Vincent Bolloré (LaPresse)

Editoria e politica

Un'altra protesta contro il metodo Bolloré sui media. Il caso del Jdd

Mauro Zanon

Geoffroy Lejeune, ex direttore di un magazine della destra identitaria, è stato nominato a capo del celebre settimanale di Parigi: per molti dietro c’è il patron di Vivendi. Lo sciopero dei redattori e l’appello dei giornalisti in difesa della libertà

Parigi. Il Journal du dimanche non è soltanto un settimanale: è un’istituzione della stampa francese, creata nel 1948 da Pierre Lazareff, all’epoca direttore di France Soir. Il Jdd, come lo chiamano affettuosamente in Francia, è il giornale onnipresente la domenica mattina al bancone dei bar-tabac: con il suo famoso baromètre politique, il termometro della popolarità del presidente, dei ministri e dei leader dell’opposizione, e con i suoi scoop sulla vita politica parigina. Da quando è nato, ha sempre avuto una linea moderata, centrista, filo-istituzionale. Presto, tuttavia, potrebbero esserci forti turbolenze. La scorsa settimana, alla guida del Jdd è stato nominato a sorpresa Geoffroy Lejeune, sulfureo ex direttore di Valeurs Actuelles, il magazine della destra identitaria francese, noto per aver pubblicato nel 2016 un libro in lode di Éric Zemmour, pensatore e presidente del partito nazionalista Réconquête, spingendolo a candidarsi alle presidenziali.

 

Un cambio di direzione che, secondo la maggior parte degli osservatori, sarebbe stato deciso direttamente da Vincent Bolloré, patron di Vivendi e proprietario da poco di Lagardère, il gigante dell’editoria francese che controlla il Journal du dimanche. “È il giornale che è sulla tavola dei francesi ogni domenica. Non vorrei dunque che perdesse il suo carattere moderato e pluralista”, ha dichiarato su France Info la presidente dell’Assemblea nazionale, Yaël Braun-Pivot. E a gamba tesa è intervenuta anche la ministra della Cultura, Rima Abdul-Malak. “Il mio rituale della domenica è svegliarmi con il Jdd. Capisco le inquietudini della redazione. Dal punto di vista del diritto, il Jdd può diventare ciò che vuole, fintanto che rispetterà la legge. Ma per i nostri valori repubblicani come si può non allarmarsi?”, ha twittato la ministra della Cultura. I giornalisti della redazione del Jdd sono in sciopero dalla scorsa settimana contro la nomina di Lejeune, colui che, secondo un collaboratore di Valeurs Actuelles, aveva trasformato il suo precedente settimanale in “una setta”, dove lui era il guru e tutti dovevano essere allineati. Uno sciopero, prolungato fino a mercoledì, che ha impedito l’uscita del Jdd due giorni fa: fatto rarissimo, accaduto solo un’altra volta in settantacinque anni di esistenza.

 

Il timore dei giornalisti del settimanale è che si verifichi lo stesso fenomeno accaduto negli altri media fagocitati dall’impero del magnate bretone: cambio brusco del direttore e dei caporedattori e intervento pesante sulla linea editoriale per orientare la testata alla destra della destra. “Ha fatto pulizia a I-Télé (l’attuale Cnwes, la Fox News francese, ndr) e ci siamo girati dall’altra parte. Poi è avvenuta la stessa cosa a Canal Plus, ma ci siamo detti che non era grave, perché è una rete criptata. In seguito è toccato a Paris Match, a C8 e a Europe 1, nell’indifferenza. Ha lanciato in orbita un candidato (Éric Zemmour, ndr) nel 2022, e ora impone la sua linea al Jdd. Ma è a sinistra il terrorismo intellettuale”, ha twittato indignato Olivier Faure, segretario del Partito socialista. Nella gauche, le parole di solidarietà nei confronti della redazione sono arrivate sia dagli ecologisti che dai mélenchonisti. A destra, invece, hanno criticato l’incursione della ministra della Cultura nell’affaire del Jdd, che, pur ricevendo fondi pubblici, resta pur sempre un’impresa privata.

 

“La mia preoccupazione è che un  politico, a prescindere dal suo orientamento, si esprima sul futuro di una redazione”, ha reagito Jean-Pierre Tanguy, deputato del Rassemblement national di Marine Le Pen, ritenendo inopportuno il commento di Rima Abdul-Malak, che non dovrebbe “dare la sua opinione su una linea editoriale”. La Società dei giornalisti del Jdd si è invece espressa in maniera netta affinché l’editore faccia retromarcia sulla nomina di Lejeune: “La redazione del Jdd si rifiuta di essere diretta da un uomo le cui idee sono in contraddizione totale con i valori del giornale”. La battaglia della redazione dello storico domenicale francese ha ricevuto il sostengo di una trentina di società di giornalisti dei grandi media francesi: France Télévisions, il Figaro, il Monde, il Parisien, Libération, Radio France e anche Paris Match, l’altro magazine di punta del gruppo Lagardère. Tutti hanno messo la loro firma in un appello in difesa della libertà della stampa pubblicato domenica su Mediapart. E gridano: no alla bollorizzazione della stampa francese.

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