intervenuto davanti alle  telecamere per elencare tutto quello che  il ministero della Difesa ha dato alla compagnia di mercenari Wagner guidata da Evgeni Prigozhin. Il primo munifico, la seconda ingrata. 

 

Il presidente ha detto  che è stato sempre lo stato a finanziare i mercenari, e per fare un esempio ha quantificato:  da maggio 2022 allo stesso mese del 2023 i combattenti hanno preso 86 miliardi di rubli, circa 900 milioni di euro. Ha fatto riferimento a Prigozhin chiamandolo “il proprietario della Concord”, dal nome della società che tiene insieme tutti gli affari del mercenario, accusandolo di affarismo. Chiunque scalfisca l’immagine del presidente, chiunque gli rubi la scena,  va allontanato, anche se è l’uomo che per anni ha gestito tutti i suoi affari più loschi e importanti. Putin detesta le sfide, anche quelle elettorali, la marcia di Prigozhin è stata un grande affronto e anche un messaggio alle élite: si può marciare su Mosca, essere considerati pubblicamente dei traditori, ma comunque ottenere una via di uscita, basta partecipare al gioco del “non è successo nulla”. 
Per meglio scrivere le regole di questo gioco, Putin ha mandato Prigozhin in Bielorussia, a casa di Aljaksandr Lukashenka, il mediatore che ha messo fine  alla ribellione. Questa mattina ha parlato anche il dittatore bielorusso, e si è goduto il suo palcoscenico, nonostante gli sia stato concesso di tenere il  discorso per ultimo, dopo Prigozhin e dopo Putin. Ha enfatizzato il suo ruolo di mediatore, ha detto che il suo esercito è stato messo in allerta, che non teme rivoluzioni colorate, e poi ha raccontato che il capo della Wagner non rispondeva alle telefonate di Putin e acconsentiva di parlare soltanto con lui e che il presidente russo voleva eliminare il capo dei mercenari, ma ha dato ascolto alle sue  parole: “Non farlo”. E Putin non l’ha fatto. 

 

E’ il momento di Lukashenka, che si prepara ad accogliere tutto ciò che la Russia ha di più pericoloso: le armi tattiche nucleari per cui Mosca ha costruito gli arsenali,  e adesso anche i combattenti riottosi e il loro capo con ambizioni politiche. Nessuno sapeva dell’amicizia tra Lukashenka e Prigozhin, probabilmente il rapporto tra i due è stato esagerato per dare importanza al dittatore bielorusso e rendere credibile l’idea della sua mediazione. Il “proprietario della Concord”, come l’ha definito Putin, è arrivato martedì a Minsk con il suo jet privato decollato da Rostov sul Don, e adesso rimarrà a due passi da Lukashenka. Quali saranno i suoi compiti in Bielorussia non si sa, alcuni uomini della Wagner lo stanno raggiungendo e questa riunione di combattenti allontana l’idea di un esilio. In Bielorussia Putin parcheggia e nasconde, dalla Bielorussia è partito l’attacco contro Kyiv, e nel suo ultimo messaggio, Prigozhin ha detto che uno dei motivi della marcia era quello di dimostrare come un esercito organizzato e competente sarebbe stato in grado di arrivare spedito fino alla capitale ucraina. Lukashenka ha tranquillizzato sulla convivenza tra la Wagner e gli arsenali, l’intelligence americana ha confermato la presenza del mercenario in un albergo di Minsk senza finestre, i bielorussi non sono affatto tranquilli né contenti di come il dittatore sta accogliendo nella loro nazione  le armi di Putin e quello che il presidente russo non vuole più vedere. 

 

Lukashenka si barcamena tra l’immagine del pacificatore e quella del combattente, ma nessuna delle due convince. Oggi ha ricevuto anche un regalo da parte del suo ministro della Difesa, Viktor Khrenin, che, secondo l’agenzia di stampa bielorussa Belta, gli avrebbe donato una copia del modello della prima bomba atomica sviluppata in Unione sovietica. Lukashenka siede in questo momento su un arsenale umano e di armi difficile da controllare, molto pericoloso. L’annessione della Bielorussia da parte di Putin non procede come quella illegittima della Crimea, non è un furto di territorio, ma è crescente, silenziosa, un dato di fatto che lega Minsk al Cremlino e alla guerra.  Il ministero della Difesa russo ha detto che la Wagner consegnerà all’esercito le armi pesanti, i servizi segreti dell’Fsb hanno annunciato che il procedimento contro gli ammutinati è stato archiviato. Tutti hanno fretta di far finta che non sia successo nulla, che il clamore sia stato momentaneo, ma nulla è stato risolto. E’ stato spostato. Adesso è tutto in Bielorussia, sotto al tappeto. 

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)