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Editoriali

Netanyahu non cede sulla riforma della giustizia. In Israele si protesta ancora

È passata invece in prima lettura, in una votazione notturna tra lunedì e martedì, la soppressione del “criterio di ragionevolezza”. In sostanza, l’applicazione del buon senso in sede legale. Nuovi scontri con la polizia 

Il premier Benjamin Netanyahu ha rilanciato la contestata riforma della giustizia, dopo aver atteso per  tre mesi. In un’intervista al Wall Street Journal aveva detto di aver fatto marcia indietro sulla clausola di “deroga” che permette alla Corte suprema di abolire provvedimenti approvati dal Parlamento ritenuti non conformi alle “leggi fondamentali” (che in Israele fanno le veci di una Costituzione scritta che non c’è). E’ passata invece in prima lettura, in una votazione notturna tra lunedì e martedì, la soppressione del “criterio di ragionevolezza”. In sostanza, l’applicazione del buon senso in sede legale. Si vuole evitare, in futuro, che si verifichi di nuovo quanto accaduto a gennaio, quando i giudici hanno bocciato come “altamente irragionevole” la nomina a ministro della Salute e dell’Interno di Aryeh Deri, un politico che aveva negoziato precedenti condanne penali con la promessa di abbandonare ogni posizione di governo. Abolire l’esercizio della ragionevolezza, protestano i critici della revisione del sistema giudiziario, impedirà alla Corte suprema di raddrizzare nomine corrotte o, viceversa, licenziamenti in posizioni strategiche di potere. Ma il senso comune e l’irragionevolezza, dissentono i sostenitori della riforma, non si basano su criteri chiari ma sono soggetti a valori e interpretazione del mondo di giudici, che sono nominati ma non eletti.

Mentre il governo di Netanyahu afferma la propria autorità nell’Aula della Knesset in nome della legge, per le strade di Israele il popolo delle proteste torna ad alzare i toni della disobbedienza civile, in nome della giustizia. Sebbene massicce, diffuse, convinte e costanti, per ora alle manifestazioni antigovernative manca l’adesione dei sindacati per raggiungere quel punto di rottura sfiorato a marzo, quando Netanyahu fu costretto a dichiarare una pausa e ad avviare colloqui per negoziare con l’opposizione. Incontri da cui nulla è emerso, con estrema preoccupazione del presidente Isaac Herzog, che teme una “terribile spaccatura nel popolo”.

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