l'intervista

Il piano sulle banlieue cestinato e l'integrazione. Le proteste francesi secondo il sociologo Kokoreff

Mauro Zanon

L'esperto di banlieue e professore all’Università Paris 8 spiega ciò che accomuna e differenzia le rivolte in Francia del 2005 con quelle di oggi

Parigi. “Le stesse cause, sociali, urbane, etnico-razziali, politiche e morali, producono gli stessi effetti, miseria, precarietà, ghettizzazione, razzismo, discriminazione e abbandono: ecco ciò che accomuna le rivolte delle banlieue del 2005 e quelle che si stanno producendo oggi”. Michel Kokoreff, sociologo esperto di banlieue e professore all’Università Paris 8, analizza in una conversazione con il Foglio le proteste che stanno incendiando la Francia

 

“Sia nel 2005 sia oggi abbiamo il medesimo fattore scatenante, la morte di un giovane  dei quartieri popolari e che discende dall’immigrazione, ma anche lo stesso canovaccio, ossia l’emozione collettiva, la collera, le degradazioni, le devastazioni e gli scontri con la polizia, gli appelli alla calma sotto forma di marcia bianca e la strumentalizzazione politica delle violenze”, spiega Michel Kokoreff, prima di aggiungere: “Ciò che invece è diverso è l’effetto provocato del video dell’assassinio del giovane Nahel, video che è diventato virale; l’estensione geografica fin dalla prima notte di rivolte e la sua dimensione nazionale (nel 2005, dopo una settimana); il fatto che si tratta della quinta vittima morta per un ‘rifiuto di ottemperare’ nel 2023 (in netto aumento rispetto al 2020); la comparsa dei saccheggi: fatto raro, a eccezione delle rivolte del 1990 a Vaulx-en-Velin nelle città periferiche, ma anche nel centro di Parigi”.

 

Ciò che sorprende di queste rivolte è la giovanissima età dei riottosi. “E’ in effetti un altro punto in comune col 2005: sono dei ‘ragazzini’ (15-20 anni). Molte cose contribuiscono al loro sentimento di esclusione: il razzismo e la discriminazione a scuola, i controlli ruvidi della polizia, il soffitto di cristallo per accedere al lavoro, l’assenza di prospettive per il futuro. Hanno la sensazione che la République non mantenga le sue promesse, che le parole liberté, égalité e fraternité siano vuote, prive di significato. Paradossalmente, sono iperintegrati! Ecco il perché della loro attrazione per le marche e gli oggetti digitali, del loro ‘look’, del loro iperconsumo dei servizi di internet, del loro appello a dei valori di giustizia e verità. Tuttavia, non hanno niente da perdere a differenza di quelli più grandi, o sono manipolati da questi ultimi”, dice Kokoreff.

 

Autore di due saggi di riferimento sulle banlieue francesi come “Sociologie des émeutes” e “La Diagonale de la rage”, Kokoreff si sofferma sul piano Borloo per le banlieue del 2018, che avrebbe potuto cambiare le cose, “cestinato” dal presidente della Repubblica, Emmanuel Macron. “Siamo stati in molti, militanti dei quartieri e del tema dell’immigrazione, ricercatori e giornalisti, ad aver lanciato l’allarme sulla situazione delle banlieue. Ma non siamo stati ascoltati”. La morte del giovane Nahel è l’“ennesimo omicidio della polizia” degli ultimi anni, sottolinea il sociologo francese, secondo cui il problema della violenza tra le forze dell’ordine francesi è sistemico.

 

“E’ un fatto storico e sociale, che ho documentato nel mio libro ‘Violences policières, généalogie d’une violence d’État’ (2020, Textuel)”, dice il sociologo. “Ho fatto risalire questo fenomeno ai massacri di stato prima e durante la guerra d’Algeria (Sétif, 1945, Parigi, 1961 e 1962, etc.), prima che la violenza della polizia non si abbattesse sui quartieri popolari a partire dagli anni Settanta”. Sbavature e derive che si sono verificate anche durante “i movimenti sociali” degli ultimi anni, afferma Kokoreff, con i gilet gialli e la mobilitazione contro la riforma delle pensioni. “Per molto tempo, la sinistra non comunista ha eluso questo problema: non è più così oggi, e più precisamente dall’ultima campagna per le presidenziali”, dice il sociologo francese, prendendo in parte le difese del presidente della France insoumise, Jean-Luc Mélenchon, che la destra identitaria trasforma in “pompiere-piromane”, accusandolo di essere indirettamente responsabile dei saccheggi. 

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