l'editore

Che fine hanno fatto gli affari editoriali di Prigozhin

Micol Flammini

Il capo della Wagner possiede un gruzzolo di testate che negli anni hanno seguito la linea del Cremlino e adesso o tacciono sulla sua ribellione o lo chiamano "combattente da divano". Il gruppo Patriot e il racconto di ventoquattro ore di attesa

Le ultime immagini di Evegeni Prigozhin lo ritraggono in mimetica e giubbotto antiproiettile, è così che il suo personaggio si è fatto conoscere al pubblico internazionale: come il condottiero in verde militare con berretto o casco, con addosso gli stessi colori che ormai sono associati al presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Quella di Prigozhin è stata una scelta precisa, da uomo nell’ombra che svolgeva gli affari nascosti per conto del Cremlino ha deciso di farsi conoscere, vedere, ascoltare vestito da militare, in modo che non venisse confuso con gli altri, i ministri rimasti a Mosca, lontani dal fronte, che lui accusa di corruzione. Prigozhin non si è più visto, anche il generale che conosceva il suo piano, Sergei Surovikin, è scomparso. Secondo il Financial Times sarebbe stato arrestato, la figlia ha smentito, ma alcuni giornalisti moscoviti  informati hanno detto che è stato licenziato, assieme al suo vice Andrei Yudin. 

 

Sia Surovikin sia Prigozhin volevano essere identificati come coloro che avrebbero potuto trasformare le sorti della guerra, il Cremlino non era interessato alla loro offerta e adesso si mostra disinteressato alle loro sorti. Prigozhin però non ha sempre indossato la mimetica, e se è nota la sua immagine da condottiero è meno riconoscibile quella da signore dei media. 
Il capo della Wagner possiede un consistente gruzzolo di testate, blog e canali telegram, che nel 2019 finirono tutti dentro al gruppo Patriot (da pronunciare con l’accento sulla o), che vuol dire “patriota”. Il sito della Patriot presenta in testa una definizione di patriottismo, identificato come amore per il paese, rispetto per la cultura e le tradizioni. Uno dei siti su cui la Patriot ha  investito di più è Ria Fan, che il giorno della marcia della Wagner verso Mosca si è comportata in modo non diverso da quello delle altre testate russe. Ha atteso, ha guardato se fosse più conveniente dimostrarsi dalla parte di Vladimir Putin o di Evgeni Prigozhin e ha pubblicato notizie sulla crisi dell’equilibrio mentale nel Regno Unito o sulle proteste in Argentina. Il sito Meduza ha monitorato Ria Fan durante tutta la marcia e ha scritto che soltanto a volte apparivano informazioni su cosa stava avvenendo per le strade russe senza alcun riferimento esplicito alla Wagner e a Prigozhin. Lunedì scorso, Ria Fan ha cambiato indirizzo per aggirare il blocco della Roskomnadzor, il servizio federale che si occupa di comunicazioni e che due giorni prima aveva chiuso l’accesso al sito.

 

Il Prigozhin editore segue la stessa linea del Prigozhin capo dei mercenari e tra gli argomenti principali del sito Ria Fan il primo è “esercito”, mentre in alto si vede una z arancione e nera con accanto la scritta “eroi”. L’attività mediatica del capo dei mercenari è iniziata nel 2013, in concomitanza con quella della Wagner, e le sue testate si sono espresse sempre a favore della linea del Cremlino su tutto. Sono l’altro braccio della propaganda, nato come fabbrica dei troll e poi trasformata in fabbrica dei media. I siti sono gli affari del Prigozhin in giacca e cravatta, ma adesso anziché servirgli da megafono, su di lui tacciono, per loro il capo non esiste più e hanno fatto di tutto per far dimenticare la marcia verso Mosca, unendosi alla ricostruzione che degli eventi ha scritto il Cremlino. Attraverso il suo gruzzolo mediatico, Prigozhin serviva Putin, instancabilmente, e il compito delle sue testate era e continua a essere quello di rafforzare i sentimenti patriottici. fra le testate del gruppo Patriot c’è anche la Komsomolskaya pravda, che ieri ha pubblicato un  articolo che si pone l’obiettivo di spiegare come mai gli “eventi di sabato non hanno indebolito ma rafforzato” la Russia. Nel pezzo la Wagner viene chiamata “esercito da divano” e i “prigozhiniti” vengono definiti “russi perduti”, la cui ribellione non ha quindi sorpreso nessuno. Conclude la Komsomolskaya pravda: adesso andiamo avanti, per far dispetto ai nemici. Con questo articolo si vuole mettere un punto alla vicenda, ma mentre Prigozhin non si trova, chi abbia messo le mani sulla Patriot, non si sa. 

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)