In Europa
Il piano tutto a destra di Weber si schianta sulla legge sulla natura
Il capogruppo del Partito popolare europeo ha visto in uno dei pilastri del Green deal l'occasione per recuperare consenso tra gli agricoltori, colpire von der Leyen e dimostrare ai gruppi centristi un'altra maggioranza possibile. Non è andata così: il Parlamento Ue ha approvato testo
Molto più che una vittoria dei sostenitori del Green deal, il voto al Parlamento europeo sulla Legge sul ripristino della natura è un fallimento della strategia di Manfred Weber, il capogruppo del Partito popolare europeo che per piccoli calcoli politici ed elettorali sta compromettendo la posizione di kingmaker dello stesso Ppe nell’Ue. Il testo approvato nella plenaria di Strasburgo – 336 voti a favore, 300 contrari e 13 astenuti – è molto meno ambizioso della proposta presentata dalla Commissione per ripristinare il 20 per cento del territorio e delle acque dell’Ue. Weber ha comunque cercato di affondarlo, malgrado sia uno dei pilastri del Green deal di Ursula von der Leyen, che appartiene alla stessa famiglia del Ppe. Lo ha fatto ritirandosi dai negoziati con i gruppi centristi ed europeisti (socialisti, liberali e verdi) e alleandosi con le forze anti europee (i sovranisti dei Conservatori e riformisti europei e l’estrema destra di Identità e democrazia). L’Aventino con le destre di Weber si è rivelato catastrofico. Il Ppe non solo non è stato determinante, ma esce sconfitto come se fosse all’opposizione. L’ipotesi di nuova maggioranza tutta di destra per la prossima legislatura è stata nuovamente screditata.
La “Legge sul ripristino della natura” è uno dei pilastri del Green deal e ha come obiettivo la restaurazione degli ecosistemi per combattere il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità. Nella proposta originale di direttiva della Commissione c’erano alcune misure radicali, che gli stati membri sarebbero stati chiamati ad applicare in modo flessibile. L’opposizione maggiore è venuta dalle lobby dell’agricoltura, uno dei settori meno colpiti dagli altri provvedimenti del Green deal, che si è messo a denunciare costi insostenibili e rischi per la sicurezza alimentare. A un anno dalle prossime elezioni europee, con il Ppe in calo nei sondaggi, Weber ha visto nella Legge sul ripristino della natura un bersaglio perfetto per una serie di manovre politiche. I suoi obiettivi erano sostanzialmente tre. Il primo era cercare di recuperare consenso nel mondo rurale, tradizionale roccaforte del voto conservatore, sempre più tentata dai partiti di estrema destra. Dopo la vittoria alle elezioni provinciali nei Paesi bassi del Movimento civico-agricolo, nato per protestare contro il taglio delle emissioni di nitrati, Weber ha scelto di portare il Ppe verso posizioni anti ambientali. Poco importa se il Green deal è il marchio di fabbrica della presidente della Commissione: il secondo obiettivo di Weber era colpire la stessa von der Leyen, tedesca e popolare come lui. Weber, che aveva guidato il partito del Ppe alle elezioni del 2019 come Spitzenkandidat (capolista), non ha mai digerito il fatto di non essere diventato presidente della Commissione, dopo che i capi di stato e di governo gli hanno preferito l’ex ministra della Difesa della Germania. Il terzo obiettivo di Weber, con la sua opposizione intransigente alla Legge sul ripristino della natura, era dimostrare agli altri gruppi centristi che un’altra maggioranza al Parlamento europeo era possibile. Nella plenaria di Strasburgo ci aveva già provato un paio di volte invano su alcune risoluzione sui migranti. Sulla Legge sul ripristino della natura, Weber è riuscito a dimostrare che, senza una coalizione centrista, l’Ue affonda nel caos e nella paralisi e il Ppe perde la sua posizione di partito determinante per le politiche europee.
“Abbiamo combattuto per le nostre convinzioni e ci siamo arrivati molto vicini”, ha detto Weber dopo il voto sulla Legge sul ripristino della natura, parlando di un pareggio “50 a 50”. Il Ppe ha votato contro il testo finale, ma ha rivendicato l’adozione in plenaria di alcuni emendamenti che hanno annacquato la proposta originale della Commissione. Il voto dimostra che “questo Parlamento funziona, tutti hanno la possibilità di dire la loro e il risultato è democratico”, ha spiegato Weber. Ora i popolari si preparano a tornare a lavorare con i gruppi centristi, quando i rappresentanti del Parlamento europeo negozieranno il testo con il Consiglio. I governi dei ventisette stati membri hanno già trovato l’intesa sulla loro posizione e non intendono rinunciare al Green deal. Il governo Meloni ha votato contro, ma gran parte dei governi con premier o ministri del Ppe è favorevole. Weber è ancora tentato di mettere in discussione l’agenda di von der Leyen: ha chiesto una “moratoria” su nuovi provvedimenti ambientali. Il Parlamento europeo deve ancora prendere posizione sulle proposte sul packaging, le emissioni “euro 7” per le auto e i limiti di Co2 per i veicoli pesanti. Ma lo scontento dentro il Ppe per la strategia di Weber cresce. Ventitrè eurodeputati popolari non hanno rispettato gli ordini di scuderia sulla Legge sul ripristino della natura. Anche sui migranti, l’alleanza con sovranisti ed estrema destra non ha il sostegno della maggioranza del gruppo. Nelle precedenti risoluzioni, un terzo del Ppe si era allineato ai gruppi di centrosinistra in dissenso dalla linea Weber. Il Parlamento europeo voterà una risoluzione per chiedere una missione dell’Ue di ricerca e soccorso nel Mediterraneo che è stata sottoscritta da tutti i gruppi centristi, compreso il Ppe. Sia von der Leyen sia la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, hanno detto di volere una maggioranza centrista dopo le elezioni europee. Di dimissioni di Weber nessuno parla, ma la sua leadeadership del Ppe potrebbe essere rimessa in discussione nella prossima legislatura. In ogni caso, “Weber farebbe bene prendersi una vacanza”, ha detto César Luena, socialista spagnolo e relatore sulla Legge sul ripristino della natura.