fuga dal sahel
I Caschi Blu dell'Onu lasciano il Mali nelle mani della Wagner e dei jihadisti
La missione Minusma si ritira su richiesta della Giunta militare. Del Re, Rappresentante speciale dell'Ue: "Al Consiglio di Sicurezza tutti sorpresi, a parte la Russia. Ora si lascia un vuoto immenso". Mosca esulta, mentre l'Europa si prepara ad altri profughi
A partire da sabato prossimo, la missione di peacekeeping dell’Onu Minusma comincerà il suo ritiro dal Mali e lascerà la giunta militare al potere nelle mani esclusive dei mercenari russi della Wagner. La decisione improvvisa di ritirare i Caschi Blu dal paese è un grave colpo per l’Europa, perché fra i compiti di Minusma c’era quello di mettere in sicurezza gli sfollati interni, molti dei quali in fuga dalle milizie affiliate ad al Qaida e allo Stato islamico. “Città contese come Gao saranno ancora meno al sicuro e gli sfollati si sposteranno nei paesi limitrofi come il Niger”, spiega al Foglio Ulf Laessing, capo del programma per il Sahel alla Konrad Adenauer Foundation di Bamako. “Questo significa più rifugiati diretti verso il Mediterraneo”.
Oggi è previsto il voto finale al Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Secondo una bozza di accordo presentata dalla Francia e visionata da Reuters, il ritiro si concluderà alla fine dell’anno, al termine di un periodo di transizione che avrà inizio il primo luglio. Si tratta del secondo grande passo indietro dal Mali, dopo che lo scorso anno i francesi hanno ritirato la loro missione militare Barkhane per dissidi con la giunta militare maliana, al potere dal colpo di stato del 2020. Da allora si sta tentando di rafforzare la presenza in Niger per mettere al sicuro le zone di confine, ma con risultati molto ridimensionati.
L’assistenza militare offerta finora dai mille uomini della Wagner presenti in Mali si è rivelata fallimentare. Intere regioni del paese, come quella orientale di Ménaka, sono sotto il controllo dei jihadisti, che nel Sahel sono in una fase di grande espansione, più che in medio oriente. Nonostante questo, il ritiro della missione dell’Onu è stato richiesto la settimana scorsa proprio dal governo di Bamako, che preferisce affidarsi ai russi. “L’impressione è che tutti i paesi in seno al Consiglio di Sicurezza fossero sorpresi dall’annuncio di Bamako che chiedeva il ritiro della missione. Tutti, tranne la Russia”, dice al Foglio Emanuela Del Re, Rappresentante speciale dell’Ue per il Sahel. “Non si deve sovrastimare il ruolo operativo della Wagner in Mali, ma è innegabile che è bastato un manipolo di uomini per influenzare la politica del paese, spingendolo verso l’isolamento. Il risultato è che ora si creerà un immenso vacuum di sicurezza”.
Due giorni fa il ministro degli Esteri di Mosca, Sergei Lavrov, ha detto che le missioni dei mercenari “in Mali e Repubblica centrafricana continueranno” anche dopo l’insurrezione degli uomini di Evgeni Prigozhin dello scorso fine settimana. Gli aerei che trasportavano rifornimenti di uomini e mezzi fra Krasnodar in Russia, Latakia in Siria e il Mali sono andati avanti anche nelle ultime ore. Lavrov ha definito gli uomini della Wagner impegnati nel paese africano dei semplici “addestratori”, ma come dimostrato dalle indagini concluse dalle Nazioni Unite di recente, i mercenari assicurano ogni genere di assistenza ai militari maliani, dalla pianificazione all’esecuzione materiale di operazioni contro i jihadisti. In molti casi, queste operazioni si sono trasformate in stragi efferate, come quella del marzo 2022 nella cittadina di Moura, dove russi e maliani hanno massacrato 500 civili durante quella che hanno definito “operazione antiterrorismo”. Secondo Del Re, la Giunta ha chiesto il ritiro di Minusma anche per potere continuare ad agire nell’impunità: “Vogliono evitare interferenze internazionali sulle loro missioni antiterrorismo”, spiega la rappresentante dell’Ue.
In cambio della loro assistenza, i mercenari russi ottengono dal governo di Bamako una fetta degli introiti derivanti dalle attività minerarie, soprattutto per l’estrazione di oro e diamanti. “La presenza dei russi in Mali è relativamente recente e il loro business nel settore minerario non è ancora paragonabile a quello nella Repubblica centrafricana”, dice Laessing. Ciononostante, l’influenza sulle scelte politiche della giunta militare è già evidente, con il parziale sostengo della popolazione. Una decina di giorni fa, qualche migliaio di manifestanti si era riversato per strada a Bamako per protestare contro la missione Minusma. Molti di loro avevano cartelli con scritto “Viva il Mali! Viva la Russia!” e “Abbasso la Francia!”. “E’ una missione diabolica, inutile e fallimentare e deve lasciare il paese”, aveva detto ad al Jazeera uno dei contestatori. “La gente credeva che i Caschi Blu avrebbero combattuto attivamente i jihadisti ma questo non è mai stato il vero mandato della missione – dice Laessing, da poco tornato dalla provincia di Mopti, interessata dagli scontri con gli islamisti – Per questo, molti maliani, soprattutto nella capitale, credono che Minusma sia stata un fallimento. Ma fuori Bamako molti pensano il contrario, perché invece ha assicurato lavoro e servizi che lo stato non riesce a garantire”.