Il calvario di Saakashvili e il destino europeo di Georgia e Ucraina

Paola Peduzzi

Il corpo emaciato dell'ex presidente georgiano, che muore lentamente in prigione, e l'appello di Volodymyr Zelensky all’Europa

Milano. Mikheil Saakashvili ha mostrato il suo corpo emaciato comparendo in video durante un’udienza del processo in corso a suo carico in Georgia per aver disperso una manifestazione di protesta nel 2007: l’ex presidente (per due volte) della Georgia si è sollevato la maglietta, ha mostrato gli ematomi e le ossa, ha detto di essere innocente e ha chiesto di poter uscire dall’ospedale-prigione in cui è rinchiuso dopo essere stato arrestato nel 2021: sconta una condanna a sei anni di carcere per abuso di potere, dopo un processo in absentia che si è svolto nel 2018. 

 

Lasciatemi uscire “con un braccialetto elettronico” se necessario, ha detto Saakashvili – alle sue spalle, sul muro, c’era una bandiera ucraina – ma permettete al popolo georgiano di vedermi, di guardarmi, di decidere se quel che mi viene fatto è giusto o sbagliato. La volontà dell’ex presidente di “aprire un dibattito” sulla sua prigionia è proprio la ragione per cui nell’ottobre del 2021 fu arrestato non appena mise piede dopo molti anni in Georgia: il partito oggi al governo, Sogno georgiano, teme che Saakashvili rientri in politica e possa mettersi a capo di quell’opposizione che scende in piazza con le bandiere dell’Europa e dell’Ucraina e chiede di poter completare il percorso che proprio l’ex presidente aveva iniziato, in direzione Nato e Unione europea. E’ per questa paura – che è la paura di Vladimir Putin, la ragione per cui invase la Georgia nel 2008 e la ragione per cui oggi vorrebbe buttare in galera il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e farlo morire lentamente, come da protocollo delle carceri sovietiche – che le autorità georgiane riservano a Saakashvili questo trattamento.

 

Oggi l’ex presidente pesa circa 65 chili: ha fatto un lungo sciopero della fame appena entrato in carcere, e il governo georgiano spiega così la perdita di peso. Ma come ha scritto Anne Applebaum sull’Atlantic, ci sono cose che non si spiegano in questo supplizio: i lividi, le tracce di mercurio e arsenico nelle unghie e nei capelli, il dolore forte e costante alla spalla sinistra e al collo, le quattordici medicine che gli vengono somministrate giornalmente (per alcune la vendita è vietata negli Stati Uniti), le convulsioni. “La morte lenta in prigione era una specialità sovietica – scrive la saggista americana – Non un assassinio, ma un declino ben monitorato, attentamente controllato, lungo ed estenuante. Molte delle persone che sono morte nelle prigioni sovietiche non sono state uccise, sono state debilitate fino a che il loro cuore  ha smesso di battere”.     

 

Zelensky ha fatto un appello a Tbilisi e all’Europa chiedendo di salvare Saakashvili, ha convocato l’ambasciatore georgiano a Kyiv e gli ha dato 48 ore per lasciare la città e tornare in Georgia a convincere i suoi capi a fermare questa tortura di stato. Saakashvili ha la cittadinanza ucraina, è stato governatore della regione di Odessa per volere dell’ex presidente Petro Poroshenko con cui poi ha litigato (si dimise dall’incarico denunciando la corruzione di Poroshenko), ma l’incrocio dei destini della Georgia e dell’Ucraina è molto più profondo delle vicende personali (e altalenanti) dei presidenti: i popoli di questi due paesi, per la maggior parte, credono che il loro futuro sia lontano dalla Russia, hanno protestato per mostrare la loro convinzione, hanno eletto dei rappresentanti che li accompagnassero su questa strada e quando invece si sono ritrovati con leader vicini al Cremlino li hanno contrastati e combattuti. Oggi si ritrovano insieme alle porte della Nato – nel 2008, appena dopo l’invasione russa nell’Abkhazia tuttora occupata, fu negato ai due paesi l’ingresso, nonostante le molte promesse – e dell’Unione europea, e intrecciano le loro bandiere. A Tbilisi il governo di Sogno georgiano si oppone a questo abbraccio, teme la Russia (i carri armati di Putin sono a 30 chilometri dalla capitale, Abkhazia e Ossezia del sud sono ancora occupate) e ci fa affari, cercando un equilibrio impossibile in una regione in cui i confini sono costantemente sotto attacco.

 

L’unica speranza – anche per Saakashvili – è la presidente della Georgia, Salomé Zourabichvili, che mostra la sua solidarietà non soltanto all’Ucraina (ideale, perché fondi a disposizione non ce ne sono), ma anche all’ambizione europea di gran parte del popolo georgiano. Ricorda a Sogno georgiano che proprio la sua nomina a presidente –  Zourabichvili è francese ed è stata ministro nel governo di Saakashvili – era stato il segnale di una condivisione di obiettivi, va a Bruxelles a spiegare gli sforzi fatti dal suo paese per ottenere i requisiti necessari all’ingresso nell’Ue e fa da megafono all’opposizione georgiana, al torturato di stato Saakashvili perché l’Europa non ignori un’altra volta il desiderio europeista di questi paesi soffocati dalle mire espansionistiche russe.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi