l'emirato artico
Il sottosuolo della Norvegia è ricco di risorse vecchie e nuove: dal petrolio alle terre rare
Per quantità di idrocarburi Oslo sta prendendo il posto della Russia come grande fornitore della Ue. E ora promette di soddifare la domanda delle materie prime necessarie al processo di decarbonizzazione
C’è un nuovo Emirato che sta nascendo tra Artico e Mare del nord, che promette di diventare più importante di Arabia Saudita e Kuwait, e che si chiama Norvegia. L’Arabia Saudita e l’Iran, come l’Iraq o la Libia o il Venezuela o la Russia, infatti, sono potenze per idrocarburi, petrolio e gas, ricchezze che, man mano che si va verso la transizione energetica, sono destinate a perdere importanza rispetto ai produttori di litio del “triangolo sudamericano” Cile-Bolivia-Argentina, o alle terre rare, che l’occidente sta cercando disperatamente di togliere dal monopolio cinese; o alle altre materie prime legate a tecnologie come l’auto elettrica o il fotovoltaico.
Ma la Norvegia ha scoperto di avere sia gli uni, sia le altre. Per quantità di petrolio e gas Oslo sta prendendo il posto della Russia come grande fornitore della Unione europea. Nel frattempo la Norvegia è un paese sempre più di punta della Nato, e il norvegese Jens Stoltemberg è il segretario generale dell’Alleanza che la guida durante l’invasione dell’Ucraina. Nel contempo Oslo ha iniziato a porsi anche come una possibile risorsa di terre rare. E adesso, addirittura, è saltata fuori una quantità di roccia fosfatica tale da eguagliare addirittura l’insieme di tutte le altre riserve mondiali. Secondo la Norge Mining, la società che sfrutterà il nuovo maxi giacimento, il deposito norvegese contiene infatti almeno 70 miliardi di tonnellate di roccia fosfatica. E secondo i dati forniti dallo Us Geological Survey nel 2021, finora nel mondo ce ne sono 71 miliardi: 50 in Marocco, 3,2 in Cina 2,8 in Egitto, 2,2 in Algeria. Si tratta, appunto, di una materia prima fondamentale per la produzione di dispositivi tecnologici altamente strategici per il futuro. La roccia fosfatica è infatti fondamentale per ottenere il fosforo, e attualmente al 90 per cento finisce così nella produzione di fertilizzanti. Ma il fosforo è essenziale anche nel processo di decarbonizzazione voluto dalla Ue: dalla realizzazione di pannelli solari e quella di batterie per le auto elettriche, di tipo Lfp (litio-ferro-fosfato).
Sempre secondo la Norge Mining, il contenuto del giacimento permetterebbe di soddisfare la domanda in questi settori da qui ai prossimi cento anni. Ma potrebbe anche aumentare. Scoperto nel 2018, il giacimento si estende infatti fino a 4.500 metri di profondità, ma non essendo per le tecnologie attuali possibile perforare il terreno completamente, i calcoli dei geologi si riferiscono per ora solo a un terzo del volume: fino a 1.500 metri dalla superficie. Ma da qui a un secolo la tecnologia potrà presumibilmente approfondire, nel senso più letterale del termine.
Nell’attesa la Petoro, società statale norvegese che gestisce 36 giacimenti di gas e petrolio, ha reso noti per il 2022 guadagni record: 528 miliardi di corone, pari a 46,37 miliardi di euro. E’ cinque volte di più quello che otteneva in un esercizio “normale”, secondo il termine usato dalla stessa Petoro; e un 54 per cento in più del 2021, che era già stato un anno record. La Norvegia ha ormai acquisito quote di mercato, che prima appartenevano a Mosca, in modo destinato a durare: almeno un terzo del gas oggi consumato nella Ue. Così a fine giugno il ministero norvegese del Petrolio e dell’Energia ha approvato 19 progetti di ricerca e produzione di idrocarburi offshore sulla piattaforma continentale, per un totale di oltre 17 miliardi di euro di investimenti, che dovrebbero aggiungere 700 milioni di barili.
Quanto alle terre rare, a novembre la Lkab, società statale svedese che è uno dei riferimenti europei nell’estrazione del ferro, ha fatto un forte investimento nell’azienda norvegese Reetec. Obiettivo: “estrarre elementi di terre rare come sottoprodotto della estrazione di minerale di ferro e creare le basi per una catena del valore nordica forte e sostenibile per i metalli delle Terre Rare”, ha spiegato il presidente e Ceo di Lkab Jan Moström. La società afferma di aver sviluppato “tecnologia innovativa” per separare gli elementi delle Terre Rare e “competere con la produzione dominante della Cina”, nella previsione che la domanda di terre rare da utilizzare nelle auto elettriche e nelle turbine eoliche sarà più che quintuplicata entro il 2030. Lkab calcola che la prima fabbrica di separazione di elementi di terre rare a Herøya produrrà già dal 2024 720 tonnellate di neodimio e praseodimio: il 5 per cento della domanda europea.