Al Consiglio Ue
Lacrime di coccodrillo al vertice dell'Europa fortezza. I possibili scontri tra i 27
Cooperazione con paesi terzi, accelerazione sui rimpatri, memorandum con la Tunisia: ecco i tre pilastri della bozza di conclusione del vertice che si terrà oggi e domani a Bruxelles. A guastare il clima potrebbero essere Polonia e Ungheria
Bruxelles. I capi di stato e di governo dell’Unione europea oggi confermeranno la strategia dell’Europa fortezza nel loro tentativo di risolvere i problemi migratori dei ventisette stati membri. Cooperazione con i paesi terzi per fermare le partenze e intercettare i migranti in mare, memorandum con la Tunisia come modello per altri paesi della sponda sud del Mediterraneo e accelerazione dei rimpatri sono le tre principali misure contenute nella bozza di conclusione del Consiglio europeo. Sul naufragio di Pyros, nel quale sono morte circa 650 persone, ci saranno solo lacrime di coccodrillo: un richiamo per esprimere la “profonda tristezza” dei leader dell’Ue. La priorità non sono le attività di ricerca e soccorso in mare, ma “fare passi per prevenire sbarchi e partenze”, spiega al Foglio un diplomatico dell'Ue: “Il search and rescue è un tema troppo controverso. Lo abbiamo già constatato al Consiglio europeo di febbraio, quando si è discusso per ore provocando solo divisioni tra i ventisette”.
A guastare il clima al Consiglio europeo potrebbero essere Polonia e Ungheria, ma non perché i due governi nazionalisti di Mateusz Morawiecki e Vitkor Orbán siano contrari alla strategia dell’Europa fortezza. Varsavia e Budapest sono infuriate per il voto a maggioranza qualificata al Consiglio sul nuovo Patto su migrazione e asilo, che prevede un meccanismo di solidarietà obbligatoria, con la scelta tra ricollocamenti o contributi finanziari. Morawiecki e Orbán potrebbero mettere il veto sulle conclusioni del Consiglio europeo. Polonia e Ungheria protestano perché nel lontano 2018 il Consiglio europeo aveva deciso che il nuovo Patto su migrazione e asilo sarebbe stato adottato per consenso. Il voto a maggioranza qualificata al Consiglio Affari interni di inizio giugno andrebbe contro quella promessa. “Le conclusioni del 2018 non sostituiscono il trattato”, dice il diplomatico dell’Ue: “La procedura è stata rispettata e prevede un voto a maggioranza qualificata”. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, non intende fare concessioni a Varsavia e Budapest. Ma Morawiecki e Orbán rischiano di compromettere il clima di cooperazione sulle politiche migratorie. Un altro potenziale scontro riguarda la richiesta avanzata da otto paesi (Danimarca, Grecia Malta, Slovacchia, Austria, Lettonia, Lituania ed Estonia) di trovare “soluzioni innovative” sulle richieste di asilo.
Dietro questa espressione c’è l’idea di obbligare i migranti a chiedere protezione internazionale fuori dai confini dell’Ue (nei consolati o in hot spot ospitati da paesi terzi). “Il riferimento al modello Ruanda non trova consenso” tra i ventisette, spiega un’altra fonte. Nel 2018 fu lanciata l’idea di “piattaforme regionali di sbarco nei paesi dell’Africa del nord. I primi a opporsi furono i tunisini. Questo tipo di soluzioni non può funzionare”, ricorda la fonte. Se gli otto insisteranno, la Germania potrebbe reagire chiedendo una missione dell’Ue di salvataggio in mare, che riaprirebbe la frattura di febbraio. La Germania è anche il principale ostacolo alla richiesta dell’Italia di firmare un assegno in bianco per il presidente tunisino, Kais Saied: un memorandum che prevede 105 milioni di euro per le migrazioni, 150 milioni di sostegno al bilancio e 900 milioni di assistenza macrofinanziaria. Michel è favorevole. Ma Berlino insiste per avere prima un accordo tra la Tunisia e il Fondo monetario internazionale su un programma di salvataggio da 1,75 miliardi, che Saied non vuole sottoscrivere per la richiesta di sopprimere i sussidi sui carburanti.